Dopo la presunta truffa assicurativa relativa a un principio d'incendio al San Giovanni, l’Eoc affiancherà sempre suoi specialisti a quelli esterni
Evitare il ripetersi di altre simili situazioni aumentando la vigilanza ed esigendo di venire costantemente aggiornati sull’evoluzione delle pratiche relative a sinistri. Con questo obiettivo l’Ente ospedaliero cantonale (Eoc) ha deciso di perfezionare l’approccio interno in caso di danneggiamenti infrastrutturali dovuti a incendi, allagamenti o eventi simili. Il ‘casus belli’ è la presunta truffa di vaste dimensioni su cui sta indagando a livello cantonale la procuratrice Chiara Borelli e che vede accusate a vario titolo una ventina di persone fra periti e impiegati di tre compagnie assicurative, liberi professionisti e i due co-titolari (fratelli) della Belfor Ticino con sede a Lumino, filiale del gruppo elvetico attivo nel ripristino post sinistri. Titolari tutt’oggi in stato di detenzione, dopo gli arresti scattati la scorsa primavera, mentre quasi tutti gli altri indagati sono stati scarcerati. Il coinvolgimento dell’Eoc come parte lesa è stato reso pubblico recentemente da un servizio del settimanale Falò della Rsi. Essersi costituito accusatore privato, non è la sola reazione avuta.
Belfor, ricordiamo, per ciascun intervento di ripristino in edifici pubblici e privati faceva capo alla manodopera messa a disposizione della società di lavoro temporaneo Sublimity diretta dagli stessi due fratelli indagati. Un ex dipendente di Sublimity ha spiegato a Falò che dopo il sinistro verificatosi il 30 gennaio 2017 nella cucina dell’ospedale San Giovanni di Bellinzona a causa di una pentola d’olio incendiatasi, «la bonifica sarebbe dovuta durare una settimana, mentre in realtà Sublimity è stata presente al San Giovanni anche durante i tre mesi successivi. Per intere settimane – ha sottolineato l’ex dipendente, la cui versione è corroborata da altre testimonianze sempre raccolte dalla Rsi – sono stati presenti all’ospedale 15 operai nel turno diurno e altri 15 in quello notturno». A suo dire «nei reparti vicini alla cucina c’era poco o nulla da risanare». Così – prosegue la testimonianza – lui e i suoi colleghi ingaggiati per quella mansione, per intere settimane hanno dovuto nascondersi, specie durante il turno notturno, per evitare di farsi scoprire a fare… nulla. Ad esempio, «abbiamo dovuto smontare il controsoffitto della cucina più volte, mentre ne sarebbe bastata una. In altri momenti sono stati impiegati 10/12 operai per pulire sei pannelli di controsoffitto impiegando 12 ore». Emerge pure che un operaio del turno notturno avrebbe lavorato realmente due sole notti nell’arco di due mesi di presenza nel nosocomio. «L’ordine impartitoci dal capo cantiere era di nasconderci e non farci vedere dal personale dell’ospedale». A tal punto, ha riferito Falò, che gli operai per far passare il tempo dormivano nei locali tecnici sdraiandosi sui tubi della ventilazione e usando stracci come cuscini.
Fattura finale? Ben 2,9 milioni di franchi a carico della compagnia assicurativa che ha proceduto con la liquidazione nel 2021. Mentre a carico dell’Eoc vi è stato il pagamento della franchigia pari a 300’000 franchi versati in tre tranches. Tutte le persone esterne all’Eoc che hanno gestito questo sinistro (questo e una lunga serie di altri capitati nel resto del cantone) risultano sotto inchiesta: ossia i due co-titolari di Belfor Ticino e Sublimity, l’ispettore sinistri della compagnia assicurativa cui fa capo Eoc e l’architetto esterno (con studio nel Locarnese) voluto e coinvolto da Belfor e dall’assicurazione come responsabile della direzione lavori e della stesura consuntivi.
Uno degli obiettivi dell’inchiesta penale è verificare se tutti gli interventi di ripristino eseguiti al San Giovanni fossero realmente necessari e quanto siano state gonfiate le fatture con opere mai eseguite. Interpellato dalla nostra redazione, il direttore dell’Eoc Glauco Martinetti evidenzia ad ogni modo che il principio d’incendio non si è rivelato affatto una bagatella: «Il rapporto d’intervento scritto dal comandante dei pompieri è chiaro: una piccola quantità di olio incendiatasi ha generato denso fumo che ha invaso in verticale più piani dell’ospedale, tra cui il reparto di medicina intensiva, evacuato completamente e interamente da bonificare, così come in orizzontale l’intera cucina e gli spazi limitrofi. In definitiva, uno spazio molto vasto».
L’ampiezza del danno e del conseguente intervento di ripristino è stata peraltro stabilita insieme all’Empa (Laboratorio federale di prova dei materiali e di ricerca attivo in seno ai due Politecnici federali) coinvolto dalle strutture sanitarie ogni qualvolta si tratti di verificare le conseguenze di un sinistro. Empa che nel caso specifico ha svolto delle campionature per stabilire cosa sostituire e fino a dove pulire, andando quindi oltre alla prima constatazione visiva. Ne è scaturita – ribadisce Glauco Martinetti – una volumetria molto ampia: «L’intervento risultava dunque importante e il nocciolo della questione è oggi capire se effettivamente fossero necessari tre mesi di lavoro o solo qualche settimana. Io non sono in grado di dirlo».
Sempre Martinetti spiega che il giorno dopo l’incendio il perito assicurativo ha organizzato un incontro sul posto con Belfor e l’architetto esterno. «Chi deve chiedere e valutare il preventivo? Noi come ente danneggiato o l’assicurazione? Oppure si rende necessaria una valutazione d’assieme? Ricordo che il rapporto di fiducia con gli assicuratori e i loro delegati rimane imprescindibile: di fatto sono loro gli esperti. Va anche detto che qualora il danno finanziariamente fosse risultato assai più limitato rispetto ai 2,9 milioni, avremmo comunque dovuto pagare la franchigia di 300mila franchi».
Una conseguenza negativa dell’intera vicenda – sottolinea il direttore Eoc – è che gli spazi rimasti inutilizzabili per due o tre mesi, in particolare talune camere raggiunte dal fumo e sfollate, avrebbero forse potuto essere riutilizzate prima. In definitiva, il presunto raggiro ai danni della compagnia assicurativa, ma con conseguenze negative anche per l’Eoc, «si è verificato essendo stato l’Eoc cortocircuitato». La domanda s’impone: l’Ente ospedaliero non poteva agire in modo più accorto? «In quel momento si era valutato positivamente l’intervento della ditta incaricata dall’assicurazione e coordinata da un architetto esterno, ma a conti fatti ci siamo resi conto che Belfor, architetto esterno e assicurazione premevano affinché l’Eoc non mettesse il naso», risponde Martinetti. In attesa che la giustizia faccia il suo corso, l’Eoc come detto ha nel frattempo adottato alcune contromisure: «In presenza di periti e specialisti esterni incaricati di gestire sinistri di questo genere, d’ora in poi a essi sarà sempre affiancato un nostro specialista, anche per fare in modo che la presenza di persone esterne nell’ospedale sia ben controllata».