Chiesti 34 milioni di euro per finanziare il collegamento transfrontaliero, ma in ambito parlamentare c'è chi relativizza l'importanza del progetto
Nei 57 progetti che, nelle scorse settimane, enti e privati del Verbano Cusio Ossola hanno inviato in Regione Piemonte nella speranza di ottenere risorse nell'ambito del Recovery plan, figura quello del Comune di Formazza con il quale viene chiesto un contributo di 34 milioni di euro per finanziare il cosiddetto “metrò walser” che garantirebbe un collegamento con Bosco Gurin. Bosco che nel 2020, è cosa nota, è entrato a far parte dell'Associazione dei Borghi più belli della Svizzera.
Il metrò alpino su monorotaia legherebbe indissolubilmente al di qua e al di là della frontiera due località unite dalla montagna e con una fortissima vocazione turistica, in particolare riguardo agli sport invernali. Ora però c'è da considerare che i progetti candidati sono troppi rispetto alle risorse a disposizione, e il Vco nel suo piccolo segue la stessa logica. Basti dire che nel Verbano Cusio Ossola la richiesta è di finanziare investimenti per ben 560 milioni di euro: quanto basta per far capire che, con ogni evidenza, i progetti vanno ridotti.
In questa ottica sembrano inserirsi le considerazioni del parlamentare dem Enrico Borghi, eletto nel collegio Vco, che intervenendo venerdì sera in un dibattito organizzato dal Partito Democratico a Villadossola sembra aver smontato il “metrò walser” sul quale, contrariamente a quando in molti pensano, la Regione Piemonte non ha ancora preso posizione. «Che senso ha fare un metrò alpino sotto le Alpi tra due piccoli Comuni di montagna che hanno pochissimi abitanti – si è interrogato il parlamentare dem –. Solo per favorire qualche lobby del cemento?». Alle considerazioni del parlamentare dem sino ad ora non ci sono state reazioni.
Questo, forse, in Italia, visto che in Ticino, in una nota inviata alle redazioni l'animatore di MontagnaViva e presidente di AmAMont, architetto Germano Mattei, critica le resistenze emerse e le commenta con asprezza: «Il parlamentare, in conferenza a Villadossola, dice che non ha senso il collegamento Formazza-Bosco Gurin, poiché si tratterebbe di due piccoli villaggi. Di certo non ha le idee in chiaro sulle politiche montane e sui significati per il futuro delle Valli Formazza, con l’Ossola, e Rovana, con la media Vallemaggia».
Mattei sottolinea il ruolo che Bosco Gurin ha e potrà avere nell'ambito dello sci alpino, e quello proprio della Formazza per quanto riguarda lo sci nordico: «Si tratta di un connubio eccezionale e denso di buone prospettive per il lungo inverno di queste eccezionali aree alpine di stampo walser». Pertanto, per l'animatore di MontagnaViva, «il dibattito non va chiuso, ma va alimentato e incrementato. Ci si chiede quali siano i veri obiettivi di chi solleva determinate polemiche».
Eppure, non prima di due anni fa, la notizia della firma del protocollo d'intesa per la progettazione e la costruzione della monorotaia veniva messa in risalto anche dalla stampa del Belpaese. A cominciare dal quotidiano nazionale “La Repubblica”, che ricordava l'obiettivo di collegare Formazza, 1'280 metri d'altitudine, 430 abitanti, a Bosco Gurin, 55 abitanti, “piccolo centro appena al di là delle Alpi in terra svizzera a 1'500 metri di altitudine”, con un tracciato di 5-6 chilometri di lunghezza.
Lo scopo del collegamento “è valorizzare turisticamente le due aree montane alle prese con lo spopolamento”. Una valorizzazione auspicata in primo luogo dai sindaci di Formazza e Bosco, che del protocollo d'intesa erano stati i firmatari. La sottoscrizione veniva inquadra come “il primo passo” di un iter significativo: “Per gli svizzeri il progetto si inserisce in un piano più ampio che mira a valorizzare la Vallemaggia certo, ma anche a collegarla con l’asse del Loetschberg contribuendo a creare un circuito alpino. Gli svizzeri infatti, lavorano anche al progetto di collegamento della Vallemaggia con la Valle Leventina (geograficamente collegata ai piedi di Passo San Giacomo)”. Il riferimento era al Sassello, prima che l'idea di tunnel lasciasse posto, anche e soprattutto per una ragione di costi, a quella, tutt'ora in via di sviluppo, di una teleferica.