Bellinzona: dopo il geografo Torricelli, che sollecita una dibattito sul tema, anche il verde Ronnie David critica i contenuti e teme la speculazione edilizia
«Tattica cerchiobottista, incapacità o non volontà di promuovere una progettualità d’assieme e rischio di subire la speculazione edilizia». Sono diverse le criticità che il consigliere comunale dei Verdi Ronnie David suggerisce chinandosi sul progetto ‘Porta del Ticino’ scelto dalla commissione d’esperti per ridisegnare il comparto delle Officine Ffs di Bellinzona secondo il modello di Smart City voluto dalle autorità comunali nell’ambito del Mandato di studio in parallelo. L’intero mandato con i cinque lavori presentati da altrettanti team interdisciplinari è attualmente esposto in piazza del Sole: tutti gli interessati possono prendere visione di come lo storico comparto industriale potrebbe cambiare pelle nei prossimi 20-40 anni passando dapprima attraverso una variante di Piano regolatore che dovrà inserire i nuovi previsi contenuti abitativi (circa 2’500 abitanti), commerciali, scolastici, formativi, tecnologici, nonché di svago, relax, cultura e aggregazione. Tanto, forse troppo? «Nel giro di poche settimane – attacca Ronnie David, molto profilato nel contestare il trasferimento delle Officine a Castione promosso dalle Ferrovie con l’aiuto finanziario di Città e Cantone pari a 120 milioni di franchi in cambio di metà comparto cittadino – il Municipio ha presentato due importanti progetti strategici che sono destinati a cambiare radicalmente la Città, il suo territorio e la modalità di viverlo per i prossimi decenni. Progetti presentati alla popolazione in maniera innovativa, spettacolare e scenografica, nella cornice del Teatro sociale per il Programma d’azione comunale (Pac) e al centro della piazza del Sole per il Masterplan relativo al cosiddetto nuovo Quartiere Officine».
Uno sforzo orientato alla trasparenza e al coinvolgimento che però non convince tutti: «Infatti – osserva David – il Municipio ha scelto di affidarsi al marketing e alla sua forza per creare il consenso rispetto a questi progetti presso la popolazione. Mi chiedo se questo grande sforzo sia una semplice scelta di comunicazione oppure un tentativo di nascondere le ‘magagne’ degli stessi». Un’azione proattiva forse orientata a ‘intortare’ l’opinione pubblica? «Il tempo lo dirà», risponde David: «Sul Pac ci sarà tempo e modo di esprimersi anche perché è previsto un voto, seppur unicamente consultivo, a livello di Consiglio comunale. Tuttavia, sin d’ora salta all’occhio un denominatore comune tra i due progetti: la mancanza di una progettualità d’insieme tra i vari comparti della città. Compartimenti stagni legati tra loro da politiche chiaramente sullo stile di un colpo al cerchio e un colpo alla botte, per non scontentare nessuno».
Sul comparto officine il geografo e professore dell’Accademia di architettura Gian Paolo Torricelli, coordinatore dell’Osservatorio dello sviluppo territoriale chiamato a fornire supporto scientifico al Dipartimento del territorio, intervistato il 27 ottobre dalla ‘Regione’ caldeggia l’avvio di un dibattito pubblico ritenendo preoccupante lo scenario indicato dal progetto prescelto e soprattutto dal mandato affidatogli. David condivide lo scetticismo ma ritiene lo spazio per un dibattito democratico «davvero scarso, dato che a decidere le sorti di quei sedimi saranno Comune, Cantone e Ffs con diritti di veto incrociati. Se qualcuno di questi attori reputasse che gli indici di sfruttamento non fossero sufficienti per appagare il loro appetito, potrebbe far saltare il banco. Era quindi evidente sin dalle premesse che l’operazione dovesse prevedere uno sfruttamento estremo del territorio, affinché le Ffs potessero autofinanziare lo smantellamento e trasferimento di una parte degli impieghi a Castione». Chi si mettesse di traverso con opposizioni e ricorsi alla variante di Piano regolatore, rischierebbe dunque d’innescare una rinuncia a catena degli attori coinvolti? Lo diranno i fatti.
David sposta poi le riflessioni sull’aspetto demografico: «L’inserimento di palazzine di 7 piani porterà fino a 2’500 abitanti» nell’arco di un ventennio. «Ma a Bellinzona è davvero quello che serve? Come evidenziato molto bene da Gian Paolo Torricelli, in un periodo storico in cui la decrescita della popolazione è evidente così come l’aumento dello sfitto, non ha senso spingere ancora sullo sviluppo di unità abitative in questa misura». I Verdi da tempo suonano l’allarme sullo sfitto ritenendo la quota troppo elevata per Bellinzona, mentre dal canto suo il Municipio l’ha sin qui considerata confacente a un sano mercato immobiliare: «Ma il più recente aggiornamento fornito dalla Confederazione – rincara la dose David – indica un tasso per la città salito addirittura al 3,61% a seguito dell’arrivo di svariate decine di nuovi appartamenti». La domanda però è d’obbligo: creare un’offerta abitativa moderna e competitiva sul piano cantonale e nazionale, potenziandola ulteriormente con l’avvento del nuovo Quartiere Officine nel quale una parte degli appartamenti di competenza Ffs sarà a pigione moderata, non aiuterebbe invece Bellinzona a staccarsi dall’immagine di ‘paesone’ per diventare finalmente una città proiettata verso il futuro? «I trend demografici sono abbastanza chiari e in una prospettiva di 10-20 anni indicano che in tutta Europa è da mettere in conto una decrescita della popolazione, già percepita in Ticino e che indica scenari clamorosi nella vicina Italia».
Il timore in casa ambientalista, tornando alla crescita edificatoria, «è che le conseguenze di questa operazione si abbatteranno inevitabilmente sulle periferie (intese come zone periferiche della Città ma anche delle regioni limitrofe) dove diventerà sempre più difficile occupare le costruzioni già esistenti e più datate, con il rischio di una regione a due velocità». Ne scaturirebbero «da una parte un centro dinamico e benestante, dall’altra una periferia, e penso anche alle nostre valli, con pigioni più basse dove si potrebbero a breve concentrare le persone con situazioni sociali ed economiche più delicate». In definitiva «l’attuale costruito di Bellinzona va modernizzato ed è più che sufficiente per soddisfare l’esigenza di alloggio di un comparto Officine i cui contenuti di ricerca, studio, formazione, lavoro, tecnologia, socializzazione e relax vanno sicuramente promossi e sostenuti».
Le conseguenze della strategia voluta da Città, Cantone e Ffs – teme Ronnie David – saranno evidenti anche per i piccoli e medi proprietari locali, i quali di fronte a un’ulteriore entrata sul mercato massiccia di un’enorme quantità di spazi residenziali vedranno ridotto considerevolmente il valore dei loro immobili: «Tutto questo però il marketing del Municipio, con gli spettacolari tetti dipinti di verde per far credere che si tratti di un’operazione sostenibile, non lo dice. Un’operazione su cui vale la pena riflettere e che risulta ovviamente sostenibile, dal profilo economico, per le Ffs che si pagano lo smantellamento delle officine con denaro pubblico e speculazione immobiliare». Per contro, molti bellinzonesi potrebbero ragionare in senso opposto, vedendo nell’atteggiamento delle Ferrovie più un’opportunità da cogliere per lo sviluppo della Città del futuro, anziché una speculazione immobiliare. Ronnie David invita dal canto suo a tenere bene aperti gli occhi: «Sin da piccolo i miei genitori mi hanno insegnato dal diffidare da ciò che luccica troppo. Da offerte troppo allettanti. Dal desiderio indotto di possedere qualche cosa di cui non ho realmente bisogno. In effetti, chissà quanti bellinzonesi si faranno ammaliare dal marketing municipale e da questa ‘offerta che non potranno rifiutare’».