Dopo l'incendio che lo scorso autunno ha danneggiato la struttura, a breve sarà avviata la fase di ripristino. Dal prossimo autunno sarà nuovamente caricata
Danneggiata al suo interno da un incendio lo scorso 11 novembre, proprio mentre era in corso l'essiccazione di alcune centinaia di chili di castagne, la piccola grà in pietra di Moghegno, dopo mesi di chiusura forzata, potrà ritrovare, presto, il suo posto tra le tradizioni attrattive del passato giunte sino ai giorni nostri. E ritrovare, così, pure la sua importante funzione didattica per le scolaresche oltre che produttiva. Anche se oggi la castanicoltura non costituisce più un comparto centrale nell'economia montana, il ricco patrimonio di tradizioni e conoscenze a essa legato permane nella cultura della popolazione ticinese ed è oggetto di un interesse crescente e di una sensibilità verso l'economia sostenibile e i prodotti tipici del territorio.
Per il semplice edificio rurale, superstite di una cultura secolare, inizieranno a breve i lavori di sistemazione, come ci ha spiegato Vanessa Hohl, coordinatrice del Centro natura Vallemaggia che lo gestisce da una quindicina d'anni. «La grà è assicurata e questo ci ha permesso di poter avviare i lavori senza dover ricorrere a una raccolta di fondi. Oltre alla sostituzione di alcune piode del tetto, rottesi conseguentemente al calore sviluppato dall'incendio, verranno ripristinate le travi portanti, fortunatamente solo "affumicate" ma ancora intatte; si dovrà poi procedere alla sostituzione delle porte come pure delle traversine e del graticcio, ormai inutilizzabili. Al tirar delle somme, il danno complessivo fortunatamente sembra risultare meno grave di quanto avevamo previsto in un primo momento».
Così, quel processo interrottosi sei mesi fa, dal prossimo autunno potrà rimettersi in movimento. E la grà di Moghegno riprendere a fumare per tramandare la memoria di un rito stagionale antico della comunità.
La tradizione legata a questo particolare e prelibato frutto commestibile (come non pensare al profumo delle caldarroste), che nella società rurale di un tempo costituiva una parte fondamentale della nostra dieta, proprio grazie a questo edificio e alle proposte del Centro natura Vallemaggia che lo cura e preserva, trasmette attivamente alle nuove generazioni un'arte che si rifà alla notte dei tempi. Le castagne, non dimentichiamolo, erano un alimento indispensabile nella dieta, la loro farina era meno costosa di quella prodotta dal grano e reperirle nei boschi era facile (non a caso questa pianta era definita come l'albero del pane). Dovendo conservarle a lungo, una possibilità era quella di essiccarle su un graticcio (da qui il termine “grà”).
I frutti, attraverso un laborioso processo che richiedeva parecchio tempo, venivano “scottati” con un fuoco che doveva rimanere acceso per tre settimane, senza che tuttavia si formasse la fiamma viva e bruciasse il raccolto. Veniva quindi mantenuto “soffocato” utilizzando le ceneri e le bucce delle castagne (pula) dell’anno precedente affinché producesse molto fumo. Le castagne andavano rigirate ogni 3-4 giorni, perdendo circa un terzo del loro peso. Dopodiché si procedeva al loro scarico; sistemate in sacchi di tela erano in seguito battute per separarle dal guscio. Una volta pronte venivano macinate nel mulino per ottenere la farina dolce. Nel periodo in cui era in funzione, la grà diventava luogo di aggregazione e d'incontri per la comunità del paese.
A Moghegno, annualmente, vengono essiccati tra i 500 e i 700 kg di castagne. Fanno capo alla grà privati, scolaresche ed enti pubblici della zona. Maggiori informazioni al riguardo di questa attività si possono ottenere sul sito del Centro natura Vallemaggia (www.cnvm.ch).