Dopo il ritiro del ricorso privato e l'ok della Sezione enti locali, le disposizioni entreranno in vigore retroattivamente al gennaio 2020
Dopo la Sezione cantonale degli enti locali, espressasi favorevolmente il 12 gennaio, anche la Curia vescovile ha ora dato il proprio “incondizionato beneplacito” alla nuova convenzione che regola i rapporti finanziari fra la Città di Bellinzona aggregata e le varie Parrocchie presenti nei 13 ex Comuni (nonché la Chiesa evangelica riformata. Lo comunica il gruppo di lavoro rimarcando di aver “sempre operato con trasparenza sia con le Parrocchie sia con il Municipio” e ritenendo il risultato ottenuto come “la dimostrazione che il dialogo, la lealtà, la tolleranza, il reciproco rispetto sono le basi sulle quali è possibile perseguire il bene comune”. Una frase sibillina da cui traspare, fra le righe, una certa amarezza per l'iter conosciuto dalla convenzione, caratterizzato dal ricorso interposto da un cittadino di Bellinzona contro l'avallo nell'ottobre 2019 da parte del Consiglio comunale. Ricorso molto severo nel quale il ricorrente (un funzionario del Cantone) accusava di giacobinismo gli artefici della convenzione, ossia il gruppo di lavoro formato da rappresentanti della Città (sindaco) e delle Parrocchie. Punto focale della critica, il fatto che in base all'accordo trovato i 253'500 franchi che saranno versati annualmente dal Comune alle Parrocchie (di cui 15'000 alla Cer) non potranno essere destinati alla congrua dei parroci, ossia la parte di salario relativa alle attività pastorali, parrocchiali e religiose svolte dai preti. In pratica metà della cifra potrà finanziare l'insegnamento religioso nelle scuole (cifra variabile di anno in anno a dipendenza delle unità didattiche) e l'altra metà (a sua volta variabile a dipendenza delle unità didattiche) essere usata per attività di tipo sociale e culturale. Contrario il ricorrente, secondo cui la Città avrebbe dovuto invece dar prova di maggiore generosità. Ma alla fine lo stesso ricorrente ha cambiato domicilio perdendo il diritto di proseguire l'ter ricorsuale, decidendo poi ‘motu proprio’ anche di ritirare il ricorso lo scorso novembre. “Questa decisione – annota il gruppo di lavoro – è la dimostrazione dell’infondatezza delle argomentazioni impugnate da chi è stato all’origine della contestazione”.
Già, ma chi ha originato veramente la contestazione? La 'Regione' ha recentemente scoperto e pubblicato che qualcuno in Curia ha sostenuto il ricorso durante la procedura (forse sin dall'inizio). Tuttavia quel qualcuno, stando a quanto ci è dato sapere, non è il vescovo Valerio Lazzeri. Una questione a cavallo fra diritto canonico, diritto civile e diritti costituzionali nella quale qualcuno in Curia, intervenendo nella diatriba ufficialmente su invito del ricorrente, si era anche dichiarato pronto a sostituirsi d’imperio alle parrocchie con l’obiettivo di definire con la capitale una nuova convenzione. È in questa fase (autunno 2020) che l’amministrazione cittadina si è accorta dell’avvenuto cambiamento di domicilio del ricorrente, invocando così la necessità di annullare il ricorso. Tuttavia 13 delle 16 Parrocchie, assistite dall’avvocato Stefano Manetti, si sono opposte allo stralcio del ricorso: credendo nella necessità di aggiornare la giurisprudenza in materia, hanno ravvisato nell'agire della Curia (una parte della Curia) una grave prevaricazione dei diritti e la violazione dell’autonomia parrocchiale. Il ricorso delle 13 Parrocchie verte anche sulle spese riconosciute dal Servizio ricorsi del Consiglio di Stato al loro legale, pari a soli 300 franchi a fronte di un lavoro che il patrocinatore calcola invece in 15mila franchi. Se questa richiesta dovesse venire accolta dal governo, l'ex ricorrente (o parte della Curia) rischia di dover pagare una fattura salatissima. In caso contrario, il legale dovrà rifarsi sulle Parrocchie.