Preoccupazioni e aspettative del settore primario di fronte alla devastazione del maltempo che ha reso inutilizzabili 100 ettari di superficie coltivabile
È trascorso quasi un mese, ma salendo dall’A13, e ancor più entrati nell’abitato di Lostallo, la portata della devastazione del maltempo del 21 giugno è ancora ben evidente. Le coltivazioni e i terreni agricoli, parte integrante dell’economia locale, sono stati ugualmente stravolti. Le frane e lo straripamento della Moesa hanno ricoperto circa 100 ettari di superficie, spazzando via il duro lavoro dei contadini, i cui sforzi di mesi e anni si sono volatilizzati in poche ore. Molti campi dove fino a qualche settimana fa si coltivava il fieno, quasi pronto al raccolto, sono oggi ridotti a un cumulo di detriti. Coperti da sassi, fango e alberi sradicati. È in queste circostanze che Mauro Lombardi, macellaio e contadino mesolcinese, ci ha accolti a Lostallo. Con il sorriso e un ottimismo sorprendente, ci ha accompagnato a osservare i terreni che non potrà più lavorare.
Fin da ragazzo al fianco dei genitori nei vari lavori agricoli, dal 2009 Lombardi gestisce l’azienda a titolo professionale. L’attività si suddivide nell’allevamento di circa 35 bovini, con la lavorazione e la vendita della carne, e nella coltivazione dei campi per la fienagione. Fieno che non viene venduto ma usato unicamente quale foraggio per gli animali. Possiede alcuni terreni ma soprattutto ne lavora altri in usufrutto. «A livello di superficie coltivabile sono stato toccato pesantemente, visto che circa il 40-50% è stata devastata dal maltempo e si prevede che almeno fino alla primavera 2025 non sarà utilizzabile», afferma l’agricoltore, il quale espone subito la sua più grande preoccupazione, che in realtà accomuna gli altri contadini. «Bisogna assolutamente riuscire a mettere a posto i campi senza alcun costo per i proprietari». Di questo timore, come riferito sull’edizione del 9 luglio, si è parlato durante l’incontro di lunedì 8 a Grono, organizzato dal Cantone e aperto agli agricoltori del Moesano. Da parte degli uffici di Coira è giunta l’indicazione che almeno l’80% delle spese di bonifica dovrebbe essere garantita dal Fondo assicurativo cantonale per le calamità naturali. «Tuttavia, a Grono, non abbiamo ricevuto vere e proprie rassicurazioni, in particolare sul fatto che si riuscirà a sistemare i terreni senza spese per i proprietari. Questo è un punto centrale. È stato detto che ci si impegnerà per trovare il 20% dei fondi mancanti con delle donazioni o fondi speciali. L’auspicio è che le autorità facciano il possibile, ma al momento non ci sono garanzie».
Non sono note le tempistiche per l’inizio degli interventi. I contadini hanno tempo fino a fine mese per inoltrare la conta dei danni a Coira nell’ambito di una procedura congiunta che porterà a delineare un quadro complessivo degli interventi necessari. Sarà quindi possibile allestire un preventivo per un progetto globale di ripristino.
«Per sistemare i terreni c’è bisogno di ditte professioniste che abbiano i mezzi adatti per rimuovere il materiale. Al momento, quale compensazione per i proprietari, il Cantone ipotizza un contributo di 6 franchi al metro quadro che dovrebbe comprendere anche la sementa e l’erpice. Non penso che questo importo sia sufficiente per coprire l’investimento, se consideriamo il grado di devastazione di alcune particelle. Se alla fine dovessero risultare delle cifre scoperte a carico dei proprietari, a mio parere si creerebbe un certo squilibrio per il prosieguo delle varie attività agricole. Se per un proprietario dovesse ad esempio concretizzarsi anche solo un 10% di costi effettivi, considerando che ci sono terreni con danni che si aggirano attorno ai 100mila franchi, il privato potrebbe anche fare un passo indietro e non concedere più il fondo, oppure alzare il costo dell’affitto. Ed è impensabile che gli agricoltori che usufruiscono dei campi abbiano i mezzi finanziari per indennizzare di tasca loro». Abbiamo avuto l’occasione di visitare, ad esempio, una grande particella che Lombardi coltiva accanto all’A13, proprio nei pressi del punto dove la forza della Moesa ha portato via 200 metri di autostrada. I detriti, scesi dalla Val d’Orbell, sono talmente numerosi che una delle ipotesi delle autorità è quella di alzare il livello del terreno (livellando) piuttosto che la rimozione di residui. «Questa particella – ci spiega Lombardi – è ora competenza dell’Ufficio federale delle strade e probabilmente potrò usufruirne nuovamente unicamente dopo il 2025. Avevo appena firmato un contratto con il Patriziato, e non sono nemmeno riuscito a portare a termine il primo raccolto. Questo terreno ha una superficie di due ettari e mezzo. Significa che rappresenta circa il 25-30% della superficie che lavoro: la perdita è grande».
Alla riunione informativa di Grono, Lombardi ha voluto chiedere se vi fosse in previsione un intervento dell’esercito quale aiuto per sgomberare i campi e alleggerire dunque i costi. «Penso ad esempio alle truppe del genio, che sono intervenute in Vallemaggia per la ricostruzione del ponte di Visletto. Tuttavia mi è stato risposto che l’esercito può entrare in azione solo se non c’è una ditta civile che può farsi carico delle prestazioni necessarie. A quanto pare, in Valmaggia nessuna ditta sarebbe in grado di ricostruire il ponte nei tempi voluti. A mio parere, qui in Mesolcina, nessuna ditta è nelle condizioni di fare il lavoro necessario senza che i proprietari debbano spendere soldi di tasca loro». Sempre riferendosi all’incontro di Grono, Lombardi aggiunge che dopo qualche minuto di dibattito è stata suggerita la possibilità che le truppe del genio vengano in aiuto ai contadini. L’impressione finale è comunque quella che le autorità cercheranno di non fare appello all’esercito, sperando di trovare soluzione in fondi e donazioni.
Su tanti punti c’è dunque ancora incertezza, ma alcune garanzie ci sono: «Per quanto mi riguarda, la prima conseguenza di questa situazione è che in autunno ci mancherà del foraggio, e in questo senso ci è stato detto che verrà fatto qualcosa per farci arrivare gratuitamente la quantità mancante. È inoltre molto positivo il fatto che, sempre durante la riunione a Grono, i rappresentanti dell’Ufficio cantonale dell’agricoltura abbiano garantito che i pagamenti diretti saranno comunque versati nel 2024, con la possibilità che vengano assicurati anche per il 2025 nel caso in cui la sistemazione dei terreni non fosse ancora terminata. Pagamenti diretti che, va detto, oggi tengono in piedi l’agricoltura». Lombardi testimonia di un settore primario precario e in difficoltà: «Il nostro non è un settore florido, le difficoltà ci sono. Siamo sempre più confrontati con vincoli e criteri da rispettare per quanto riguarda ad esempio il tema della protezione degli animali o dello smaltimento delle acque. Disposizioni sicuramente giuste e utili, ma che richiedono importanti investimenti. A maggior ragione, nella situazione in cui siamo ora, si chiede dunque un adeguato sostegno alle istituzioni».
L’agricoltore è ancora scosso se ripensa alla sera del 21 giugno: «Stavo rientrando in macchina a Lostallo. All’altezza di Castione ho guardato verso Biasca: si percepiva il maltempo, ma il cielo era chiaro. Era invece completamente nero, come non lo avevo mai visto, quello sopra la Mesolcina. Imboccata l’autostrada A13, guidavo a 40km/h e lungo il tragitto già si vedevano i primi danni. Sono arrivato a casa a Lostallo e dopo cinque minuti ho iniziato a sentire rumori ovunque, quelli delle frane che scendevano. Il tutto è durato circa un’ora. Dopodiché sono subito uscito per verificare i danni ai terreni, rendendomi conto della devastazione. Per fortuna almeno la stalla non è stata danneggiata».
Ricorda bene quella sera anche Giada Gianella, titolare dell’azienda agricola di famiglia con sede a Leggia: circa un terzo dei suoi terreni non sono più utilizzabili. «Abbiamo un’azienda agricola che produce carne di vitello bio e un agriturismo a Leggia i cui locali dove teniamo la carne sono stati invasi dall’acqua la sera del 21 giugno. La struttura non è stata particolarmente toccata, ma abbiamo comunque dovuto evacuare la sera stessa delle persone che stavano cenando nel nostro agriturismo. Dopo l’alluvione, abbiamo ripristinato la sede in fretta con l’aiuto di amici e l’uso di escavatori e pale, svuotando i congelatori e pulendo lo stabile. Per fortuna siamo riusciti a salvare molta della carne conservata e abbiamo ripreso l’attività il weekend successivo».
Malgrado la riapertura in tempi record dell’agriturismo, Gianella non nasconde la sua preoccupazione per il continuo annullamento di riservazioni: «Non appena si annuncia nuovamente brutto tempo, gli eventi in programma riservati dai nostri clienti, quali feste di gruppo o compleanni, vengono annullati. Questo ci ha arrecato una perdita finanziaria importante, soprattutto dal momento in cui non vi sono assicurazioni che coprono tutte queste perdite sul lungo termine: da quel che sappiamo non c’è infatti nessun riscontro di prestazione per le riservazioni mancate o annullate. Noi, dal canto nostro, facciamo pubblicità e contiamo sul fatto che il tempo migliori. Al momento abbiamo anche eventi importanti come alcuni matrimoni o la festa nazionale previsti per agosto. Alcune persone stanno riservando queste attività per i mesi a venire e questo ci fa piacere».
Un aspetto che preoccupa la contadina è il mancato raccolto annuale del foraggio. Alcuni contadini volontari della Svizzera interna si sono offerti di donare del fieno agli agricoltori della Mesolcina in difficoltà. «Non vogliamo aspettare mesi per iniziare a ripristinare i terreni e vorremmo anche un risarcimento per il fieno. Il foraggio donato, per quanto ne sono infinitamente grata, è probabile che non basti per tutti». In quanto al confronto con le autorità, la contadina sottolinea l’incertezza delle risposte ottenute: «Le quindici-venti parcelle che abbiamo in gestione sono state rovinate da frane o detriti provenienti dalla Moesa. Stiamo aspettando che il Cantone ci dica cosa poter fare a questo riguardo. Le cose non avanzano perché le autorità non sanno dove spostare i detriti: per lo sgombero dei nostri terreni, il Cantone vuole organizzare un progetto unico del quale mi fido poco». Inoltre, Gianella sottolinea che, una volta recuperati i campi praticabili, passerà molto tempo prima di poter nuovamente usufruire dei frutti di un raccolto. «Se aspettiamo che le autorità facciano tutte le loro statistiche e calcoli prima di agire – conclude – passerà troppo tempo prima che noi contadini potremo di nuovo coltivare. Affinché il terreno frutti nuovamente ci vorranno almeno due anni. Voglio confidare nei progetti del Cantone, ma l’attesa è problematica e siamo con le mani in mano».