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Quel sorprendente legame tra ‘la ville e le village’

Il locarnese Lorenzo Planzi ripercorre in un libro la saga emigratoria (tra ’800 e ’900) che, come un ponte sociale e culturale, unisce Parigi e il Ticino

28 dicembre 2023
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La “ville” e il “village”, Parigi e il Canton Ticino. È così che il locarnese Lorenzo Planzi li definisce nel suo libro “Ticinesi a Parigi. Una saga emigratoria, crocevia tra le culture (1800-1945)”, edito da Armando Dadò e nel quale l’autore racconta il sorprendente legame tra la Svizzera italiana e la Ville Lumière, distanti geograficamente ma in realtà avvicinate da un movimento migratorio, a cavallo tra Ottocento e Novecento, diventato un ponte sociale e culturale. Un’opera che, come illustra bene la prefazione di Renato Martinoni, tra le altre cose professore emerito di Lingua e Letteratura italiana all’Università di San Gallo, “si fonda sulla scarsa letteratura disponibile, sulle memorie orali e scritte, raccolte con passione e abilità, e soprattutto, e questo è un grande merito, su ricerche di prima mano svolte in archivi pubblici e familiari, specie in Francia e in Svizzera (in particolare a Parigi, a Berna e in Ticino, ndr). È una saga, perché si configura, non senza un alone di leggenda, come una storia familiare, legata com’è, sull’arco di un’epoca che si protrae per un secolo e mezzo, a una comunità di emigranti geograficamente stretta ma socialmente ed economicamente dinamica”.

Una storia familiare

Sono in effetti migliaia gli emigranti che abbandonarono la Valle di Blenio, la Leventina o il Locarnese in cerca di un lavoro, tanto che già a metà del Diciannovesimo secolo, i ticinesi che vivevano a Parigi erano tremila. Tra di loro, anche degli avi di Lorenzo Planzi, che ci spiega come il suo libro sia nato proprio da quel legame familiare... «Sin da bambino, l’emigrazione ticinese a Parigi si è affacciata sulla mia vita attraverso i racconti, seri ma spensierati, ascoltati in famiglia – racconta, riprendendo quanto scritto nel suo lavoro, il ricercatore e docente dell’Università di Friborgo (dove ha conseguito il dottorato in Storia), nato a Locarno e cresciuto a Minusio, ma ormai diventato, dopo aver studiato e lavorato diversi anni anche a Roma, pure un po’ parigino –. Lo stupore è profondo nell’aver scoperto, da ragazzo, che nella famiglia di papà è viva un’anima parigina. La nonna Raymonde è nata a Parigi nel 1914, figlia di Louis e Marta Baggi, originari di Malvaglia, che animano nel “Marais” un commercio di castagne in inverno e gelati in estate. Dalla prozia Marguerite Baggi, nata a Parigi nel 1918 e sorella della nonna Raymonde, ho appreso – nel suo italiano dall’“accent parisien” – le vicende della colonia ticinese della Ville lumière durante la Seconda guerra mondiale.

Nella metropoli francese, tristemente occupata dai tedeschi, Marguerite si ritrova un giorno, ragazza ventenne, con la pistola puntatale sulla fronte per aver dato risposta alle insolenti provocazioni di un soldato nazista. Impotente, assiste ai bombardamenti e ai rastrellamenti di ebrei da parte dei nazisti. A Locarno Marguerite è nota per aver affiancato più tardi il marito Luigi Planzi nella gestione dello storico Caffè Milano in Piazza Grande, indimenticato per il gelato artigianale e frequentato dagli artisti e scrittori della cittadina sul Verbano. Interrogavo spesso l’anziana zia sulla sua vita a Parigi, ma in realtà questo è stato un punto di partenza per saperne di più sul destino delle migliaia di emigrati ticinesi. Consolidato si è poi il mio rapporto con Parigi, quando ho cominciato a frequentare i lontani cugini, Nelly e Jacques, che oggi ancora vivono sulle rive della Senna. Ogni volta, dalla Francia, rientravo a casa con nella valigia qualche pagina in più di una storia, quella della colonia ticinese a Parigi, che attendeva di essere scritta».

‘Maronatt’, vetrai e fumisti, ma anche gelatai e commercianti

Tra i mestieri più comuni praticati dai ticinesi nella capitale francese ci sono proprio “maronatt”, vetrai e spazzacamini, ma anche intraprendenti commercianti o gelatai… «I maronatt arrivano soprattutto dalla Valle di Blenio e da Bedretto, mentre i pittori e vetrai dalla Leventina, nonché dalla Riviera e dal distretto di Bellinzona. I fumisti e spazzacamini arrivano invece da Locarnese e Vallemaggia. Dai registri della Legazione svizzera a Parigi, conservati oggi a Berna, emerge come l’intraprendenza degli emigrati ticinesi brilli in tutto un ventaglio di altre professioni: gelatai, commercianti, pescivendoli, fioristi, ristoratori, soldati, cocchieri, medici, farmacisti, “bijoutiers”, “limonadiers”, mercanti di vino, venditori di ostriche e champagne, di “frites et poisson cru”, librai, preti, tassisti, musicisti ambulanti, ma anche artisti e letterati». Tra di essi spiccano Victor Baggi, primo “glacier” (gelataio) di Francia nel 1949; Alphonse Codaghengo, canonico di San Giovanni in Laterano a Roma, nato a Parigi da una famiglia di Cavagnago; il fumista Tommaso Poncini di Ascona; Marzio Snozzi, carassese diventato direttore della celebre “Maison de champagne Mumm”. E pure un’emigrata ancora in vita, che porta la sua testimonianza nel libro, ossia Luisangela Galfetti Valls, nata a Biasca nel 1938 e mamma del già primo ministro Manuel Valls.

Tracce e ricordi parigini

Un ponte, come il “Pont neuf” che attraversa la Senna, lo si può attraversare sempre nelle due direzioni. Così la saga emigratoria dei ticinesi a Parigi ha riportato in Ticino tracce indelebili sino ai nostri giorni: non soltanto nei francesismi dei dialetti locali oppure nell’architettura parigina di chiese e palazzi, ma soprattutto al livello più intimo della vita sociale. Dopo decenni dalla loro partenza per la Francia, gli emigrati che sono tornati hanno portato la loro esperienza parigina, contagiando l’intera società con il loro savoir-faire, l’intraprendenza, la larghezza d’orizzonti, l’apertura di spirito.

A questo proposito, Planzi ricorda infine un aneddoto personale… «In una torrida giornata estiva mai dimenticherò a Chironico, trovandomi alla ricerca della casa della famiglia Solari – emigrata a Parigi ma che rientra ogni estate “au pays” –, l’incontro con la postina del villaggio, che gentilmente mi ha indicato la via per “la grande casa dei francesi”. Come parigini, francesi sono in effetti talvolta percepiti i ticinesi che ritornano in patria, mentre a Parigi rimangono in parte degli “étrangers”. Un po’ francesi sono diventati tanti ticinesi, e tanti francesi sono ancora oggi un po’ ticinesi. La saga migratoria dei ticinesi a Parigi sta, provvidenzialmente, al crocevia tra culture diverse, che si scoprono a vicenda e diventano vicine, soprattutto nei momenti di difficoltà. L’eredità di questa storia migratoria è, quindi, un continuo invito a scoprire, in ognuno di noi, radici diverse ma non opposte, anzi vicine, che sono un dono prezioso per il nostro cammino nella storia».