Dopo 22 anni il naturopata torna in tribunale: 15 mesi sospesi per un massaggio con fini sessuali a una giovane gravemente malata
Nel Quartiere Sagittario di Giubiasco durante gli anni 90 aveva creato la propria fortuna. Uno stuolo di pazienti si affidava alle sue doti di naturopata, autorizzato dal Cantone, fino a quando sei di esse lo avevano denunciato segnalando un approccio più di natura sessuale che altro. Finito a processo, era stato condannato nel dicembre 2000 a 18 mesi, sospesi per cinque anni, per coazione sessuale e sfruttamento dello stato di bisogno. «Persi tutto: moglie, lavoro, studio», ha raccontato stamane l’ormai 64enne al giudice delle Assise correzionali di Bellinzona, Marco Villa, che lo ha nuovamente condannato – questa volta per il solo sfruttamento dello stato di bisogno – a 15 mesi sospesi per quattro anni di prova.
Vittima nella mansarda di casa, non più a Giubiasco ma in un altro quartiere di Bellinzona, un’allieva di scuola della sua compagna di vita. Una giovane maggiorenne, affetta da grave malattia, che il sedicente guaritore – reo confesso – aveva indotto a credere nei benefici dei propri massaggi. È bastato il primo e unico trattamento praticatole nel marzo di un anno fa, per indurla a denunciarlo. Con l’arresto scattato in maggio e protrattosi per 41 giorni, è arrivata anche la decisione cantonale di sospenderlo dalla professione cui si dedicava fra le mura domestiche accogliendo più pazienti donne. Le quali dovranno ora far a meno di lui, non essendosi opposto alla sospensione cantonale (ciò che ha rafforzato il sentimento di sincero pentimento agli occhi del giudice, il quale ha così ridotto di tre mesi la pena proposta dall’accusa) e avendo garantito di voler rispettare gli ordini impartitigli.
Avendo il presidente della Corte escluso il reato di coazione sessuale – opzione inserita nell’atto d’accusa dalla procuratrice Chiara Buzzi – l’imputato ha peraltro schivato l’espulsione penale prospettatagli essendo cittadino italiano, qui domiciliato dal 1972. Il giudice ha però applicato alcuni vincoli assenti nella condanna pronunciata ormai 22 anni fa: dapprima l’obbligo di proseguire la psicoterapia subito avviata dopo la scarcerazione, poi un’assistenza riabilitativa da parte dell’Ufficio del patronato che dovrà emettere rapporti regolari sull’evoluzione del disturbo; quindi il divieto penale di lavorare per quattro anni come terapista naturale. Se disubbidirà, l’autorità di esecuzione delle pene potrebbe revocare la condizionale e incarcerarlo. Condizioni che il 64enne ha dichiarato di voler rispettare, rinunciando anche a ricorrere in Appello.
Sulla configurazione del reato, il giudice Villa ha parlato di colpa grave avendo il 64enne – ora orientato a vivere della propria pensione e di un’occupazione a tempo parziale come informatore medico e consulente senza contatti con pazienti – violato la fiducia che la giovane aveva riposto in lui: «Tuttavia la pressione psicologica esercitata facendole credere che avrebbe ottenuto dei benefici, non si è rivelata così estrema da ritenere che ci sia stata coazione sessuale». Dall’atto d’accusa emerge che l’uomo ha esercitato su di lei – emotivamente provata anche da problemi familiari – pressioni psicologiche per diversi mesi; fino a farle credere, contrariamente al vero, di avere conoscenze mediche sulla malattia invalidante di cui soffre e che le terapie alternative da lui praticate a diverse pazienti potevano darle dei benefici, in particolare grazie a un massaggio da lui denominato ‘massevo’. Con pretestuose giustificazioni di ordine diagnostico e terapeutico l’ha quindi attirata a casa sua, facendole credere contrariamente al vero che la propria compagna fosse presente, e le ha proposto un massaggio alla schiena indicandole di spogliarsi completamente. Lei si è rifiutata restando in mutande. Poi durante il trattamento con toni perentori l’ha obbligata a subire palpeggiamenti anche sopra le parti intime, nonostante la riluttanza della giovane bloccatasi dalla paura.
La perizia psichiatrica ha ravvisato immaturità e un disturbo narcisistico, ma non una scemata imputabilità: «Sin dalla prima inchiesta degli anni 90 non ha mai lavorato seriamente sul suo problema. E nonostante anche suoi colleghi lo avessero reso attento, aveva sospeso il trattamento psicologico in quel momento non obbligatorio», ha sottolineato la procuratrice Buzzi parlando di persona «inappagata sessualmente che ha visto nella giovane malata una vittima perfetta da abbindolare con ottime doti oratorie, millantando capacità mediche che non ha e offrendole massaggi gratuiti. Lui stesso ha infine dovuto ammettere che quella seduta non aveva nulla di terapeutico». L’avvocato difensore Marco Cocchi, chiedendo una pena massima di 12 mesi con la condizionale, ha rimarcato l’assenza di coazione sessuale: «La giovane non è stata attirata in casa con l’inganno ed era libera di rifiutarsi e di sospendere il trattamento in ogni momento. Il suo racconto è diverso da quello fornito da altre pazienti che hanno avuto con lui rapporti più intensi, tramite massaggi tantrici, senza mai sentirsi vittime».
Di parere opposto l’avvocata Rosangela Locatelli, rappresentante legale della vittima: «Mi chiedo se l’imputato abbia veramente compreso la gravità del suo agire. La psicoterapia obbligatoria lo aiuti finalmente a capire ciò che non è. E che non bisogna raccontare frottole alle persone fragili». Dal canto suo il 64enne si è detto «distrutto e dispiaciuto di aver causato dolore». Chiedendo perdono, ha aggiunto di voler fare una donazione – come chiesto dalla giovane stessa – all’associazione che sostiene le persone affette dalla sua malattia. L’imputato ha pure indicato la volontà di pubblicare un libro autobiografico. Con due condanne sul groppone, ne ha da raccontare.