Pur con punti di contatto sulle incognite logistiche del ponte tra Ascona e le Isole, tra Alessandro Pederzani e Cristiana Storelli è scontro sui materiali costruiti a Intra
«Vorrei rimettere le cose al loro posto. La consideri deformazione professionale...». Alessandro Pederzani, ingegnere e direttore di Anastasi & Partners Sa, aggiunge un capitolo alla storia del ponte tra Ascona e le Isole di Brissago. Il suo personale ‘Wow’ (acronimo di ‘Walk on Water’, così si chiamerà la passerella) non è espressione di giubilo, bensì di stupore. L’ingegnere risponde a distanza all’architetto Cristiana Storelli, consulente del Consiglio d’Europa in materia di politica urbana e paesaggio, che sulla ‘Regione’ di una settimana fa, il ponte, lo aveva affondato.
«L’autorevole consulente – esordisce Pederzani – esprime legittimamente i suoi dubbi, salvo poi riferirsi sarcasticamente a fatti avvenuti sulle sponde italiane del Verbano, dimostrando una superficialità e un cinismo che contrastano l’autorevolezza con la quale avrebbe voluto concepire il suo scritto. Mi sarei aspettato un atteggiamento più prudente e circostanziato ai temi».
Identifichiamo le “sponde italiane”: interrogandosi su chi produrrà i materiali del ‘Wow’, Storelli si chiedeva: “Intendono davvero servirsi a Intra?”. Basandosi su quanto all’albo dei Comuni interessati (per i progettisti, Intra sarà la sede di costruzione degli elementi), l’architetto citava il crollo del porto di Cannobio nel 2013. «Una prima imprecisione – sostiene Pederzani – è l’accostare i cubi in polietilene ad alta densità previsti ad Ascona e utilizzati per il Floating Piers (il ponte sul Lago d’Iseo, ndr.) ai cassoni in calcestruzzo del porto di Cannobio, la stessa tecnologia utilizzata per quelli di Locarno, Porto Ronco e Brissago». Sul polietilene, l’ingegnere ricorda la soddisfazione del team di Christo incontrato alla presentazione del documentario su ‘The Floating Piers’ al Locarno Festival. «Lo dico non avendo contatti o legami con la ditta di Gravellona Toce che ha prodotto i cubi e non rientrando in alcun modo nel team di consulenti di Walk on Water».
Pederzani, che del porto di Cannobio fu il progettista assieme ad altri due colleghi, vuole «richiamare l’architetto sul fatto che in Italia la giustizia è articolata su tre gradi di giudizio e che la condanna penale è definitiva quando sono stati esauriti i tre gradi o sono inutilmente decorsi i termini per impugnare la sentenza. Posso tranquillamente rivendicare che per l’inabissamento del porto di Cannobio nessuna responsabilità è imputabile ai tre progettisti». Aggiunge: «Ho letto l’articolo lo scorso 2 ottobre. Ironia della sorte, era il giorno del mio compleanno. Chi vive queste sventure pretenderebbe il diritto all’oblio». E rincara la dose: «Sembra andare di moda sparare contro gli italiani. Finché lo fanno i leghisti lo capisco, ma dai socialisti... Aggiungo la seccatura provata per la superbia manifestata nei confronti delle vicende italiane che segue di poco quella del direttore dell’Ustra dopo il tragico crollo del ponte Morandi a Genova, che altezzosamente affermava come un tale incidente non potesse capitare in Svizzera. Per fortuna è stato redarguito da diversi ticinesi dotati di raziocinio e buon senso».
Intra a parte, la distanza tra ingegnere e architetto non è abissale. «Oggettivamente – sostiene Pederzani – intravvedo anche io qualche problema logistico e di navigazione per il quale è possibile che si aprirà una questione internazionale col Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il cui organo Gestione governativa Nlm è concessionaria per il servizio. Inoltre, un conto è l’opera di un mese, un altro conto è l’opera di 5 anni, coi venti sul Verbano e l’oscillazione del lago di oltre 5 metri, dato record per i laghi europei. Immagino comunque che chi ha pensato una tale opera dovrà disporre di un signor progetto e metterà in conto di affidarsi a esperti riconosciuti in ambito nautico, magari il Laboratorio di idraulica del Politecnico di Zurigo per qualche prova su modello. Nessuno vuole spendere tanto per poi fare un flop».