Giovedì un’anziana delle Semine è stata indotta a consegnare ori e preziosi. Complice intercettata e fermata in strada dalla polizia
Falsa nipote, truffa vera, ma sventata grazie a due circostanze positive, con tanto di arresto scattato giovedì sulla pubblica via. Vittima un’anziana delle Semine. Dettaglio importante, il luogo, perché il fatto di trovarsi non distante dalla Centrale d’allarme della Polizia cantonale – prima circostanza positiva – ha permesso il rapido intervento sul posto di una pattuglia che ha intercettato una donna intenta a svignarsela col bottino infilato nel cappotto. Ori di famiglia per svariate migliaia di franchi. Inizia proprio dalla fine, dal rapido intervento delle forze dell’ordine, la testimonianza che la redazione ha raccolto da un familiare della vittima. Si tratta del figlio, che ringrazia gli inquirenti: «Spesso criticati, hanno invece dimostrato prontezza ed efficienza». Tutto ha inizio verso le 15. Squilla il telefono di casa. «Ciao nonna!», attacca la voce. E via con uno dei tanti racconti che i falsi nipoti propinano agli anziani per provocare shock e apprensione e indurli a consegnare soldi e preziosi. In questo caso la falsa nipote dice di trovarsi all’ospedale di Lugano dove i medici le hanno diagnosticato un tumore trattabile con costosissime iniezioni, provenienti da Losanna, che vanno pagate subito. «Nonostante sia perfettamente lucida e presente di spirito – racconta il figlio della vittima – mia madre ci è cascata per due motivi. Primo perché la voce all’altro capo della cornetta era identica a quella di mia figlia. Non quasi uguale ma identica. Secondo perché recentemente mia madre ha avuto un problema di salute simile, ciò che durante la telefonata le ha scatenato un senso di angoscia». Ma torniamo alla telefonata: per aumentare la credibilità la falsa nipote dice che i genitori l’hanno accompagnata in ospedale e in quel momento sono impegnati a discutere delle cure con i medici. Dichiarata la disponibilità a mettere a disposizione gli ori che conserva in casa, l’anziana viene quindi messa in contatto con un falso ‘professore’ che indica l’imminente arrivo nei pressi del suo domicilio di una collaboratrice pronta a raccogliere i preziosi. E sul posto ben presto si presenta una donna sulla cinquantina con pelle olivastra. L’anziana consegna gli ori e chiede una ricevuta, che l’altra si rifiuta di rilasciare allontanandosi a passo spedito. La vittima mangia la foglia e contatta un altro nipote che la induce ad allertare subito la polizia. Il finale lo abbiamo già scritto all’inizio. Con tanto di interrogatorio in centrale anche della vittima, che oltre a recuperare gli averi è stata rassicurata dagli agenti. Ma non finisce qui, perché ieri il telefono di casa ha nuovamente squillato. Nessun falso nipote o professore, ma un sedicente maresciallo che si è interessato degli eventi del giorno prima. Stavolta l’anziana ha avuto i riflessi pronti e gli ha fatto presente che i marescialli dei carabinieri lavorano in Italia, non in Svizzera. Fine della conversazione e polizia al lavoro per risalire ai recapiti telefonici esteri.
«Uno dei punti centrali – sottolinea il figlio – è la voce identica a quella di mia figlia. Non abbiamo prove, ma i truffatori potrebbero averla clonata. Captata come e dove, non lo sappiamo. Né sappiamo come potrebbero aver messo in correlazione mia figlia con mia madre. Magari grazie a qualche video pubblicato sui social?». In effetti quest’anno si è iniziato a parlare sul piano internazionale della cosiddetta ‘truffa dell’impersonificazione’ compiuta affidando a un programma informatico almeno trenta secondi di conversazione fatta da una persona, la cui voce viene così elaborata e replicata dal software – con timbro, cadenza, inflessione e accento identici all’originale – in telefonate fatte dai truffatori via computer. Al momento è impossibile dire se questo modus operandi sia stato adottato anche nel tentativo fallito a Bellinzona. Semmai, la polizia è orientata a ritenere che in generale i truffatori siano scaltri professionisti in grado di suscitare negli interlocutori uno stato di apprensione tale da impedire la distinzione di ciò che è reale da quanto è verosimile. Si chiama panico. Ed è proprio l’appello ‘Niente panico!’ a reggere la campagna di prevenzione nazionale contro la criminalità telefonica. Sottotitolo: ‘Shock + denaro = truffa’.