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Festival organistico a rischio chiusura: ‘Basta lungaggini!’

L’Sos lanciato dal presidente della rassegna più antica d’Europa: ‘L’organo necessita di importanti interventi, ma l’Ufficio beni culturali blocca tutto’

Il pregiato organo nella chiesa parrocchiale di Magadino
(Ti-Press)
19 luglio 2024
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Il Festival organistico di Magadino rischia di morire. Succede all’alba della 63ª edizione, o per meglio dire al tramonto della 62ª, terminata martedì sera con un concerto nella chiesa parrocchiale di Magadino. Ma ciò che è risuonato maggiormente nella navata è stato il discorso pronunciato dal presidente dell’associazione che promuove la rassegna, Maurizio Sargenti, che ha sottolineato il momento particolarmente delicato ed evocato la concreta possibilità che «questo potrebbe essere l’ultimo concerto del Festival più antico d’Europa».

Il riferimento era certamente agli eventi organistici, quindi un segmento per conoscitori, esperti ed estimatori dell’organo. Ma stiamo comunque parlando di una manifestazione pioniera in Europa, e che sulla sua scia ne ha attirate diverse altre, così come ha attirato fuoriclasse dell’organo per esibirsi in Gambarogno. L’ultimo in ordine di tempo è Pascal Marsault, che si è esibito proprio martedì.

‘Un’avventura straordinaria’

Sargenti ha voluto partire da lontano, ricordando «quel sabato del 22 giugno 1963, dove in questa chiesa parrocchiale iniziava un’avventura straordinaria che ha portato il nostro piccolo paese e il suo organo, perfezionato dalla tradizione organaria italiana della famiglia Mascioni, che qui ringrazio, a essere conosciuti in tutto il mondo». E ha citato i promotori di allora – il maestro Carlo Florindo Semini, don Aldo Lanini, Manfredo Patocchi, Eros Ratti, e Federico Alluisetti –, precursori di un evento che negli anni «è cresciuto in fama e prestigio grazie alla sua internazionalità e alle frequenti incisioni e diffusioni della Rsi». Nel ’63 fu Marcel Dupré a inaugurare i concerti, che quell’anno videro all’organo anche il magadinese Luigi Favini, Luigi Ferdinando Tagliavini, Victor Togni (prematuramente scomparso nel 1965, a soli 30 anni), Gaston Litaize, Alessandro Esposito, Hans Vollenweider e Fernando Germani. «Da allora – ha considerato il presidente – il Festival ha saputo rinnovarsi costantemente, offrendo nuove iniziative per mantenere vivo l’interesse per la musica d’organo». Lo ha fatto proponendo in totale oltre 350 concerti, con protagonisti come i maestri Marie-Claire Alain, Jean Guillou, Hans Haselboeck, Jean Langlais, Olivier Latry, Verena Lutz, Michael Radulescu, Karl Richter, Lionel Rogg, Arturo Sacchetti, Monserrat Torrent e molti altri. Senza dimenticare gli organisti che hanno suonato e hanno fatto parte della locale commissione artistica. E basti allora citare il nome di Diego Fasolis, ma anche quelli di Paolo Crivellaro e Guy Bovet, che della commissione ancora fanno parte.

Un 73enne che non sta più bene

Questo, per dire soprattutto del passato. Passato che da un incognito futuro è separato da una cesura importante, imputata da Sargenti, senza troppi giri di parole, alle presunte lungaggini imposte dall’Ufficio dei beni culturali, il quale da ormai 4 anni e mezzo starebbe facendo attendere al Comune di Gambarogno, proprietario dell’organo, il consenso per procedere a importanti e imprescindibili interventi al pregiato strumento: «Il nostro organo, costruito 73 anni fa, necessita di un’importante revisione e aggiornamento – ha sottolineato Sargenti –. Dev’essere riesaminata la composizione fonica per garantirne l’efficienza e riqualificarlo artisticamente».

‘S’ignora il problema per non risolverlo’

Ebbene, «dal febbraio 2020, con il nostro Comune, proprietario dello strumento, stiamo cercando di ottenere il consenso dell’Ufficio dei beni culturali per procedere con i necessari lavori, ma siamo ancora bloccati a causa di una questione architettonica legata alle colonne, fatte a suo tempo in forma provvisoria, benché necessarie, per sostenere in sicurezza la cantoria. Il non concludere, l’ignorare volutamente il problema per non risolverlo, il tirare per le lunghe, non è per me tollerabile».

Sargenti ha parlato di «una situazione logorante per tutti noi che abbiamo investito passione e impegno nel Festival», e che «rende difficile continuare a lottare per una causa che sembra paradossale di fronte all’importanza mondiale della nostra manifestazione e alla banalità del problema». La realtà dei fatti, ha evidenziato il presidente del Festival organistico, è che «lo strumento è vecchio e non può più aspettare. Con le attuali condizioni dell’organo, non sarà possibile garantire la continuità del festival. Se non si ha la volontà di agire oggi non si potrà preparare il domani, se un domani ci sarà ancora».

In definitiva, ha concluso, «anche se non ci credo, spero che questo non sia un addio definitivo; e, purtroppo con poche aspettative, mi auguro che sia solo un arrivederci».

L’Ufficio beni culturali si difende

Raggiunto da ‘laRegione’ per una replica alle accuse dei vertici del Festival organistico, l’Ufficio dei beni culturali risponde tramite il suo Servizio monumenti e chiarisce alcuni aspetti: «Sugli interventi necessari all’organo ci siamo già espressi da tempo, ma è vero che deve ancora essere quantificato il sussidio, che sarà però complessivo e comprenderà anche la parte riguardante la sostituzione delle colonne provvisorie». I ritardi non sarebbero quindi imputabili all’Ufficio beni culturali: «Stiamo aspettando dal Comune un progetto per le citate colonne; sono arrivate delle prime soluzioni e a breve ci sarà un incontro con tutti gli interessati per chiarire gli ultimi dettagli».