Nella regione oltre duemila impieghi in meno rispetto a un anno fa. Per il turismo, quasi nullo l'effetto stagionale
Il mondo del lavoro nel Locarnese è in crisi. Una crisi profonda che in questi mesi sta facendo sentire i suoi effetti. Altre conseguenze seguiranno dall’autunno in poi, a cascata. Nella regione la pandemia di Covid-19 ha cancellato oltre duemila posti di lavoro.
Un totale al quale si arriva con alcuni semplici calcoli, partendo dalle cifre forniteci da Silvano Beretta, responsabile della Cassa disoccupazione dell’Ocst (Locarnese, Bellinzonese e Mesolcina), che abbiamo interpellato per fare il punto alla situazione.
A contribuire a questa emorragia d’impieghi ci sono stati alcuni licenziamenti in diversi settori. Nelle scorse settimane l’Agie Charmilles di Losone ha deciso di disdire quasi una ventina di contratti. Un’altra ditta, la Veronelli Sa di Quartino, lo scorso mese è fallita, lasciando a casa circa 25 persone in un colpo solo. Sono gli esempi più eclatanti: «Fortunatamente - afferma Beretta - lo Stato ha deciso di facilitare l’accesso all’orario ridotto, togliendo il periodo d’attesa, semplificando l’iter burocratico e aumentando da tre a sei mesi la durata di questa misura».
In quanti ne hanno fatto richiesta: «Dal 16 marzo al 23 maggio abbiamo registrato 3'118 datori di lavoro nelle regioni di nostra competenza. Un dato che sicuramente fa riflettere, soprattutto se paragonato allo stesso periodo dell’anno scorso, quando praticamente non c’erano state richieste. Si tratta di uno strumento che permette di salvare moltissimi posti di lavoro e al quale si potrà fare capo fino al prossimo mese di settembre. Toccherà poi al Consiglio federale decidere se sarà necessario aggiungere altri mesi, prolungando l’emergenza».
Per quanto riguarda i disoccupati, l’intervistato snocciola dati preoccupanti. Queste le cifre 2020 per il Locarnese: in febbraio 1267, in marzo 1351 e in aprile 1525. Per gli stessi tre mesi nel 2019 erano stati 1205, 907 e 688; nel 2018, 1488, 947 e 755. «Salta all’occhio per il 2018 e il 2019 il calo stagionale degli iscritti alla cassa - spiega Beretta -. Una diminuzione dovuta alla ripresa della stagione turistica. Un effetto che quest’anno è stato azzerato dal coronavirus e dal "lockdown". Finora, dal punto di vista del mercato del lavoro, c’è stato un recupero decisamente blando». Numericamente il confronto 2019-2020 dei mesi di aprile è impietoso: 837 disoccupati in più.
Le conseguenze, tuttavia, non si fermano qui. Continueranno a farsi sentire a lungo. «C’è un problema che diventerà attuale a partire dal prossimo autunno. Per ottenere la disoccupazione bisogna aver lavorato almeno 12 mesi negli ultimi due anni. Con una stagione turistica ridotta a quattro mesi, arrivare a questo traguardo sarà impresa impossibile. Ciò significa che a ottobre molte persone si accorgeranno di non avere diritto alle indennità». Stando a Beretta la questione dovrà essere valutata con attenzione dalla Seco (Segreteria di Stato dell’economia): «Per evitare che centinaia di persone si ritrovino a ricorrere all’assistenza sociale bisognerebbe esaminare la possibilità di ridurre transitoriamente i mesi di contribuzione».
Agli oltre 830 disoccupati, la crisi del settore turistico - che sta timidamente risollevando il capo con i weekend di Ascensione e Pentecoste - ha portato a una drastica riduzione delle assunzioni: «Si tratta di persone che provengono dall’estero, da diversi Paesi come Spagna e Portogallo, con permessi brevi, di circa tre mesi. Di solito, per quanto ci riguarda, riempivamo circa 1300 formulari ad ogni estate. Quest’anno nulla. Si può quindi concludere che sono altri posti persi che andranno a pesare sulle finanze cantonali e comunali con minori entrate a livello d’imposte alla fonte». E a questo punto la somma è presto fatta: 830 in più iscritti alla cassa e 1300 assunti in meno. Il totale supera i duemila posti di lavoro (2'130, per la precisione) in massima parte riconducibili al settore del turismo. Ricordiamo che lo stesso settore nella regione del Lago Maggiore solitamente impiega direttamente circa 7mila persone. Il "taglio" dell’estate 2020 corrisponde quindi a una contrazione del trenta per cento.
Quali le prospettive per i prossimi mesi? «Non è facile fare previsioni, ma credo che ci attendano periodi difficili. Non so con precisione cosa accadrà nelle diverse ditte al termine dei sei mesi di orario ridotto e neppure quanti impiegati, con contratti di pochi mesi, in autunno perderanno il diritto alle indennità di disoccupazione. Con queste premesse e l'incertezza sull'evoluzione del Covid-19 non posso che essere preoccupato».