Nell’opuscolo 2019 dell'Associazione ciechi e ipovedenti della Svizzera italiana si parla di formazione, sensibilizzazione, sostegno psicologico e strategie
Sono in circa 9mila a ricevere annualmente ‘L’Impronta’, l’opuscolo di Unitas che riassume quanto realizzato dall’Associazione ciechi e ipovedenti della Svizzera italiana l’anno prima e i suoi propositi per quello in corso. Un opuscolo dalla consueta forma sintetica che rappresenta la prima campagna annuale per la raccolta fondi. «Sentiamo vicinanza, ci accorgiamo della risposta e questo fa piacere» spiega alla ‘Regione’ Mario Vicari, presidente di Unitas. «I bisogni dell’associazione per mantenere i progetti e, in alcuni casi, svilupparli sono sempre e comunque tanti».
Un 2018, quello dell’Associazione, snodatosi tra la nomina del nuovo direttore di Casa Tarcisio e del nuovo coordinatore di Casa Andreina; tra la pubblicazione del documentario ‘Nuovi ricordi’, 13° atto della collana di dvd ‘Con-tatto’, e i volantini sonori della rivista audio ‘Librarsi; tra il rinnovamento delle modalità di comunicazione della Giornata internazionale del bastone bianco (concentrata quest’anno sul Medrisiotto) e la formulazione di nuovi orientamenti strategici, obiettivo primario anche per il 2019.
«L’Unitas – continua Vicari – è un’associazione che ha le caratteristiche di un’azienda di medie dimensioni, pur mantenendo lo spirito di famiglia e coesione tra i suoi 750 soci. Vi sono una settantina di dipendenti a tempo pieno e oltre 300 volontari. Per gestire tutto questo, e capire qual è la direzione in cui si vuole andare in futuro, è necessario adottare una strategia come succede in strutture di questo tipo anche a livello nazionale». Il documento strategico allo studio nel 2018, proiettato su di un arco di 6 anni (da cui ‘Unitas 2025’), dopo essere stato sottoposto ai responsabili delle strutture e dei servizi passa ora alla sua fase operativa.
Molti dei soci di Unitas (i 2 terzi) si confrontano con problemi visivi in età avanzata, dai 60 anni in su. «Capita di attraversare una fase, se non di depressione, di scoraggiamento» continua il presidente. «Spesso la fase è transitoria e un ruolo importante in questo senso lo gioca la vicinanza di chi affronta il medesimo problema. Ma il supporto psicologico è basilare nella fase iniziale, quando ci si confronta con l’indebolimento o addirittura la perdita della vista». Perché la cecità non comporta solo difficoltà pratiche come riorganizzare la propria vita, gli spostamenti, la lettura, ma anche «il modo in cui si vive interiormente la situazione, tanto per chi ne è direttamente colpito che per i familiari, che devono fornire sostegno».
Oltre alla strategia Unitas 2025, tra i ‘desiderata’ per il 2019 spicca il perfezionamento del progetto di ampliamento di Casa Andreina, così come una proposta di formazione ad hoc per oftalmologi, psicologi, psicoterapeuti e psichiatri (con lo scopo di affinare il contatto con giovani e adulti ipovedenti e ciechi). E poi c’è la sensibilizzazione: «In questo campo – prosegue Vicari – si fa già molto grazie ai soci Unitas con bagagli d’esperienza pratica legata al vissuto personale, portato nelle scuole e utile a chi vuole avvicinarsi al volontariato». E poi ci sono i ‘Blackout’, compagnia teatrale composta da ciechi e ipovedenti che ha appena replicato il nuovo spettacolo ‘Ho una figlia bellissima’ a Tenero, dopo la ‘prima’ a Casa Andreina in dicembre. Compagnia ansiosa di replicare in altre sedi. Impresari teatrali, il messaggio è chiaro... (www.unitas.ch, info@unitas.ch).