Al termovalorizzatore di Giubiasco implementato il piano anti pandemico per la gestione dei sacchi e la sicurezza degli operatori
Rallenta il Ticino che produce e parallelamente cala il volume di rifiuti diretti al termovalorizzatore di Giubiasco. Dove per affrontare al meglio il problema Coronavirus sono state messe in atto le misure che l’Azienda cantonale dei rifiuti (Acr) aveva già pianificato in passato quando le minacce si chiamavano Sars ed ebola. “Come stiamo qui dentro? Sufficientemente bene”, risponde alla ‘Regione’ Guglielmo Bernasconi, responsabile del personale in seno all’Acr. “Contiamo una settantina di dipendenti e finora solo uno è rimasto a casa in quarantena perché è risultata positiva al Covid-19 la moglie, cui facciamo gli auguri di pronta guarigione”. L’attività nel sarcofago di cemento e metallo progettato dall’architetto Livio Vacchini, ha dunque subìto un rallentamento. “Stiamo parlando di un terzo in meno. Se normalmente bruciamo circa 3’100 tonnellate alla settimana, oggi ne arrivano 2’000. Non raggiungere questa quota sarebbe un problema, perché la quantità massima ammessa di fanghi da depurazione che possiamo incenerire è del 20% del totale. E poiché i fanghi si assestano solitamente fra le 360 e le 400 tonnellate alla settimana, ecco che se la massa complessiva diminuisse ulteriormente saremmo costretti a trasportare i fanghi in qualche stabilimento analogo d’Oltralpe”. Invero anche i fanghi da depurazione sono lievemente calati, mancando su suolo ticinese la gran parte dei frontalieri che solitamente trascorre in Ticino la giornata lavorativa.
Un altro aspetto da considerare è l’invito rivolto dallo Stato maggiore cantonale di condotta alle persone colpite da Covid-19, affinché a casa non separino più i rifiuti da riciclare ma li inseriscano direttamente nel sacco ufficiale che viene poi smaltito all’inceneritore. Misura precauzionale, questa, voluta per contenere il rischio di contagio fra il personale degli ecocentri addetto alla gestione della separazione di oggetti di vario tipo. Rischio, chiediamo, che ricade dunque sul personale addetto alla raccolta dei sacchi con i camion dell’immondizia? “In effetti questi operai sono i più esposti - spiega Bernasconi - soprattutto laddove non esistono ancora i cassonetti che vengono vuotati direttamente nei camion. Tuttavia le ditte e i consorzi di raccolta hanno a loro volta implementato misure di protezione volte a ridurre al minimo i rischio”.
Una volta giunti al termovalorizzatore sul Piano di Magadino, i camion riversano i loro contenuti in una linea di gestione appositamente sviluppata per i periodi di pandemia: “Si tratta - spiega Bernasconi - della stessa linea usata in tempi normali per i rifiuti infetti provenienti da studi medici, ospedali e cliniche. In quel caso i box di colore giallo chiusi ermeticamente vengono posizionati sul Paternoster, l’ascensore che li porta in alto direttamente nella bocca del forno, ossia nell’area in cui ha inizio la fase d'incenerimento. Così facendo riduciamo al minimo i rischi per i nostri operai. I quali oggi sono pure istruiti a una corretta gestione dei sacchi, qualora vi siano dei contatti con i rifiuti, e della distanza fra collaboratori”.
Discorso diverso per le parti meccaniche sottoposte a regolare manutenzione. Una di queste è il cosiddetto ‘ragno’ telecomandato che sposta le masse di rifiuti all’interno della fossa, una grande pinza che dev’essere ispezionata e revisionata settimanalmente per garantirne il buon funzionamento: “Ne abbiamo due", evidenzia Bernasconi: "Mentre una lavora, l’altra viene verificata. In questo periodo viene quindi anzitutto disinfettata; solo dopo, i nostri addetti alla manutenzione, debitamente protetti, possono avviare le operazioni necessarie”. Misure di protezione sono state implementate anche nella sala comando, dove la decina di postazioni computerizzate vengono igienizzate a ogni cambio turno nell’arco delle 24 ore e sette giorni su sette. Questo mentre il personale amministrativo nel limite del possibile opera da casa grazie al telelavoro, determinate operazioni (pulizia locali attualmente non usati, sfalcio prati, ecc.) sono sospese e il passaggio di consegne avviene ora tra singoli capigruppo senza più la presenza di altri collaboratori.
Quanto alla quantità di rifiuti attualmente provenienti da cliniche e ospedali, che in periodi normali raggiunge una media di 100 tonnellate all’anno, “non stiamo registrando variazioni significative. Se da una parte c’è un immenso sforzo sanitario nella lotta contro il coronavirus, che ha incrementato un certo tipo di rifiuti, dall’altra la rimanente azione medico-sanitaria si è notevolmente contratta”. Si diceva, all’inizio, del piano anti pandemico per Sars ed ebola, ora aggiornato. Anche l’ebola? “Dobbiamo essere pronti a gestire più emergenze, compreso l’arrivo in Ticino di persone provenienti da paesi africani in cui possono svilupparsi dei focolai”, conclude Guglielmo Bernasconi. La sicurezza del Ticino, in senso lato, passa insomma anche da una corretta gestione dei rifiuti provenienti dalle più disparate attività.