Inchiesta sui due 14enni varesini morti sopra Ghirone: gli accompagnatori respingono le accuse riguardo alla scelta del sentiero impervio non ufficiale
C’è ora un’ipotesi di reato per l’incidente mortale verificatosi domenica 4 settembre appena sotto la capanna Scaletta in alta Val di Blenio e costato la vita a due 14enni varesini membri della Virtus Bisuschio con la quale stavano svolgendo a Campo Blenio uno stage di allenamento della durata di alcuni giorni in vista della ripresa del campionato di calcio. La procuratrice pubblica Anna Fumagalli, titolare dell’inchiesta, sta infatti indagando per omicidio colposo nei confronti di una parte dei monitori e accompagnatori del gruppo sportivo italiano formato da una ventina fra minorenni e maggiorenni. Ipotesi di reato da ricondurre a un presunto comportamento negligente di chi, quella mattina, era responsabile della gita in montagna conclusasi in modo tragico. Negligenza che potrebbe aver cagionato la morte dei due ragazzi. Gli inquirenti dovranno verificare se gli elementi sin qui raccolti, e quelli che l’istruttoria permetterà di raccogliere, configurano gli estremi per una promozione dell’accusa o conducono a un abbandono del procedimento.
Nel frattempo gli accompagnatori e monitori che avevano organizzato l’escursione, e che si trovavano insieme ai due coetanei deceduti, sono stati sentiti una prima volta dagli inquirenti. Respingono ogni reato ipotizzato a loro carico. L’omicidio colposo viene prospettato con riferimento a quanto accaduto nel tratto di percorso prima della sciagura: quel tragitto impervio, non ufficiale, dal quale i due giovani sono precipitati. Un sentiero frutto di una libera scelta del gruppo composto di minorenni e maggiorenni, probabilmente privi di calzature idonee. Anche per questo motivo la maggior parte del gruppo, di fronte alla necessità di raggiungere il sottostante posteggio di Pian Geirett e quindi la Casa Cristallina di Campo Blenio in tempo per il pranzo, aveva comunque optato per il sentiero ufficiale, meno impervio, più lungo e che richiede mezz’ora di cammino aggiuntivo. Una decisione saggia se si considera, anche, che quella domenica il terreno era molto umido a seguito della pioggia caduta fino al giorno prima.
Al momento gli unici imputati sono dunque alcuni degli accompagnatori e monitori, tutti cittadini italiani. Raccolta inoltre a verbale la testimonianza della donna del Mendrisiotto il cui figlio pure 14enne, sentite delle urla, aveva subito lasciato la zona della capanna per raggiungere il punto dell’incidente intenzionato a verificare cosa fosse successo ed eventualmente a portare soccorso. Munito di scarponi e buon conoscitore della zona essendone un assiduo frequentatore, era a sua volta caduto procurandosi ferite gravissime che hanno comportato una lunga ospedalizzazione. Sempre dalle testimonianze emerge che la madre avrebbe ripetutamente cercato di rendere attenta la comitiva, in prossimità della capanna, sul rischio che andava incontro qualora avesse deciso di scendere lungo il sentiero non ufficiale. Un avvertimento che i monitori sostengono invece di non aver ricevuto o sentito. La dinamica della sciagura sembra al momento abbastanza chiara, sebbene come detto più elementi siano ancora da accertare. Il primo 14enne è scivolato – i testimoni sostengono che non sia inciampato ma proprio scivolato – precipitando così rovinosamente per un centinaio di metri. Quasi subito, nella caduta, ha travolto e portato con sé uno dei compagni che si trovava poco più sotto. Il primo è deceduto sul posto, il secondo dopo cinque giorni. Vane le cure prestategli nel reparto di cure intense dell’ospedale Civico di Lugano.
Tornando all’eventuale responsabilità penale dei monitori e accompagnatori, un punto da chiarire è se l’escursione di quella domenica mattina rientrasse o meno nei programmi del soggiorno incentrato su attività sportive e di gioco nella zona di Campo Blenio e Ghirone. Più partecipanti erano in effetti sprovvisti di scarponcini. Diversa la versione fornita il 6 settembre a ‘laRegione’ dall’avvocato varesino Maurizio Montalbetti, patrocinatore della polisportiva. Il legale ha riferito che «non era la prima volta che la società organizzava una gita in quel posto, conosciuto bene dai responsabili del soggiorno, e senza che si sia mai verificato alcun incidente, anche passando lungo il sentiero non ufficiale». Da notare che l’ascesa, alcune ore prima, era stata effettuata tutti insieme lungo il sentiero ufficiale, scelto dalla maggior parte del gruppo anche per il rientro. L’altro percorso, ha aggiunto l’avvocato al nostro giornale assicurando peraltro che non vi fosse fretta di raggiungere la Casa Cristallina per il pranzo, «non è forse una via ufficiale, ma sicuramente non è un percorso che si sono inventati i monitori della Virtus Bisuschio. La pericolosità non va valutata sull’esito dell’evento nefasto che c’è stato, ma a priori. Ripeto: era un percorso noto ai responsabili del gruppo, e non sono partiti all’avventura. Credo che questo sia un punto centrale».