Bellinzonese

‘Per il ciclismo ho in mente progetti ambiziosi’

A 10 anni dal dibattuto addio all'Ac Bellinzona, l'ex presidente Manuele Morelli continua a sostenere lo sport in Ticino focalizzandosi sulla grande passione

Il 52enne ha fondato un team di amatori e la sua azienda è sponsor del Velo club Arbedo-Castione. 'Ma il sogno è un team professionistico' (Ti-Press)
3 dicembre 2019
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Ventuno dei più forti ciclisti amatoriali ticinesi riuniti sotto la stessa casacca. È la realtà del Team Immoprogramm, fondato due anni fa dall’imprenditore bellinzonese ed ex presidente dell’Acb Manuele Morelli, il quale, nel 2017, ha deciso di mettere in piedi una squadra dilettantistica di assoluto rilievo. Un progetto, ora rilanciato in grande stile, che il 52enne grande appassionato di sport e in particolare di ciclismo aveva già concretizzato – seppur in maniera meno formale – all’inizio degli anni Novanta, per poi accantonarlo nel 2005 quando era divenuto il 33esimo presidente della storia della società granata.

«L’idea di creare un team è riaffiorata prepotentemente nel 2015 – rileva Morelli –. Quando in occasione dei 25 anni dell’azienda ho deciso di regalare 120 tenute ad amici e clienti che sapevo un po’ affette dal ‘morbo’ della bici». Da un gesto simbolico alle prime uscite in comune con la stessa divisa. «Vedevo che la cosa riscontrava interesse e nel 2017 ho quindi voluto formalizzare il tutto, fondando ufficialmente il team, attualmente composto da 21 ciclisti che hanno accolto con entusiasmo l’invito a farvi parte». Il Team Immoprogramm alterna allenamenti singoli o in gruppo e partecipa, con i suoi atleti migliori, alle grandi classiche amatoriali ticinesi e italiane. «Ma ciò che ci unisce è soprattutto l’amicizia e la passione per questo sport. È giusto impegnarsi, anche allenarsi come dei matti, ma sempre col sorriso e non in maniera esasperante».

È una sorta di vocazione sportiva quella che ha portato Morelli a presiedere l’Immoprogramm Bellinzona Volley Team (con cui ha raggiunto la promozione in serie A nel 2001) e l’Associazione Calcio Bellinzona dal 2005 al 2008. A circa 10 anni dal dibattuto addio ai granata, non ha smesso di sostenere lo sport ticinese. Dal 2018 Immoprogramm Sa è infatti divenuta sponsor principale del Velo club Arbedo-Castione. «Una società di grande tradizione che stava attraversando un momento difficile. Abbiamo stipulato un contratto di tre anni, con l’opzione di 9. Ciò sottolinea l’intenzione di un impegno serio e duraturo, volto alla crescita corale del club. Sosteniamo in particolare il settore giovanile, e quindi atleti dai 6 ai 15 anni d’età. Tutto questo è molto gratificante».

Ma c’è un altro progetto, decisamente ambizioso quanto interessante, che frulla nella mente di Morelli. «Sogno di costituire, come Immoprogramm, un team professionistico Continental, la ‘serie C’ del ciclismo professionistico (dopo la classe World Tour e Professional) di cui fanno parte per esempio i vivai dei grandi club professionistici. Sarebbe un’opportunità per i talenti ticinesi (ma non solo) che arrivati a 18-20 anni vogliono provare la via del professionismo. Può essere un punto d’arrivo (i posti nelle categorie che contano sono infatti pochi essendo il ciclismo diventato così globale), ma anche una potenziale rampa di lancio. Riconosco che si tratta di un progetto molto ambizioso. Forse troppo. Stiamo ora valutando se in Ticino ci siano le premesse per realizzarlo». In questo senso, ma in generale per tutto il ciclismo ticinese, interessa il progetto per la realizzazione di un velodromo cantonale a Losone che, a detta del presidente della Federazione Fabio Schnellmann, sembrerebbe via via farsi più concreto.

‘Presto un’altra iniziativa ancora più impegnativa’

«Non riesco a immaginare una vita senza ciclismo. Mi piace pedalare da solo per ore, riflettere e trovare soluzioni a problemi complessi, anche di natura professionale. Vado in bici quasi tutti i giorni e ogni anno vi dedico circa 800 ore». Al pari di famiglia, affetti e lavoro, è ben chiaro quale sia il quarto pilastro fondamentale nella quotidianità di Manuele Morelli. Una vocazione, come detto, che lo ha spinto a mettersi in gioco con partecipazioni a corse di 1’000 e oltre chilometri ma anche per iniziative benefiche. Come la pedalata affrontata nel 2016 da Barcellona a Potenza. «Mosso dalla voglia di avventura, ma in primo piano dalla volontà di fare qualcosa per il prossimo». I 2’400 chilometri percorsi in due settimane hanno permesso di raccogliere, grazie ad alcuni sostenitori, 14mila franchi a favore della Lega ticinese contro il cancro. Un male con cui Morelli è stato direttamente confrontato, all’età di 35 anni, riuscendo a sconfiggere il tumore alla pelle che lo aveva colpito. «Fortunatamente la cosa si è rivelata meno grave del previsto. Anche in quel periodo ho continuato ad andare in bici, e devo dire mi ha aiutato molto. Si dice infatti che la bicicletta sia un grande dottore. Già nel giro di un paio d’anni, mi piacerebbe riproporre un’iniziativa benefica simile su un percorso ancora più estremo. Finché il fisico regge (ride, ndr)».

Il ciclismo professionistico ha perso credibilità e attrattiva a causa degli eclatanti casi di doping. Come si riguadagna la fiducia? «Ovviamente evitando questi scandali. Il ciclismo odierno è sicuramente più pulito. Non dico che sia perfetto, perché chi bara c’è ancora. Ma c’è una vigilanza maggiore. Il doping è poi un fattore culturale. Occorre coinvolgere genitori e formatori per far capire ai giovani che la prestazione arriverà se si hanno le qualità, e non grazie alla ‘pastiglietta’. Ma soprattuto che conta molto di più il divertimento. Bisogna insomma sensibilizzare per far sì che le prossime generazioni siano più pulite».

“La politica di gestione dopo il riassetto societario non è più in linea con i miei principi di conduzione”. Con queste parole Morelli lasciava la presidenza dell’Acb nel maggio 2008, una settimana dopo la storica promozione in Super League ottenuta a scapito del San Gallo, in una stagione che ai granata aveva regalato pure il prestigio di disputare la finale di Coppa svizzera a Basilea, persa con onore al cospetto dei più quotati padroni di casa. Una decisione giunta come un fulmine a ciel sereno, «e che in Città la gente non aveva inizialmente capito», tiene a precisare Morelli. «Ho sempre fatto il dirigente come hobby. Non pretendevo di essere il padre padrone, pur essendo azionista del club, però avevo subito capito che tipo fosse Gabriele Giulini: un finto democratico, che voleva farti credere che eri importante ma che alla fine voleva decidere tutto lui (fu clamorosa la scelta di non rinnovare il contratto a Petkovic). Dopo essere entrato nel Cda con una quota del 10%, Giulini ha rastrellato di nascosto dal sottoscritto un altro 50% di azioni. Gli ho quindi fatto capire che a queste nuove condizioni non avevo molta voglia, per usare un eufemismo, di continuare a ricoprire il ruolo di presidente. Mi propose pure uno stipendio per sorridere in tribuna e partecipare a trasmissioni televisive, ma non aveva capito con chi avesse a che fare. Non vorrei peccare di presunzione, ma ci ho visto lungo sul personaggio». Un’uscita di scena inaspettata che tuttavia non cancella i ricordi indelebili di tre stagioni memorabili. «Eravamo tornati a riempire il Comunale come non accadeva dai tempi di Paulo Cesar (anni Ottanta, ndr). In Città si respirava calcio. Ora non vado più allo stadio, ma mi tengo informato sui risultati dei granata». Quali differenze trova fra mondo del calcio e del ciclismo? «Credo che nel ciclismo ci sia maggiore umiltà. Reputo inoltre che il grande problema del calcio siano oggi alcuni procuratori: troppi trattano questi ragazzi, che spesso non capiscono quello che avviene, come carne da macello».