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Pedofilo, recidivo e pericoloso. Ma nel limbo da 5 anni

Trentenne predatore del web a processo per atti sessuali con fanciulli e pornografia. E ancora si discute su come farlo curare

(Ti-Press)
23 maggio 2024
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Un primo arresto nel 2019, dopo una segnalazione della polizia giudiziaria federale, con un'incarcerazione lampo, di soli due giorni, e la scarcerazione ordinata dal pp con misure sostitutive dell'arresto. Un secondo arresto nel marzo del 2023, più a lungo termine (140 giorni), ma con lo stesso sbocco di una scarcerazione per sottostare a misure sostitutive. E un terzo arresto nell'ottobre del ’23, fino al marzo del 2024, quando poi, su ordine del gpc, è scattata la carcerazione di sicurezza, che dura ancora oggi.

Nel mezzo, una pressoché incessante attività predatoria in rete, con adolescenti, preadolescenti e ragazze, o bambine, ancora più giovani; approfittando dell'agilità del mezzo elettronico, dell'invisibilità, nel limbo dell'illusione di riuscire, finalmente, ad approcciarsi con naturalezza con qualcuno. Se poi questo qualcuno diventerà una vittima segnata per la vita, beh, è meglio neppure pensarci.

La cosa grave che emerge dal dibattimento celebrato alle Criminali di Locarno, a porte chiuse, nei confronti di un 30enne reo confesso di atti sessuali con fanciulli (ripetuti, consumati e tentati) e ripetuta pornografia, è che a 5 anni dalle prime evidenze siamo ancora qua a decidere come far curare un pedofilo dichiarato: se con un trattamento ambulatoriale (ed eventualmente farmacologico) anche se quelli già intrapresi non hanno risolto nulla, oppure stazionario, in una struttura chiusa. Lo dovrà stabilire la giudice Francesca Verda Chiocchetti, che leggerà la sua sentenza lunedì prossimo, nel pomeriggio.

L'atto d'accusa allestito dalla procuratrice pubblica Valentina Tuoni è impressionante. Parla di ripetuti adescamenti, di porcherie commesse in rete ai danni di ragazzine non ancora adolescenti; parla di immagini a sfondo sessuale inviate e richieste, di minacce, di devianze (zoofilia), della capacità di circuire, convincere, indurre a commettere atti sessuali giovanissime vittime ancora alla ricerca di sé stesse e della propria determinazione sessuale. Lo ha sottolineato, nella sua requisitoria, la magistrata inquirente: il caso è chiaro, la gravità dei fatti (ammessi) è evidente, e in più c’è una diagnosi peritale che parla di tendenze pedofile e di un alto rischio di recidiva; eppure da qualche parte si cerca di minimizzare, parlando di un non meglio precisato problema di depressione. Quella stessa depressione che l'imputato ha detto di aver combattuto, e momentaneamente superato, proprio in rete, commettendo dei reati con minorenni. Nel solo atto d'accusa ne sono elencati 31, per lui forse solo virtuali ma per le vittime assolutamente reali; reali come il caso in cui il 30enne ha approfittato di una ragazzina durante uno stage lavorativo.

«L'imputato è un manipolatore, bugiardo e pericoloso – ha detto Tuoni, prima di chiedere una pena detentiva di 5 anni, ma sospesa per consentire, appunto, un trattamento in una struttura chiusa –. Poteva scegliere di farsi aiutare ma ha solo seguito le sue pulsioni sessuali». Pulsioni spaventose e incontrollabili, se consideriamo che nel giro di un solo mese, l'anno scorso, su snapchat, aveva chattato con 419 utenti. Proviamo solo a immaginare con quante di esse il contatto fosse finalizzato all'eccitazione sessuale. «Dice di essere depresso per giustificare la sua pedofilia – ha aggiunto la pp –. A lui non importa delle sue vittime, che vede solo come oggetti. Gli interessa solo il giudizio sociale. Non c'è nessun rimorso né pentimento».

A nome di due giovanissime vittime (oggi 13enne e 16enne) ha parlato l'accusatrice privata, avvocata Camilla Cimiotti, che ha definito l'imputato «un pericoloso predatore, che se non fosse stato fortuitamente fermato, sarebbe andato molto oltre a ciò che già aveva fatto». Ovvero «abusi che stravolgono fragili equilibri».

L'invito a guardare la soggettività del suo assistito è stato rivolto alla Corte dal legale d'ufficio dell'accusato, avvocato Alain Susin: «Non contesta i fatti, si è assunto tutte le sue responsabilità ed è pronto a pagare per ciò che ha fatto. Inoltre, ha collaborato e vuole guarire per tutelare sé stesso e gli altri. Al mio cliente, bullizzato da ragazzo, è sempre mancata la figura paterna. Così si è rifugiato nel mondo virtuale. È stato ravvisato un disturbo della personalità di tipo misto che ha influito sul comportamento e sui freni inibitori». Partendo dal presupposto che «l'aiuto di cui ha bisogno non gli potrà essere dato in carcere», Susin ha auspicato un trattamento ambulatoriale o, in subordine, uno stazionario in Svizzera romanda.

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