Questa mattina sindacati e direzione dell'azienda di Biasca sono giunti a un accordo che prevede in particolare una buonuscita per i 18 operai licenziati
Questa mattina Unia e Ocst hanno raggiunto un accordo con la direzione della Riganti di Biasca in merito ai contenuti del piano sociale che andrà al beneficio dei 18 operai licenziati a causa dell'annunciata chiusura dell'azienda operante nel settore della metallurgia. Dopo la conferma della cessazione dell'attività da parte dei vertici della ditta durante l'incontro di inizio luglio, a seguito dell'accordo raggiunto oggi i sindacati vedono il bicchiere mezzo pieno. «Siamo relativamente soddisfatti rispetto ai contenuti, che ricalcano quelli che erano i desideri dei lavoratori», afferma alla 'Regione' Igor Cima, sindacalista di Unia il quale reputa positivo l'importo complessivo di quasi 180mila franchi messo a disposizione dall'azienda quale fondo per la buonuscita a favore dei dipendenti (di cui metà residenti nelle Tre Valli e l'altra metà frontalieri). «Per loro - continua Cima - è prevista un'indennità fissa e una variabile in funzione di età, anni di servizio, numero di figli o altre persone a carico»
L'azienda rimarrà operativa almeno fino a fine ottobre, continuando a impiegare la maggior parte dei dipendenti. Nel mese di novembre sarà quindi versato a ciascuno di loro l'importo definito dal piano sociale. Piano sociale che, oltre al rispetto dei termini contrattuali, prevede anche un supporto agli operai nel cercare un nuovo posto di lavoro. «In un contesto comunque negativo, poiché parliamo purtroppo della chiusura di un'azienda - conclude Cima -, c'è relativo appagamento per questo accordo: le discussioni erano infatti cominciate su posizioni piuttosto lontane, ma poi, nel corso delle settimane, ci si è avvicinati».
Il gruppo industriale Riganti, basato nel Varesotto, nel 2017 aveva rilevato l'allora Smb di Biasca che, in forti difficoltà, aveva licenziato 41 dipendenti di cui la metà riassunti. I motivi dell'annunciata chiusura considerano da una parte i massicci investimenti, nell'ordine di 7 milioni di franchi, effettuati per aggiornare i dispositivi di sicurezza e rinnovare l'impianto di produzione nel campo della metallurgia pesante (stampati per turbine); dall'altra la difficoltà a fare breccia in un mercato vieppiù orientatosi verso regioni del mondo (Cina e India) dove manodopera e materie prime costano meno. Quadro generale - lamentavano i sindacati - che tuttavia doveva essere ben noto al gruppo lombardo, non certo di primo pelo, al momento di acquisire una Smb che a sua volta aveva chiuso per difficoltà analoghe alle attuali.