Bellinzonese

Nipotini onduregni, si attiva la politica: ‘Il CdS ci ripensi’

Interrogazione interpartitica (prima firmataria Sara Beretta Piccoli) chiede un approccio più umano, comprensivo e meno tecnico nel rilascio dei permessi

La vicenda approda a Palazzo delle Orsoline con un’interrogazione firmata da 13 granconsiglieri
(Ti-Press)
15 gennaio 2025
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“Il Consiglio di Stato faccia un passo indietro”. Si attiva la politica sulla sorte dei tre nipotini onduregni di Giornico di cui abbiamo scritto a due riprese nelle ultime settimane. Massimiliano, Teodoro e Francesco Mossi di dieci, undici e dodici anni sono nati in centro America e sin dal 2016, tra un ricorso e l’altro, vivono stabilmente in Ticino. Ma la loro sorte è appesa a un filo. Le autorità cantonali e federali vorrebbero infatti rispedirli in quello che è considerato dalla comunità internazionale uno dei Paesi più pericolosi al mondo; perciò hanno sempre respinto le varie richieste fatte dal nonno Marzio Mossi, cittadino svizzero, che li ha portati qui nove anni fa sottraendo sé e la prole a un rischio concreto di morte. Assenti all’estero i rispettivi padri, disinteressatesi le madri, il nonno non chiede altro di farli crescere qui in virtù anche dello statuto di tutore ottenuto, insieme alla moglie Claudia, dall’Autorità regionale di protezione.

Espulsioni a geometria variabile?

Dalla Leventina il caso sbarca ora nell’aula del Gran Consiglio. La deputata Sara Beretta Piccoli (Verdi liberali) ha sensibilizzato e coinvolto una dozzina di colleghi di sei partiti differenti presentando un’interrogazione rivolta al Consiglio di Stato. Cui viene chiesto un approccio differente da quello finora usato nei vari gradi decisionali e giudicanti, che hanno di fatto escluso qualsiasi valutazione della situazione dal profilo umano. Peraltro fermandosi a una lettura distaccata e non aggiornata del quadro critico e criminogeno in cui versa l’Honduras. “Espulsioni a geometria variabile?”, l’inequivocabile titolo dell’atto parlamentare che punta il dito contro presunte disparità di trattamento con altri casi (anche laddove vi sono state condanne penali per reati anche gravi) e contro la decisione di rimpatrio forzato nel frattempo sospesa fino al 30 giugno – grazie al ricorso interposto attraverso il Servizio giuridico del Soccorso operaio svizzero – per consentire loro di terminare l’anno scolastico.

Picchiato e minacciato di morte

Marzio Mossi – attacca l’interrogazione – ha vissuto e lavorato a lungo in Honduras dove ha formato una famiglia e ha sempre mantenuto stretti legami con la Svizzera e il Ticino. Tutto bene fino all’aprile 2013 quando l'imprenditore e commerciante originario del Bellinzonese è stato assaltato in casa, selvaggiamente picchiato e minacciato di morte. Curatosi in Ticino e ripresosi, nel 2016 quando ha tentato di tornare in Honduras ha subìto ulteriori minacce e ha quindi deciso di rientrare definitivamente in Svizzera portandosi appresso anche i tre nipotini che allora avevano due, tre e quattro anni. “Ne ha notificato subito l’arrivo ai servizi preposti – ricorda l’interrogazione – ma purtroppo pare che i vari uffici abbiano dato versioni discordanti sugli errori intrapresi nella procedura relativa alla presentazione delle domande, negando quindi il permesso di soggiorno ai familiari”. Anche a causa di tali errori, ma non solo, “appaiono ora quindi sproporzionate le decisioni di respingimento delle domande e di obbligo di lasciare la Svizzera, tanto più che dopo quasi nove anni i nipotini non conoscono altra realtà che quella ticinese. Sono ben integrati e non gravano economicamente sulle casse cantonali, occupandosi Marzio Mossi del loro sostentamento e crescita». I suoi tre figli nel frattempo hanno tentato di far avanzare la richiesta di cittadinanza agevolata, “che però in mancanza di un permesso di soggiorno non può proseguire. Oltretutto i loro documenti sono ora scaduti e non vi è modo di rinnovarli, per cui risulta anche impossibile inoltrare qualsivoglia richiesta di permesso. Perciò soggiornano provvisoriamente in Italia”.


I nonni Marzio e Claudia con uno dei tre figli e i tre nipotini

Un Paese vicino ai livelli di guerra

Ma cos’è l’Honduras e come ci si vive? Per rispondere, Sara Beretta Piccoli cita documentazione ufficiale e servizi giornalistici. Secondo il Consiglio federale la situazione politica e sociale “è molto tesa. Durante dimostrazioni, disordini e scioperi sono da prevedere blocchi stradali, saccheggi e atti di violenza. Il tasso di criminalità è molto elevato, soprattutto nelle città. L'uso della forza è comune, specialmente per le violente bande giovanili (Maras). Sono diffusi i furti di ogni tipo, le aggressioni a mano armata a scopo di rapina e i reati sessuali”. Il Ministero italiano degli affari esteri e della cooperazione internazionale scrive che “rimane in vigore ed è prorogato fino al 19 febbraio 2025 lo stato d’emergenza nazionale annunciato dal governo nel dicembre 2022 per rafforzare la lotta alla criminalità imperante, con particolare riguardo alle attività estorsive perpetrate da gruppi criminali (‘maras’ o ‘pandillas’) in aree degradate urbane e periferiche caratterizzate da alti indici di povertà e d’illegalità (‘barrios’ o ‘colonias’). Tale stato d’emergenza attribuisce alle forze di polizia e di sicurezza poteri di intervento in regime di sospensione delle garanzie costituzionali, con particolare riguardo alla libertà di circolazione e di riunione”.

Criminalità e povertà diffuse

Amnesty International denuncia il sistematico non rispetto dei diritti umani dall’avvento del governo di Xiomara Castro, oltre all’impunità endemica per i crimini e la corruzione nelle istituzioni statali a favore del narcotraffico. Il Consiglio norvegese per i rifugiati sottolinea che “la violenza delle bande è simile ai livelli di guerra. Le sofferenze sono simili a quelle di qualsiasi conflitto armato”. Wikipedia parla di uno dei Paesi “più violenti d'America e più pericolosi al mondo per l'altissimo tasso di criminalità legato soprattutto al traffico di droga. San Pedro Sula, la seconda città per abitanti dopo la capitale Tegucigalpa, secondo un rapporto del 2013 ha il primato mondiale nel tasso di omicidi. Secondo l'Istituto nazionale di statistica il 73% della popolazione è povero. Il Paese è uno fra quelli con le più grandi diseguaglianze sociali dell'America latina”.

Sradicamento con ‘conseguenze nefaste’

La deputata ritiene perciò che difficilmente i tre bambini potrebbero tornare a vivere in quel contesto. Inoltre uno ha problemi di salute certificato dal Servizio medico psicologico cantonale, secondo cui un allontanamento dalla rete familiare e scolastica attuale “comprometterebbe la sua evoluzione e le prospettive d’inserimento sociale e professionale, causando un estremo aggravamento del suo quadro clinico e della prognosi”. Da qui una corposa serie di domande volte a capire come mai l’autorità cantonale sostenga in continuazione l’esigenza del rimpatrio forzato e se questa sia rispettosa del principio di proporzionalità, considerando sia la situazione in Honduras, sia i rapporti redatti dall’Ufficio dell’aiuto e della protezione e dal Servizio medico psicologico secondo cui uno sradicamento produrrebbe nei tre bambini conseguenze nefaste.

‘Pasticci burocratici’

Tanto più che il nucleo familiare in questione, in oltre otto anni, non ha mai usufruito di aiuti sociali provvedendo i nonni – con non poche difficoltà, anche in questo momento molto critico – a tutte le spese. Una delle domande riguarda anche una precedente decisione del CdS nell’ambito della quale il Consolato onduregno sconsigliava il ritorno della famiglia Mossi in quel Paese. E ancora: come si spiega il rifiuto del permesso di soggiorno ai padri dei bambini da parte dell’Ufficio migrazione, “visto che questi ultimi avevano già provveduto a trovare una sistemazione lavorativa, oltre cinque anni fa, e per lungaggini legali e pasticci burocratici sono tutt’oggi senza permesso? Non pensa che anche un funzionario possa talvolta umanamente incappare in qualche errore burocratico?”.