Grigioni

Ragazza morta, ‘non vi era motivo d’intervenire ulteriormente’

Roveredo, il CdS risponde a una trentina di deputati sul ruolo avuto dalla polizia: l’evento si stava tenendo in modo pacifico e non c’erano reclami

Un’immagine del rave party
13 marzo 2023
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Sulla ragazza del Luganese morta il 27 novembre all’ospedale San Giovanni di Bellinzona dopo un rave party abusivo organizzato alla diga della Roggiasca sopra Roveredo, il Consiglio di Stato grigionese rispondendo a un’interpellanza della granconsigliera Eleonora Righetti e sottoscritta da altri 32 deputati spiega che "l’evento non autorizzato è stato sorvegliato ripetutamente dalla Polizia cantonale e sono stati eseguiti diversi controlli della circolazione". In questo contesto, specifica Coira, "sono stati constatati e puniti dei reati contro la legge sulla circolazione stradale".

‘Il Comune non ha chiesto assistenza’

Ma la domanda di fondo mirava a sapere se un intervento più deciso della polizia non avrebbe forse potuto evitare il decesso. In particolare, evidenziava l’atto parlamentare, il governo ritiene che le basi legali e i rispettivi controlli attuali siano sufficienti a tutelare la salute pubblica dei giovani che dovessero partecipare a simili eventi? "Siccome l’evento si stava svolgendo in modo pacifico e non era giunta alcuna richiesta di assistenza amministrativa da parte del Comune – risponde l’esecutivo retico – da parte della Polizia cantonale non vi era motivo per intervenire ulteriormente. Inoltre, la popolazione non aveva nemmeno segnalato dei disturbi", visto che l’evento si stava svolgendo in quota lontano dalla vista e dalle orecchie. E qui si arriva al punto: "Dopo la ricezione della notifica dell’ospedale di Bellinzona relativa al ricovero di una giovane donna priva di sensi – spiega il Consiglio di Stato – la Polizia cantonale ha immediatamente preso tutte le misure di ricerca e investigative necessarie. Sulla loro base ora viene svolto il procedimento penale".

In linea più generale, prosegue Coira, se un evento viene svolto senza autorizzazione, ossia in modo illegale, e la Polizia cantonale ne viene a conoscenza, "essa lo sorveglia conformemente al suo mansionario e informa il Comune interessato. Un intervento ulteriore avviene solo su richiesta del Comune (non è stato il caso, ndr) o in caso di episodi penali oppure in presenza di una situazione di pericolo. Un principio costituzionale impone inoltre che l’attività dello Stato deve essere proporzionata allo scopo". In definitiva, come detto, non c’erano le condizioni per intervenire sul posto mettendo fine al rave party abusivo. Viene poi specificato che "in linea di principio il Comune interessato è responsabile per la garanzia di quiete, ordine e sicurezza. Esso può tuttavia richiedere sostegno alla Polizia cantonale".

‘Più efficace se il Comune ordina lo stop’

In presenza di eventi non autorizzati, com’è stato il caso di Roveredo, le basi giuridiche attuali "permettono di prendere i provvedimenti necessari". Le infrazioni "vengono perseguite penalmente, come accade nel presente caso". Viene ritenuto "più efficace che il Comune interessato ordini l’interruzione di eventi non autorizzati dopo averli identificati, eventualmente coinvolgendo la Polizia cantonale, se esso ritiene proporzionata questa misura". Inoltre "occorre partire dal presupposto che anche se il legislatore rendesse punibile la mancata richiesta di un’autorizzazione, ciò non avrebbe un effetto dissuasivo supplementare. Misure di educazione e sensibilizzazione, nonché la creazione di luoghi in cui i giovani possano incontrarsi indisturbati e legalmente e in cui sia a disposizione anche un’offerta di consulenza a bassa soglia che rafforzi la loro responsabilità, sono più sensati rispetto a ulteriori divieti". Tutto un altro paio di maniche, invece, i rave party abusivi.

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