Viste le scarse nevicate degli ultimi inverni e l'aumento dei costi della corrente, il gestore degli impianti studia una contromossa: una vasca ‘naturale’
È di questi giorni la notizia del lancio delle stagionali della stazione sciistica di Bosco Gurin 2023/24, in alta Rovana, dove l’ottimismo tra gli operatori sembra non mancare, nonostante i due ultimi inverni avari di neve, nei quali gli scarponi da sci sono rimasti confinati negli armadi. Oltre alla carenza di nevicate, le temperature alte per la media stagionale non hanno consentito di accendere i cannoni ed è solo grazie a un’offerta alternativa allo sci (vedasi slittovia e monster roller, oltre alla consueta offerta di passeggiate e in attesa della zipline) che si è potuto parare il colpo. La domanda che in molti oggi si pongono è sostanzialmente questa: “Ha ancora senso insistere e investire nello sci se sul futuro, complici le temperature al rialzo, regnerà ancora tanta incertezza?”.
Giovanni Frapolli, proprietario degli impianti di risalita e delle strutture alberghiere della destinazione walser, rimane ottimista e realista: «Indubbiamente è in atto un’evoluzione climatica che comporta modifiche radicali al sistema turistico invernale: le temperature, infatti, sono più elevate, ma la situazione verosimilmente sarà più preoccupante in un prossimo futuro». Giusto per essere chiari, «le piste da sci che si trovano sotto i 1’500 metri saranno confrontate con problemi sempre maggiori. Da qui la necessità di destagionalizzare. Noi, che abbiamo la fortuna di avere l’80% degli impianti al di sopra dei 1’800 metri di altitudine, siamo un po’ più al riparo, ma nonostante ciò abbiamo creato diverse alternative alla pratica dello sci. Investimenti per attrazioni che portano indotto all’economia della Rovana anche se non c’è la neve. È chiaro che non possiamo stare con le mani in mano. Occorre rimboccarsi le maniche ed escogitare soluzioni alternative».
Lo scorso inverno qualche frequentatore della destinazione sciistica ha criticato il mancato uso dei cannoni della neve per preparare il fondo delle piste dopo l’unica nevicata significativa a inizio stagione. Fu un errore di valutazione?
«Per produrre la neve occorrono le temperature basse e l’acqua. A Bosco Gurin disponiamo di una delle migliori impiantistiche di distribuzione idrica e dell’energia, ma siamo confrontati con un problema di non poco conto: manca l’acqua necessaria ad alimentare i cannoni. Ed è per questo che mi voglio far promotore, d’intesa con il Patriziato, il Comune, il Cantone e i forestali, della realizzazione di un piccolo laghetto polifunzionale che in inverno potrebbe garantire la riserva d’acqua agli impianti e fungere, al tempo stesso, da vasca antincendio nei periodi di siccità. Come fatto a Cardada, per intenderci. Il tutto senza deturpare minimamente il paesaggio alpino e senza sottrarre acqua alla natura. Ho già individuato l’area in cui realizzarlo, sfruttando i torrenti che scendono dalla montagna nelle vicinanze del ristorante Rossboda. L’acqua ovviamente poi verrebbe ceduta nuovamente ai riali e continuerebbe a scorrere normalmente a valle».
Se fa molto freddo produrre tanta neve artificiale è fattibile, ma se le temperature sono più elevate ci vuole più tempo per la produzione e quindi aumentano i costi dell’energia. Non è un po’ un controsenso, visti anche i rincari preannunciati dalla Società elettrica Sopracenerina? «Per questo ho progettato la posa di pannelli solari e la costruzione di un grande impianto fotovoltaico sul pendio scosceso sotto il ristorante Rossboda. Purtroppo mi è stata negata dal Cantone la licenza edilizia. Un’opposizione che fatico ad accettare e che testimonia di quanto, ancora, il tema degli impianti fotovoltaici in montagna (parlo di strutture rispettose dell’ambiente e ben inserite nel contesto alpino) fatichi a prender piede. Questo progetto, grazie all’autoconsumo, mi consentirebbe di ‘calmare’ i costi dell’energia che poi si ripercuotono sui prezzi delle giornaliere. Abbiamo tutte le carte in regola per poter proseguire, farò tesoro delle osservazioni del Cantone e presenterò una nuova domanda di costruzione. Non vado a danneggiare nessuno e non sottraggo fondi all’agricoltura o a fette di territorio protette. Mi attendo dagli uffici di Bellinzona ben altra risposta e che queste criticità a livello cantonale vengano risolte. Se vogliamo favorire la transizione energetica voluta dalla Confederazione non possiamo farci ingabbiare da procedure e regole troppo asfissianti».