Truffe telefoniche, sei anziane raccontano l’esperienza vissuta nei giorni scorsi: a tutte sono stati chiesti 80/90mila franchi, oro e gioielli
«Pronto mamma? Sono io… Ho bisogno di aiuto… È successa una disgrazia: ho avuto un incidente in macchina e purtroppo ho ucciso una persona. Ho le gambe rotte e sono in polizia: c’è una cauzione da pagare di 80mila franchi, altrimenti mi tengono in prigione». La voce flebile e supplichevole lascia intuire spavento e sofferenza. Uno spavento che è altrettanto grande all’altro capo del telefono per chi come Luigina* (una pensionata di Lodrino il cui vero nome è noto alla redazione) quella telefonata l’ha ricevuta nei giorni scorsi. Lei come parecchi altri anziani della Riviera, dove in un battibaleno si è diffusa la voce sul fatto che fossero in corso vari tentativi di truffe del falso nipote, falso figlio, falso incidente.
Comprensibilmente, avendo due figlie, a Luigina è salita l’ansia nel sentire quelle parole pronunciate tutto d’un fiato: «Sei tu Cristina*? Hai una voce strana, non sembra la tua». All’altro capo del telefono la voce insiste: «Certo mamma sono io. Sto indossando la mascherina». Il botta e risposta prosegue: «Ma hai avvisato tuo marito o qualche amico? Loro cosa dicono?». «Sì, certo, sono anche venuti qui subito». «Me li puoi passare?». «Mattia* dallo spavento è svenuto ed è ancora privo di sensi. Sei l’unica che mi può aiutare». Luigina non sa bene cosa fare e spiega che una somma simile in casa non ce l’ha. «Dicono – insiste la voce al telefono – che vanno bene anche oro, gioielli, cose così». Oro? A quel punto il sospetto di essere vittima di un tentativo di truffa si fa forte. «E Marco*? Me lo puoi passare, visto che mi hai detto che è lì con te?». «Ora è occupato, sta parlando col brigadiere». Brigadiere? Un grado di sottufficiale che, come noto, la polizia ticinese non usa. Perciò, se è vero che due indizi fanno una prova, ecco il secondo scricchiolio in questa brutta storia, quello che dissipa tutti i dubbi nella testa di Luigina inducendola a interrompere la telefonata. Ancora scossa, chiama prima Cristina – quella vera – che però non risponde perché al lavoro; trova Marco che la tranquillizza: nessun incidente, nessuna persona uccisa e niente gambe rotte. Luigina tira un sospiro di sollievo e la giornata, fra un impegno e l’altro, può proseguire. Più tardi in paese incontra al bar alcune amiche, pensionate come lei. Scopre che anche loro hanno ricevuto telefonate simili.
Proprio quando la Polizia cantonale comunica l'avvenuto arresto di un polacco di 31 anni attivo nel Bellinzonese, la conferma che negli ultimi giorni a Lodrino vi sia stata una recrudescenza arriva in occasione di un pranzo per anziani. Dove sei presenti riferiscono alla nostra redazione di aver ricevuto telefonate simili: identici il modus operandi e le cifre chieste (sempre 80/90mila franchi o gioielli). «Sono arrivati a dirmi – ci racconta Maria* – che secondo mio figlio tenevo in casa delle sterline. Mi hanno anche chiesto la marca del mio orologio, aggiungendo che pure quello sarebbe andato bene, insieme ai gioielli». Ma com’è andata esattamente? «Rispondo al telefono e sento una voce cattiva, perentoria. “Sono Carla della polizia. Suo figlio ha fatto un incidente nel quale è morto un bambino. Lui si è rotto una gamba e sanguina dalla testa. La questione, adesso, è la cauzione da pagare affinché non vada in prigione: 90mila franchi”. È a quel punto che mi hanno chiesto sterline o gioielli, o di andare in banca a prelevare. Ho appeso e chiamato mio figlio che ha risposto da casa: stava facendo telelavoro. Poi ho raccontato tutto alla polizia: più tardi sono arrivati due agenti per rassicurarmi e raccogliere più dettagli possibili sulla telefonata». Ciò che lascia perplessa Maria è anche la quantità di informazioni che i malintenzionati sembrano disporre: «Sapevano tante cose di me, a cominciare dal fatto che avessi un figlio. Secondo me hanno degli informatori sul posto. E infatti qualche tempo fa nella zona era già stata notata una donna che si aggirava con fare sospetto».
Marta* racconta che si trovava dalla parrucchiera quando una cliente entrando ha giustificato il ritardo col fatto di aver ricevuto una telefonata in cui la si informava che una sua nipote era stata ricoverata dopo un incidente. Ha appeso e contattato il figlio, che l’ha tranquillizzata. Il tempo di rincasare e pure Marta ha ricevuto la medesima telefonata con numero nascosto: stessa dinamica e stessa indicazione del figlio ricoverato con una gamba rotta: «Quello che non sapevano è che mio figlio è morto tre anni fa». Dopodiché con i suoi parenti ha avvisato la polizia. Quindi Silvana*: «La voce era quella di una ragazzina, ansimante proprio come mia nipote dopo una corsa. Parlava in modo concitato: “Nonna abbiamo avuto un incidente a Bellinzona, l’auto è distrutta, papà ha investito una bambina uccidendola e lui si è rotto una gamba. Ora è in polizia”. Lo spavento è stato grande. Balbettavo. Allora mio marito ha preso il telefono e chiesto spiegazioni: “Dov’è successo? Quale polizia è intervenuta?”. A quelle domande sono stati loro a interrompere la comunicazione».
Quanto all’arresto del 31enne polacco, Ministero pubblico e Polizia cantonale spiegano che è sospettato di aver preso parte a numerose truffe del falso nipote nel Sopraceneri. Il modus operandi ricalca quello già segnalato a più riprese in passato nelle sue numerose varianti. Facendo leva sullo scarso tempo a disposizione (poche ore vista la serietà della situazione), viene messa pressione sulla vittima e la spronano a consegnare subito il denaro a disposizione o gli averi custoditi in casa. “All’arresto – specificano gli inquirenti – si è giunti grazie all’attività investigativa messa in atto dalla Polizia cantonale, col supporto tecnico della Polizia comunale di Bellinzona, dopo che era stato registrato un importante aumento delle truffe tra l’inizio del mese di giugno e i primi giorni di luglio”. Le informazioni via via raccolte hanno così permesso di risalire al 31enne il cui fermo è stato effettuato il 6 luglio nel Canton Berna, con la collaborazione della polizia di quel cantone. La perquisizione dell’auto su cui viaggiava ha anche portato al ritrovamento di probabile refurtiva. L’ipotesi di reato a suo carico è di ripetuta truffa aggravata. L’inchiesta è coordinata dalla procuratrice pubblica Chiara Buzzi. Le segnalazioni di recenti tentativi giunte alla Centrale comune di allarme della PolTi sono svariate decine, specifica a ‘laRegione’ il Servizio comunicazione, media e prevenzione aggiungendo che da gennaio a giugno sono già stati effettuati nove arresti.