Un giovane fu aggredito da due amici di una donna, credendo che lei fosse la vittima. L'imputata è stata condannata per vie di fatto, ingiuria e minaccia
Un pestaggio frutto di un fraintendimento. «C'era una gran confusione, tutti urlavano». Lo ricorda così, quel sabato sera del maggio 2016, la 29enne condannata oggi alle Assise correzionali di Lugano per vie di fatto, ingiuria e minaccia a una pena pecuniara – novanta aliquote giornaliere da trenta franchi – sospesa per tre anni. Caduta invece l'accusa principale: aggressione. La condannata – una ticinese attualmente residente nel Regno Unito – è stata giudicata nell'ambito di un'inchiesta in cui sono coinvolti anche il suo ex compagno e un amico. I due, hanno violentemente picchiato, con calci al volto anche, un giovane ragazzo perché pensavano che stesse aggredendo a sua volta la 29enne. «Stavamo litigando, ma in realtà stava cercando di aiutarmi – ha spiegato invece lei in aula –, ero ubriaca e nella lite ho perso l'equilibrio e sono caduta».
Quella sera, la donna e il suo ex – un 39enne brasiliano residente nel Luganese, coimputato non presentatosi in aula e che sarà giudicato in contumacia –, oltre ad aver bevuto molto, avevano furiosamente discusso per motivi di gelosia. La giovane lasciò quindi la discoteca luganese dove stavano trascorrendo la serata, incamminandosi a casa. Sul tragitto fu approcciata dalla vittima e qui le versioni discordano: secondo l'imputata l'avrebbe intralciata fisicamente – «senza toccarmi comunque» –, mentre il giovane e i suoi amici hanno riferito di averle chiesto se stesse bene in quanto appariva alterata. «Avevo bevuto ed ero arrabbiata per la lite precedente, ho cominciato a insultarlo – ha ammesso lei – e ho tentato di dargli una sberla per liberarmene».
La situazione sarebbe precipitata velocemente dopo la caduta della donna, difesa dall'avvocato Ruben Borga. Il 39ene e un amico – che sarà giudicato in un processo disgiunto –, dopo aver sentito le urla della donna e averla vista riversa sul marciapiede, accorsero aggredendo da dietro la vittima e scaraventandola a terra perché pensavano fosse l'aggressore della situazione. E poi il pestaggio, «violento» come ribadito dalla condannata, mentre il giovane era ranicchiato al suolo. E proprio sul ruolo della 29enne in questo frangente si è discusso oggi in aula. «Sono pronta ad assumermi le mie responsabilità, ma solo per quanto ho commesso» ha infatti dichiarato.
Secondo il procuratore pubblico Moreno Capella, il fatto che la donna abbia continuato a inveire nei confronti del malcapitato anche durante il pestaggio sarebbe stato un incitamento per i due picchiatori. Pertanto, il pp ipotizzò anche il reato di aggressione a suo carico nel decreto d'accusa firmato nel 2017 e successivamente impugnato. Accusa ritirata stamattina in aula, a seguito di un confronto con la Corte, presieduta da Manuela Frequin Taminelli. «Le versioni sono discordanti e l'inchiesta (di polizia, ndr) non è stata ben condotta» ha sentenziato la giudice. In assenza di prove del coinvolgimento della 29enne nel pestaggio, che è costato alla vittima un lieve trauma commotivo e un'escoriazione, è stata quindi prosciolta dall'accusa principale.