Il punto con Sergio Regazzoni, coordinatore dell’Associazione cannabis ricreativa. Intanto a Cugnasco-Gerra arrivano 206 firme ‘anti-puzza’ da coltivazione outdoor
Duecentosei. Tante sono le firme raccolte dal Plr di Cugnasco-Gerra, “principalmente tra i circa 200 nuclei familiari della zona interessata”, contro quella che viene definita “la puzza insopportabile” provocata dalle coltivazioni di canapa sul Piano di Magadino e che si espande fino a Massarescio e parte di via Boscioredo a Cugnasco. La petizione è stata consegnata ieri al Municipio. Il testo che accompagna le firme è eloquente: “Il fetore provocato dalle coltivazioni di canapa è ovunque in paese! Il forte odore che le piante di cannabis sprigionano in questo periodo dell’anno rende la vita all’esterno invivibile. La puzza è molestia e va combattuta come tale! No alle coltivazioni di canapa all’aperto in un raggio di 5 km dall’abitato”. All’esecutivo vengono chieste due cose: “Prendere provvedimenti immediati per migliorare la situazione”; e “intervenire in modo che gli abitanti di Cugnasco-Gerra non siano più confrontati con simili molestie olfattive”.
Ed è un problema, quello sollevato dagli abitanti del Comune sul Piano, evidentemente non isolato e non riguardante solo la zona del Piano di Magadino. ‘Regione’ al Servizio armi, esplosivi e sicurezza privata della Polizia cantonale, le singole coltivazioni di canapa light (o Cbd) attualmente notificate al cantone e attive in territorio ticinese sono 23. Fra esse, quella visitata di recente dal nostro giornale e che con le sue tremila piantine (per 500-600 chili di prodotto finito al raccolto) è considerata fra le medio-piccole. Purtroppo, lo Stato non dispone di statistiche riguardanti la superficie complessiva coltivata a Cbd in Ticino, e questo nonostante le notifiche richiedano indicazioni precise sia sulle aree di coltivazione, sia su quelle di deposito. Comunque, l’interesse verso questo genere di attività agricola sembra dimostrato dal numero di notifiche – che hanno validità annuale – presentate dal 2017 ad oggi. Quattro anni fa erano state 12, nel 2018 sono cresciute a 23 e nel 2019 a 26, mentre l’anno scorso si erano assestate a 21, per poi aumentare appunto di due unità.
Uno scenario che Sergio Regazzoni, veterano in materia, nonché coordinatore dell’Associazione cannabis ricreativa Ticino, interpreta in questi termini: «Se i numeri sono questi è evidente che alcuni non hanno presentato la notifica poiché troppo complicata o soggetta a lungaggini eccessive e scartoffie e non finire». A monte, aggiunge, «va anche detto che il Ticino è l’unico Cantone in Svizzera che per mettere su una coltivazione richiede una prassi di questo tipo, con tanto di autorizzazione del Municipio, dove proliferano le ordinanze limitative. Il che – salvo per quanto riguarda la coltivazione indoor, che necessita ovviamente di tutti i criteri di sicurezza – prefigura secondo me un uso illegittimo di uno strumento amministrativo». Regazzoni rileva inoltre che «coltivare canapa per fare fiori ed estrazioni qui da noi è molto costoso rispetto ad altre situazioni concorrenziali, a meno che non si punti su un prodotto di altissima qualità». Il problema principale nel nostro cantone, dice, è «il pregiudizio fortissimo contro il produttore, ma prima ancora contro la canapa stessa. Siamo fermi al dibattito su “cannabis sì, cannabis no”; dibattito che in Svizzera è ampiamente superato dopo che a livello politico è passato il principio dei progetti pilota. Ora si tratta solo di capire quando avviarli e come. Ma succederà altrove, vista la passività e/o il disinteresse dimostrati finora a Sud delle alpi».
I progetti di cui parla Regazzoni sono le sperimentazioni controllate di consumo di canapa: «I Comuni svizzeri possono fare richiesta ufficiale al Dipartimento federale della salute pubblica di partecipare ad una sperimentazione quinquennale che implica un consumo regolare e monitorato di canapa per vedere cosa succede a livello di salute pubblica, che oggi è messa a repentaglio dal mercato nero e dagli effetti deleteri che può avere sui giovani che vi si rivolgono, sulle persone che li circondano e sulla società. E lo stesso vale naturalmente a livello di sicurezza pubblica. Parliamo quindi di un cammino ragionato verso una regolamentazione del consumo di cannabis, non verso la liberalizzazione. Il tutto, con un costante controllo sulla qualità». Nel caso del Ticino, viste le dimensioni e il numero di abitanti, Regazzoni pensa piuttosto a un agglomerato unico, una sorta di “Città Ticino”. «Ne avevamo già parlato in fase di consultazione. Ma niente, finora, si è mosso», conclude Regazzoni.