Locarnese

Limo della Silo Melezza di Losone, due decreti d’accusa

Per il ministero pubblico, infrazioni alle leggi sulla protezione delle acque e dell’ambiente. Ma gli interessati si oppongono

Il laghetto di Palagnedra (archivio Ti-Press)
10 novembre 2020
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Limo derivante dai residui della lavorazione d'inerti utilizzato per una scarpata a Camedo o sparso su campi coltivati ad Ascona? Non si poteva fare... A dirlo è il procuratore pubblico Zaccaria Akbas, che nei giorni scorsi ha emesso due decreti d'accusa. Il primo per il direttore del Silo Melezza di Losone, il secondo per il titolare della ditta che effettuava il trasporto del limo verso l'azienda agricola sul delta della Maggia. Entrambi hanno già inoltrato le loro opposizioni e il caso quindi finirà in aula.

A Camedo una scarpata abusiva

Per quanto riguarda i vertici della Silo Melezza, due i capi d'accusa. Il primo riguarda il deposito di 506 tonnellate di limo, avvenuto nel 2019, sulla scarpata situata sotto l'impianto della filiale centovallina della ditta. “Scarpata che – indica Akbas – finisce nell'acqua del fiume, cagionando in tal modo un concreto pericolo d'inquinamento della Melezza”. Si tratterebbe perciò di un'infrazione alla Legge federale sulla protezione delle acque.

Un'interpretazione che viene contestata. La scarpata in questione termina infatti in un terrapieno pianeggiante che dista una trentina di metri dal fiume e dalle analisi effettuate sullo stesso terrapieno non risulta presenza di limo. Quindi il materiale non può essere finito in acqua. Di più: il limo della scarpata abusiva nel frattempo è stato rimosso e sostituito con materiale solido e idoneo.

Usato senza permessi come fertilizzante

Il secondo capo d'accusa è l'infrazione contro la legge federale sulla protezione dell'ambiente, per negligenza, e accomuna entrambi gli imputati. Tra il 2013 e il 2018 la Silo Melezza, tramite una ditta locale, ha disposto il trasporto di 13mila 600 metri cubi di materiale limoso, che è poi stato sparso sui terreni di un'azienda agricola asconese. Per il Ministero pubblico è stato messo in circolazione “limo di cui non è dato conoscere – né è possibile ricostruire – la composizione esatta, ma che era in ogni caso privo della necessaria omologazione federale riguardante i concimi e che avrebbe dovuto essere smaltito tramite una discarica di tipo B”.

Ma anche in questo caso gli accusati si oppongono alla condanna. Infatti, come scrive lo stesso procuratore pubblico, non è possibile ricostruire la composizione esatta del materiale limoso. Tuttavia, da un'analisi effettuata sui campi agricoli, risulta che la composizione è ovunque la medesima, sia dove il limo è stato sparso, sia dove non lo è stato. In altre parole, le quantità di cromo e nichel sono le stesse e coincidono in tutto e per tutto con quelle che si possono registrare in altre colture della regione.

Per farla breve, nei due casi (nelle Centovalli e ad Ascona) è stato depositato abusivamente del materiale, ma – stando ai difensori degli accusati – senza causare inquinamento dell'acqua o del suolo.

In conclusione, un accenno alle condanne (per altro contestate), contenute nel decreto d'accusa. Per il direttore della Silo Melezza una pena pecuniaria di 20 aliquote giornaliere da 180 franchi (per un totale di 3600), sospesa condizionalmente per un periodo di prova di 2 anni, e una multa di duemila franchi; per il titolare della ditta di trasporti una pena pecuniaria di 10 aliquote giornaliere da 800 franchi l'una, per un totale di 8mila franchi, pure sospesa per due anni e una multa di mille franchi.