Bellinzonese

Uccise le due figliolette, 16 anni alla madre bellinzonese

Il tribunale distrettuale solettese non ha accordato la carcerazione a vita chiesta dalla Pubblica accusa

(Ti-Press)
12 aprile 2024
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È stata condannata per assassinio plurimo a 16 anni di reclusione, e non al carcere a vita come chiesto dalla Pubblica accusa, la 41enne del Bellinzonese che nel gennaio 2021 aveva ucciso, trafiggendole al cuore con un coltello da cucina mentre dormivano nei loro letti, le sue due figliolette di 7 e 8 anni a Gerlafingen, nel canton Soletta, dove si era trasferita dopo la separazione dal marito risalente all'estate precedente. Parzialmente accolta dunque la richiesta della difesa che si era battuta per una pena massima di 13 anni indicando i disturbi della personalità dell’imputata come causa dei suoi reati; il reato tuttavia non è stato derubricato in omicidio plurimo. Il tribunale distrettuale di Bucheggberg-Wasseramt ha inoltre riconosciuto l’autrice del doppio figlicidio colpevole di calunnia ai danni del marito: sempre a causa dei suoi disturbi, nelle settimane precedenti aveva infatti avvertito le autorità della presunta, ma inesistente, pericolosità dell’ormai ex compagno di vita. Alla pena detentiva la corte ha dunque aggiunto una multa con la condizionale. La sentenza potrà essere impugnata con un ricorso davanti al Tribunale cantonale di Soletta e in carcere la donna dovrà sottoporsi a un trattamento terapeutico ambulatoriale. Inoltre dovrà indennizzare l'ex marito, originario di Airolo, nonché la figlia maggiore da lei avuta da una precedente relazione e che quella mattina dormiva in un’altra stanza dell’appartamento.

Durante il processo l’imputata ha dichiarato che il giorno della tragedia intendeva suicidarsi e di aver ammazzato le bambine per non lasciarle all’ex marito, ritenendolo un pericolo per loro. Tuttavia, non si è poi suicidata e non ha fatto alcun tentativo in tal senso, finendo per telefonare alla polizia. Secondo l’accusa, in realtà era interessata soprattutto a vendicarsi del marito, che aveva chiesto il divorzio, arrecandogli il massimo dolore possibile per averla trascurata. Voleva distruggere la cosa più preziosa della relazione ormai finita. I motivi dell'assassinio sono egoistici, ritengono i giudici che, per stabilire la pena, hanno tenuto conto in particolare dei suoi disturbi psichici e del suo passato. La madre ha approfittato dell'amore incondizionato e della fiducia delle figlie per ucciderle nel luogo in cui avrebbero dovuto sentirsi più sicure, nel loro letto.

Secondo diverse testimonianze la donna era da tempo frustrata. Desiderava poter svolgere un’attività più appagante rispetto a quella di madre e casalinga. Dopo la nascita delle figlie avrebbe voluto continuare un corso di studi, progetto tuttavia cancellato: «Ha fatto delle sue due bambine l’oggetto della sua frustrazione», ha detto il pubblico ministero durante il processo. La corte ha considerato diverse ipotesi di movente avanzate dal perito psichiatrico, che aveva tra l'altro diagnosticato un disturbo borderline e di uno istrionico di personalità. Ed è giunta alla conclusione che il reato non poteva essere compreso se si considerava solo una di queste ipotesi, trattandosi invece di una mescolanza di fattori diversi. Per comprendere meglio il reato, la corte è quindi tornata all'estate 2020, quando la donna si è separata dal marito e trasferita a Gerlafingen. Non conosceva nessuno ed era sovraffaticata dalle tre figlie che gestiva da sola, ha detto il giudice pronunciando la sentenza: «Dentro di lei sono cresciuti esaurimento, disperazione, frustrazione e rabbia».

Il giorno prima del crimine, la situazione è precipitata. È iniziata con una cartolina inviata alle bambine da un'amica di famiglia di cui l'imputata era gelosa. Inoltre quel giorno aveva ricevuto la bozza dell'accordo di divorzio che lei stessa aveva chiesto poco prima. Si è poi aggiunta una telefonata fatta al marito per chiedergli di andare da lei perché stava male, richiesta che l'uomo ha rifiutato essendo in partenza per un weekend di sci con l'amica di famiglia. «È stato allora che ha capito di non essere più al centro dell'attenzione», ha concluso il giudice.