A nome degli oltre 1500 firmatari, nuove critiche dai promotori della petizione per salvare la casa in via Albarelle
"Altro che rinascita! Si dovrebbe parlare della morte del Museo Epper". Insorgono Michele Cerciello e Mario Matasci, promotori della raccolta di oltre 1500 firme che un anno fa contestava le manovre della Fondazione Epper per la vendita dello stabile in via Albarelle 14 ad Ascona.
Nel testamento di Misha Epper lo stabile era stato designato quale sede del museo. Tuttavia - come anticipato da laRegione sabato scorso - la Fondazione ha venduto per 3,7 milioni di franchi la proprietà al vicino albergo Eden Roc (che fa parte del "Tschuggen hotel group"). Il presidente della Fondazione Maurizio Checchi, da noi intervistato, aveva illustrato quello che sarà il futuro del museo, con lo spostamento della sede e con tutta una serie di attività previste per valorizzare il lascito di opere dei coniugi Epper. In tale contesto aveva parlato di rinascita.
Ma Cerciello e Matasci non ci stanno e, a nome degli oltre 1'500 firmatari dell’appello "Salviamo il Museo Epper" (appello consegnato un anno fa all'Autorità di vigilanza sulle fondazioni, che però non ha mai risposto) hanno redatto una lettera aperta.
"A rinascita bisognerebbe aggiungere un enorme punto interrogativo - scrivono i due -. Nell’articolo de laRegione i consiglieri comunali asconesi Piergiorgio Nessi e Valerio Sala sostengono che con il trasferimento dell’atelier, delle opere e semmai anche del mobilio, andrà persa per i visitatori l’atmosfera del vissuto dei coniugi Epper e non avrà più ragione, citiamo, 'lo studio delle opere artistiche, perché, tolte dal posto della loro creazione, non si potrà più comprenderne la loro ispirazione'. Certo, parafrasando l’orazione del Marco Antonio shakespeariano, pronunciata sul corpo senza vita di Giulio Cesare, nell'omonima tragedia, voi sul cadavere del Museo Epper ci direte: Checchi afferma che il Museo rinascerà in spazi più ampi e più sicuri. E Checchi è un uomo d’onore. Già, è anche vicesindaco di Ascona. Per noi il punto interrogativo sulla rinascita è d’obbligo per tutto quanto avvenuto e che ha messo in luce serie manchevolezze, sia a livello di rispetto degli Epper e dei loro discendenti, sia nella gestione del patrimonio culturale cittadino di Ascona e sia nella vigilanza dell’amministrazione e della gestione".
I promotori della petizione continuano: "Cerchiamo di essere più chiari. Con il cambio di scopo, la Fondazione Epper è stata sciolta dal legame con la sua sede storica in via Albarelle. Ciononostante, molta parte del valore artistico della stessa Fondazione (e non solo monetario) è intimamente connesso alla memoria storica, alla tradizione e ai ricordi contenuti in quella sede. L’ atelier degli artisti, il loro giardino, i loro mobili, le loro tombe… Se questa importante parte del valore è stata ignorata dai membri del consiglio di Fondazione, puo essere invece affettivamente molto importante per gli eredi degli artisti, che ora si vedono venduta una parte del loro passato familiare. Gli eredi hanno chiesto un incontro con tutte le parti in causa per trovare un compromesso con l’acquirente, onde lasciare un’impronta degli Epper in via Albarelle, non per impedirne la vendita. Finora ignorati! Così si preserva il risvolto umano della memoria di artisti che sono stati cittadini di Ascona?".
Per Cerciello e Matasci "la vendita è avvenuta alla chetichella e con modalità poco trasparenti. Il punto interrogativo relativo alla rinascita s'impone. Il Museo Epper nella sua sede è parte della storia di Ascona e appartiene agli asconesi. Anche se gestita da una Fondazione di diritto privato, rimane sempre una ricchezza cittadina, soprattutto considerando che e stata esentasse per 40 anni. È inconcepibile che un vicesindaco, presidente della Fondazione, possa aver contribuito a una tale offesa ai cittadini asconesi. E in più ammettendo che cio che avverrà della casa riguarderà ormai solo l’acquirente. È deplorevole che si sia mantenuto il silenzio sui fatti anche dopo la vendita. Un atto compiuto in coscienza per il bene di Ascona o di chi sia, non ha bisogno di esser tenuto nascosto per evitare ricorsi, come affermato da Checchi a laRegione".
Nell'articolo di sabato Checchi ha ribadito che le misure adottate sono state avallate dall'autorità di vigilanza. Su questo punto la lettera aperta si schiera "pienamente con il dottor Bühlmann che dalle colonne della Tessiner Zeitung lo scorso 22 maggio si chiede come sia stato possibile che una fondazione così importante per la tradizione di Ascona, e di cui, ripetiamo, il vicesindaco è presidente, si sia ridotta ad avere un patrimonio di 20mila franchi. Ora la stessa gestione, a scapito della ricchezza cittadina, ha a disposizione 3,7 milioni. Ribandendo che il patrimonio culturale Epper è degli asconesi, e che la fondazione continuerà a non pagare tasse, quali garanzie ci vengono date che non si arriverà fra pochi anni alla stessa situazione fallimentare? Quindi, a fronte di tutto cio, su cosa si è vigilato?".
In conclusione: "Rinascita? Il gran punto interrogativo è assolutamente necessario. Una fondazione come quella degli Epper, così profondamente radicata nell’immagine di Ascona non può essere gestita come un semplice conto in banca, ma va rispettata, accudita e conservata come prezioso bene di Ascona e degli asconesi. Tutto ciò è venuto a mancare e più che di rinascita si dovrebbe parlare di morte del Museo Epper".