Bellinzonese

Bellinzona, Mario Branda in corsa per la quarta legislatura

L'attuale sindaco ritiene di poter ancora dare una contributo allo sviluppo della Città. Una delle priorità: migliorare la conciliabilità lavoro-famiglia

‘Prestare la necessaria attenzione anche ai comuni periferici’
(Ti-Press)
11 settembre 2023
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Mario Branda ha deciso. In occasione delle prossime elezioni comunali del 14 aprile 2024 sarà in corsa per il Municipio di Bellinzona e quindi anche per riconfermare il sindacato: «Ho comunicato la mia disponibilità alla sezione del Partito socialista», afferma a ‘laRegione’. L’avvocato e già procuratore pubblico 63enne era stato eletto sindaco la prima volta nel 2012 e poi riconfermato ad aggregazione avvenuta nel 2017, così come nel 2021, dopo il ballottaggio con l’attuale vicesindaco Simone Gianini (Plr). Se riconfermato sarà per lui quindi la quarta legislatura alla guida del Comune. Legislatura durante la quale vorrebbe portare avanti il lavoro iniziato insieme ad altri attori. «Forse non riuscirò a vedere realizzati tutti i progetti nei quali la Città ha investito negli ultimi anni. Ma ritengo importante poter dare continuità agli impegni presi e cercare di fare sì che vengano concretizzati». Branda si riferisce ad esempio al Quartiere Officine, allo sviluppo ulteriore del polo biomedico, all’Ospedale regionale alla Saleggina o alla valorizzazione dei castelli. Senza però dimenticare gli altri quartieri per i quali pure erano stati assunti impegni al momento dell’aggregazione ai quali «la Città deve continuare a prestare la giusta attenzione».

Mario Branda, quali ragionamenti l’ha portata a ricandidarsi?

Nel 2017 insieme ai colleghi Bersani, Calastri, Guidotti e agli altri sindaci del Bellinzonese mi ero impegnato per il progetto aggregativo. È un processo impegnativo che non si è esaurito quell’anno ma che ha richiesto e continua a richiedere parecchia attenzione. Oggi sono abbastanza contento dello sviluppo che sta conoscendo, ma vi è ancora del lavoro e penso di potervi contribuire.

Negli ultimi anni è stato registrato un aumento degli abitanti: più residenti significa anche dover mettere a disposizione più servizi, come ad esempio scuole. L’infrastruttura scolastica può sopportare la costante crescita di famiglie e di allievi?

Stiamo pianificando ed elaborando gli interventi necessari per accompagnare l’evoluzione demografica. Una crescita, un po’ in controtendenza rispetto ad altri poli ticinesi, che pone anche delle sfide: penso in particolare alle scuole. Tra i principali temi dei prossimi dieci anni vi è comunque quello della conciliabilità tra lavoro e famiglia.

Come migliorarla?

Bellinzona vuole confermare la propria vocazione di città per le famiglie, puntando quindi, in generale, sui servizi: trasporti, sicurezza, mobilità lenta e, ovviamente, scuole e servizi extra-scolastici, asili nido. Si tratta di realizzare nuove strutture o ampliare sedi esistenti. Ad esempio nell’ambito della ristrutturazione delle Scuole Nord è ora anche previsto l’inserimento di un importante centro extrascolastico.

Il nuovo Quartiere Officine potrà aiutare in questo senso?

Anche in questo, certamente. Sono in effetti previsti spazi per le scuole dell’obbligo e altri per istituti universitari o comunque di terzo livello. Attraverso questo nuovo quartiere si vuole promuovere e dare concretezza alla Bellinzona ‘della formazione e della ricerca’ in particolare nel campo biomedico. Già oggi assistiamo a uno sviluppo molto interessante e vediamo giungere da noi ricercatrici e ricercatori di punta da ogni parte del mondo.

Ma quindi perché non inserire anche un ospedale nel futuro comparto?

In primo luogo perché non c’è spazio a sufficienza. Un nosocomio che guarda al futuro a lungo termine deve avere anche la possibilità, con il tempo, di svilupparsi e allargarsi: vediamo quello che sta succedendo oggi al San Giovanni. Non si dimentichi poi che nel Quartiere Officine diversi edifici sono protetti e non potranno essere toccati. In secondo luogo non possiamo dimenticare che l’accordo concluso con Ffs e Cantone prevedeva che nel quartiere avrebbero trovato posto anche edifici abitativi. È sulla base di questo accordo che viene realizzato il nuovo stabilimento di Castione e si è andati a votare nel 2019. È comunque importante che il Quartiere Officine sia un quartiere ad uso misto e, quindi, funzionante e vivo anche quando la sera, gli uffici e i laboratori chiudono o riducono la propria attività.

Quali altre sfide bisognerà affrontare?

Il cambiamento climatico e, come già detto, lo sviluppo demografico. Quindi sviluppo della mobilità lenta con i percorsi ciclopedonali e gli spazi pubblici, il tema del verde e della biodiversità, l’approvvigionamento energetico.

In ambito viario, il semisvincolo dovrebbe essere inaugurato a inizio 2025. Quali sono le aspettative e i timori concernenti questa importante svolta?

Faciliterà il collegamento da e verso sud con l’automobile. Permetterà inoltre di alleggerire il traffico di transito a Camorino e Giubiasco, migliorando la qualità di vita in questi due quartieri. Ma è anche una sfida: evidentemente il traffico si concentrerà lungo via Tatti e anche Monte Carasso e Carasso rischiano di risultare maggiormente sollecitati. In ogni caso vi è un altro grande progetto che potrà aiutare in questo senso: il terzo binario e la fermata del treno in Piazza Indipendenza. Sarà un po’ il nostro ‘tram-treno’. Pendolari e studenti potranno scendere in centro città e non avranno definitivamente più bisogno dell’automobile.

Cosa ha portato di positivo l’aggregazione?

Ritengo che in generale ha portato a un aumento dei servizi offerti. Ha inoltre permesso di realizzare progetti che verosimilmente gli ex Comuni non sarebbero stati in grado di sostenere o che avrebbe comportato un deperimento importante delle loro risorse. Un esempio? L’ex casa comunale di Moleno è in fase di ristrutturazione con un investimento di 700mila franchi, a beneficio dell’attività sociale del quartiere. Lo stesso si potrebbe dire per il policentro di Pianezzo.

Tuttavia a volte la percezione è che non si consideri a sufficienza i bisogni dei quartieri periferici, privilegiando i grandi progetti di Bellinzona.

È un rimprovero in parte normale e anche atteso dopo un’aggregazione; devo però dire che con l’ultimo giro di incontri con la popolazione dei quartieri, mi pare che la critica si è comunque affievolita. Abbiamo a ogni modo cercato in questi anni di distribuire investimenti e risorse su tutto il territorio. Per esempio con il trasporto pubblico: i bus circolano oggi con frequenze assai più importanti che in passato, servendo anche zone che prima erano escluse. Le mense scolastiche o i servizi extrascolastici sono migliorati. Sono inoltre state realizzate o rifatte piazze, strade e i servizi di raccolta e distribuzione dell’acqua sono migliorati, come la pulizia delle strade. Non dimentichiamo i servizi di telecomunicazione: oggi la fibra ottica arriva in quartieri e zone prima del tutto escluse; a breve arriverà perfino in cima alla Valle Morobbia. Alcuni poli ticinesi non l’hanno nemmeno nei loro centri. Si tratta, complessivamente, di investimenti milionari di cui, alla fine, beneficiano tutti. Questo non vuol dire, evidentemente, che tutto è a posto e sistemato: vi sono ancora diversi ambiti dove si può e si deve fare meglio.

I grandi progetti necessitano anche di risorse finanziarie. Negli ultimi due anni i bilanci consuntivi hanno registrato degli avanzi (nel 2022 di quasi 7 milioni). Bellinzona può quindi continuare a investire come previsto dal piano aggregativo (25 milioni netti all’anno)?

Bellinzona deve continuare a investire per affrontare le sfide dell’immediato futuro. È un grande impegno che spero trovi anche il necessario consenso politico, non scontato. In particolare bisogna anche affrontare il cambiamento climatico, promuovendo la biodiversità, la mobilità lenta, il trasporto pubblico ed energie sostenibili (un esempio è la centrale a biogas a Giubiasco).

Progetti che spesso vengono frenati da opposizioni e ricorsi…

È una stortura del nostro sistema democratico che va affrontata. Il Cantone è organizzato e funziona come se i Comuni ticinesi fossero ancora quelli di 50 anni fa. Alle volte ho l’impressione che il Cantone e i suoi diversi enti non si fidino o comunque non pensino che i Comuni sono in grado di fare bene il loro lavoro. Negli anni si sono moltiplicate le istanze di contestazione e di vigilanza (Costruzioni, Appalti, oltre che Enti locali) e le possibilità di ricorso sono quasi infinite. A Bellinzona il progetto di scuola elementare a Sementina è stato fermo per otto anni a causa di ricorsi a ogni livello. Dopo otto anni siamo stati costretti a rivedere il progetto causa rincari e modifiche della legge e a chiedere un credito suppletorio. La conseguenza è che ci ritroviamo di nuovo ai piedi della scala con il cantiere bloccato dall’ennesimo ricorso. Non è normale che qualsiasi ricorso produca un effetto sospensivo. Non è normale che quando si riesce a mettere d’accordo la politica e la popolazione, un singolo cittadino – magari neppure toccato direttamente dal progetto – possa bloccarlo ancora per anni. È sfiancante e alle volte demotivante. A mio modo di vedere si deve affrontare la questione se davvero si vuole parlare di ‘buon governo’ e di efficienza dell’azione pubblica locale.

La perequazione intercomunale (attraverso la quale i Comuni più ricchi sostengono quelli più poveri, secondo il principio di solidarietà) deve essere riformata, come auspica il sindaco di Lugano Michele Foletti?

Il meccanismo di solidarietà non può essere messo in discussione se non vogliamo dividere il Cantone. Le risorse fiscali cantonali – perché di questo si tratta – vanno condivise all’interno del suo territorio. Ci sono Comuni, che pagano molto, è vero, ma che ricevono anche tanto dal Cantone in termini di risorse materiali e morali, penso per esempio all’Università, alla Supsi o anche alla cultura. Se è vero che i Comuni riceventi, come Bellinzona, devono investire in modo virtuoso, ottimizzando le proprie risorse, è pure vero che sarebbe ingiusto penalizzarli ulteriormente, togliendo loro risorse che possono essere investite in servizi o nelle infrastrutture comunali. Faido, Biasca, ma anche Bellinzona, non avranno mai, per evidenti ragioni geotopografiche ma anche socio-economiche, le medesime possibilità e risorse fiscali che invece può generare un territorio come quello del Luganese. Neppure si dimentichi che i cittadini dei Comuni beneficiari del contributo di livellamento pagano in genere imposte più elevate (in media tra il 10 e il 30%, con un moltiplicatore che supera quasi sempre il 90%) dei cittadini dei Comuni paganti.

Moltiplicatore che oggi è fissato al 93%? Visti gli avanzi d’esercizio è pensabile una diminuzione?

Bellinzona è ancora in una fase di grandi investimenti in infrastrutture e servizi che sono prioritari. Non escludo una riduzione in un prossimo futuro, disponendo dei necessari margini.

Grandi investimenti come quelli per la valorizzazione dei castelli, un progetto di cui ormai si parla da diversi anni. Perché queste lungaggini?

Il fatto di essere patrimonio mondiale Unesco è motivo di orgoglio, ma implica anche il rispetto di molti vincoli. I castelli sono inoltre di proprietà del Cantone e sono molti gli Uffici di diversi Dipartimenti coinvolti, il che non facilita le cose. Stiamo per presentare un progetto importante (anche dal punto di vista finanziario) per certi aspetti rivoluzionario dal punto di vista della tecnica museale ed espositiva. Si renderanno accessibili parti della Fortezza che oggi non lo sono e verranno utilizzate tecnologie assolutamente innovative. D’altra parte si vuole fare in modo che i castelli non rimangano chiusi durante i lavori, ciò che a sua volta dal punto di vista organizzativo e gestionale rende la cosa più complessa.

Su che tipo di turismo vuole puntare Bellinzona? È stato detto che non si vuole attrarre le masse, ma facendo crescere l’interesse è possibile che arrivino anche i grandi gruppi organizzati. Non è così?

In Ticino non vogliamo masse di turisti che sono poi anche fonte di non pochi problemi come costatiamo in certi centri italiani o spagnoli. Vogliamo, anche a Bellinzona puntare su un turismo di qualità. Il progetto della Fortezza di Bellinzona va in questa direzione. Un problema è comunque l’insufficienza dei posti letto e di alberghi: in occasione di grandi eventi, come ad esempio la Festa della musica popolare, molti visitatori pernotteranno altrove e questo è un peccato.

Nella sua testa come vede Bellinzona tra 10-20 anni?

Vivibile, dove si circolerà ancora più facilmente a piedi e in bicicletta. Con una golena che sarà il vero parco dei bellinzonesi e con un grande giardino in centro, nel Quartiere Officine. Attorno avremo una piccola Silicon Valley della ricerca biomedica.

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