Con il gruppo di lavoro del progetto, il punto sui lavori di restauro che termineranno nella primavera 2024. Investimento: 1,8 milioni di franchi
Un’opera eccezionale, sia per importanza storica e architettonica, sia per dimensioni. Alcune cifre: oltre seimila metri quadrati, due anni di cantiere, un investimento previsto in circa 1,8 milioni di franchi e, per dirne un’altra, oltre 120 pilastri in granito di Montorfano alti circa tre metri.
Il restauro del giardino del Collegio Papio di Ascona, cinto da alte mura, è in corso. Una volta alla settimana si riunisce il gruppo che sta portando avanti il progetto e noi, mercoledì, ci siamo “intrufolati” all’incontro. Presenti il vicesindaco di Ascona Maurizio Checchi, l’ingegnere Pippo Gianoni /Dionea Sa, Locarno), l’architetto Thomas Radczuwiet di Lugano (che opera con la collega Sandra Giraudi, entrambi progettisti della nuova mensa), il rettore don Patrizio Foletti e l’ingegnere Stanislao Pawlowski di Losone. Tra gli specialisti che hanno contribuito ai lavori, lo storico Flavio Zappa di Orizzonti Alpini Maggia; senza dimenticare la collaborazione, giudicata ottima dagli intervistati, con l’Ufficio dei beni culturali del Cantone.
L'accuratezza del restauro è un punto fermo, già manifestato nelle fasi iniziali dell'operazione: ogni passo avanti viene studiato dai diversi punti di vista, approfondito ed elaborato. Le parti mancanti dei muretti che delimitano i camminamenti sono state ricostruite con bocce di fiume, mentre le parti in ferro battuto sono state forgiate a mano da una ditta locale. I due pilastri mancanti vengono da un artigiano scalpellino di Montorfano e per ripristinare alcune zone dell’intonaco dei muri di cinta sono state eseguite una ventina di prove, con misture e materiali diversi. Senza dimenticare il piccolo edificio sacro in fondo all’arcata centrale, che ha ritrovato forme e colori del passato, così come un tetto in piode. Tra le curiosità: hanno trovato posto persino i gradini in granito delle ex scuole comunali della Città di Locarno (oggi Palacinema). Ai futuri visitatori l’arduo compito di capire dove sono stati inseriti.
Tra le difficoltà incontrate dal gruppo di lavoro, la datazione dei diversi elementi. Di certo si sa che il giardino è stato costruito tra il 1610 e il 1620. I padri Oblati sono partiti a fine Settecento e più avanti sono arrivati i Benedettini, che hanno utilizzato il giardino per coltivare ortaggi. Negli ultimi anni, prima con il cantiere della nuova mensa e ora con quello del restauro, l’ampio spazio verde è rimasto chiuso (anche agli alunni del collegio).
«La stratificazione storica ci ha imposto una sfida non da poco – ha spiegato Gianoni –. Abbiamo escluso la funzione produttiva, con piante da frutta e ortaggi, di stampo benedettino, per tornare a una matrice originaria, che pone l’accento sull’aspetto educativo, sulla riflessione, il raccoglimento e la preghiera. Punteremo su piante mediterranee e tipiche dei giardini dell’epoca, aggiungendo specie legate alla flora citata nella Bibbia, al fine di raccontare una storia legata a questo luogo. Ovviamente occhi puntati pure sulla biodiversità e, guardando avanti, sui cambiamenti climatici».
Gli ha fatto eco don Foletti: «Essendo chiuso da alcuni anni, ci sono molti alunni del Papio che non hanno mai potuto accedere al giardino. Più in generale, tutta la scuola attende con impazienza l’inaugurazione, prevista nella primavera del 2024: sarà un importante spazio aggiunto, da considerare anche come una grande aula a cielo aperto».
Mentre il vicesindaco Checchi ha ribadito l’importanza di questo “locus amoenus”: «Il Comune, nella sua pianificazione del territorio, punta alla conservazione di spazi verdi che hanno un valore storico e culturale incontestabile. Non solo il Giardino del Papio, che costituisce un unicum a livello ticinese, ma anche il Parco del Monte Verità, il giardino della Fondazione Eranos o, dopo i recenti lavori che gli hanno ridato splendore e fruibilità, il parco dei Poeti. Sono ricchezze per l’intera comunità. Va detto che gli ampi spazi verdi annessi al collegio, a fine opera saranno aperti al pubblico».
Ricordiamo che la fetta di finanziamento pubblico del restauro dello spazio verde, iscritto nell’Inventario dei giardini storici della Svizzera (Icomos), è consistente: contributi cantonali (quasi 500mila franchi), federali (oltre 300mila), enti locali (Comune, Parrocchia con 90mila franchi ciascuno), Fondazione collegio Papio (90mila) e privati (640mila).
Con Radczuwiet e Pawlowski ci siamo avventurati sul cantiere di 6’035 metri quadrati, dove è ancora riconoscibile (e lo è sempre stato) l’impianto originario, con la sua rigorosa struttura geometrica: ogni percorso, ogni pietra, ogni passo è una scoperta. Il fango del viale centrale è una traccia del periodo piovoso che stiamo attraversando; temporali a cadenza quotidiana che hanno creato qualche difficoltà nel corso dei lavori. Una vecchia aggiunta dell’edificio, che sporgeva in malo modo nel giardino, è stata eliminata. La demolizione, per altro, ha fatto riaffiorare antichi soffitti lignei pregiati. I cipressi, addossati dai benedettini alla piccola costruzione sacra, mossi dal vento ne hanno rovinato la facciata. Solo i due specialisti riescono ancora a riconoscere le differenze tra le parti rifatte e quelle originali. I tre quarti dei lavori sono stati completati e una metà del giardino appare nella sua forma finale. Le piante e i tralci di vite devono ancora crescere e occorreranno alcuni anni per vedere il risultato finale. Intanti i passeri becchettano le sementi del prato verde, mentre un balestruccio osserva tutto dai ferri del pergolato.
Per Gianoni sarà anche importante la cura e la manutenzione negli anni futuri, per le quali occorrerà trovare soluzioni che non pesino eccessivamente sulle finanze del collegio.
Il Papio e l’Associazione amici ed ex allievi hanno deciso di proporre una visita guidata (su invito) giovedì 29 giugno. Il programma prevede pure una parte pubblica, a partire dalle 17, con un Concerto Gospel nella chiesa di Santa Maria della Misericordia e, dalle 18, un rinfresco nel nuovo giardino. Un’occasione per vedere da vicino il cantiere voluto dalla Fondazione del Papio per recuperare questo “monumento vivente”.