Bellinzonese

Chiesa invasa dall’acqua: ‘Il lato politico di una mostra’

Il pastore della Chiesa evangelica riformata di Bellinzona spiega il perché dell’iniziativa attualmente in corso

Il pastore Stefano D’Archino fra i pannelli espositivi
(Ti-Press/Crinari)
6 febbraio 2022
|

Una mostra in chiesa. Ci si aspetterebbe presepi o immagini sacre o lavoretti dei bambini che frequentano il catechismo. Invece quella esposta fino al 12 febbraio nella Chiesa evangelica riformata di viale Franscini 1 a Bellinzona è acqua, intesa come diritto umano. Non sempre e non ovunque garantito. «L’acqua è onnipresente nella vita di ogni persona come bene vitale, come fiume o come pioggia, come merce ma anche come simbolo religioso», premette il pastore Stefano D’Archino. Eppure – prosegue andando al nocciolo della questione, che porta con sé anche una rilevanza politica – in molti luoghi del mondo avere acqua potabile dal rubinetto non è cosa ovvia, come non lo sono servizi igienici adeguati. Ispirata dal progetto canadese Blue Community e realizzata da varie Chiese evangeliche riformate fra cui appunto quella ticinese seguendo il filone di progetti denominato ‘Pace, giustizia e salvaguardia del Creato’, la mostra con degli esempi vuol far scoprire quanta acqua si consumi, come questo influenzi le disponibilità idriche in altre parti del mondo e come sia possibile farne un uso sostenibile.

Stefano D’Archino, pastore della Chiesa evangelica riformata di Bellinzona e dintorni, formatosi in matematica, un passato professionale in informatica, poi laureatosi anche in teologia e dal 2002 al 2018 pastore in Bregaglia. Perché allestire in chiesa una mostra dalla valenza anche politica?

«L’impegno delle chiese cristiane per l’ambiente è decennale, possiamo ricordare ad esempio l’incontro delle chiese europee di Basilea nel 1989 che aveva come titolo ‘Pace, giustizia e salvaguardia del Creato’. Già da allora si collegavano questi temi, sapendo che i disastri ecologici colpiscono di più le persone e le popolazioni povere». Sono trascorsi tre decenni – annota D’Archino – e nel frattempo l’emergenza climatica, nota da tempo in ambito scientifico, «è balzata in cima alle preoccupazioni sull’ambiente a livello globale. Anche su questo tema molte sono state e sono le iniziative delle chiese, che se ne occupano anche con agenzie da loro appositamente create. Anche il nostro sinodo della Chiesa evangelica riformata del Ticino, co-organizzatrice della mostra, ha preso posizione per impegnarsi a contrastare e limitare i danni del cambiamento climatico».

L’acqua è uno degli elementi minacciati dall’uomo: il vostro è più un appello alla collettività, ma se il singolo è sordo l’esercizio non rischia di essere impossibile?

«Vero, abbiamo qui la presentazione di un solo aspetto del problema della gestione delle risorse del nostro pianeta. Come cristiani ringraziamo il Signore dell’abbondanza delle risorse per tutta l’umanità, riconosciamo i nostri errori di spreco e pensiamo che insieme a tutte le persone responsabili si possa fare la differenza, come anche già in passato si è intervenuti con successo, ad esempio, nella riduzione del buco dell’ozono».

Ci sono varie prese di posizione nella mostra, ad esempio quella che promuove l’impegno contro la privatizzazione dell’acqua. Non temete critiche?

«Sappiamo che le chiese vengono raggiunte da critiche per il loro impegno nella società. Ad esempio c’è chi sostiene che molti e altri sono i problemi urgenti del mondo che le chiese dovrebbero trattare. Le chiese riconoscono ovviamente che ci sono grandi e complessi problemi in tutto il mondo, tuttavia parlare dei temi ecologici non solo non impedisce loro di trattare anche altri argomenti, ma anzi dà visione della interdipendenza di problemi e situazioni, che impattano in Svizzera e nel mondo sulle persone più fragili».

Una parte della società addita le chiese come moraliste, incapaci di approfondire le questioni e fare qualcosa di meglio e concreto. Cosa risponde?

«Le chiese riconoscono di essere dinanzi a problemi molto complessi, che devono ben poggiare sui dati prodotti dalla comunità scientifica, e si attivano a tutti i livelli per una gestione sostenibile delle loro risorse, anche se si potrà sempre far meglio. Le chiese però non possono tacere quando si parla di etica, giustizia e vita. Infatti, quando siamo criticati da chi sostiene che le chiese non dovrebbero schierarsi politicamente, non possiamo che rispondere che è nella tradizione cristiana avere una sensibilità etica e quindi parlare e intervenire quando si vedono problemi che minano la vita e il futuro di popoli e persone, come fanno appunto i problemi ecologici e climatici».

L’azione delle chiese è allora sempre politica in senso lato?

«Sì, come cura della polis, della città umana. A volte le chiese si ritrovano schierate su posizioni sostenute anche da alcuni gruppi politici, ma mantengono la loro indipendenza di giudizio, di critica e di azione da ogni partito politico. Non hanno interessi partitici, e pur fra errori cercano una strada di giustizia nel mondo contemporaneo».