Lo scrivono nel dossier inviato in giugno all'Ufficio federale dei trasporti, senza citare le temute lungaggini di cui il Ceo Meyer ha poi riferito in agosto
Pagina 1 della richiesta inoltrata in giugno dalle Ffs all’Ufficio federale dei trasporti (Uft) per riservare 150’000 metri quadrati di Castione – situati tra i binari e il fiume Ticino – affinché siano destinati alla realizzazione delle nuove Officine di manutenzione. Richiesta che fa parte del faldone posto in consultazione con la possibilità di inoltrare opposizione. Aperte le virgolette: “L’ubicazione più favorevole per l’insediamento del nuovo stabilimento industriale è risultata finora quella di Arbedo-Castione. Le Ffs stanno comunque valutando ancora ulteriori ubicazioni”. Dove? In Ticino o fuori? Non viene specificato.
La frase – un inedito tassello nell’annoso iter di trasformazione/spostamento delle storiche Officine cittadine – può però essere interpretata con le parole pronunciate un mese e mezzo dopo, il 2 agosto, dal Ceo delle Ffs Andreas Meyer durante una conferenza stampa convocata dal Consiglio di Stato. Frase che ha fatto discutere, poiché interpretata da una parte della politica come l’ennesima minaccia ma anche come un petardo bagnato: «Se discutiamo troppo a lungo a proposito di quale area utilizzare, a un certo punto le Ffs dovranno valutare altre possibilità, se non possiamo trovarla in Ticino». La sostanza è uguale, ma quanto inviato all’Uft e posto in consultazione indica che Castione non rappresenterebbe una certezza, nelle intenzioni delle Ffs. Le quali valutano dunque alternative a prescindere dalle eventuali lungaggini.
“Come mai c’è questa riserva se, a detta delle Ffs, tutte le possibilità in Ticino sono già state attentamente vagliate e solo Castione può entrare in considerazione? Allora, s’intende estendere le ricerche in altri cantoni? E poiché i cantoni sono tanti e gli appetiti ancor di più, è probabile che le ricerche avranno esito favorevole. Che ne sarebbe allora di Castione?”. A chiederlo è l’avvocato bellinzonese Franco Gianoni nell’opposizione inviata all’Uft per conto di quattro delle maggiori ditte attive da decenni nel comparto di Castione individuato dalle Ferrovie e che si vedrebbero espropriare 32’684 metri quadrati (intanto bloccati a tempo indeterminato), di cui una parte in procinto di venire occupati da un nuovo stabile per uffici. Si tratta della Otto Scerri Sa, dell’ingegner Rudolf Marti e delle affittuarie di parte dei mappali Mancini & Marti Sa e Geniobeton Sa.
Opposizione che riporta in apertura la frase secondo cui le Ferrovie stanno cercando alternative a prescindere dalla tempistica. Ciò che induce le ricorrenti a ritenere inesistente la volontà millantata dalle Ffs di realizzare l’impianto a Castione, e a chiedere perciò all’Uft l’annullamento della domanda di riservazione dell’area. Non da ultimo perché – annota l’avvocato Gianoni nell’opposizione – spicca subito la mancanza di un Piano settoriale, ossia lo strumento “più importante – così lo descrive l’Ufficio federale dello sviluppo territoriale – per coordinare tra loro le attività d’incidenza territoriale e per armonizzarle con le esigenze cantonali”. Piano settoriale che – ribadiscono le opponenti – si applica quindi anche alla determinazione delle zone riservate e ai progetti ferroviari in grado di incidere considerevolmente sulla pianificazione del territorio – come sarebbe il caso delle nuove Officine – con l’obiettivo di ponderare tutti gli interessi in gioco: “Ma nel caso concreto è stato fatto un simulacro di ponderazione e non vi è stata alcuna valutazione ‘passo dopo passo’ che può essere effettuata solo con un Piano settoriale”.
Quanto al capitolo riconversione delle attali Officine, le opponenti non dubitano che il comparto destinato a restare in mani Ffs finirà vittima di una “pura speculazione immobiliare”, con soli contenuti residenziali e “senza l’ombra di una destinazione a scopo pubblico.
Misurano 78’515 metri quadrati i terreni agricoli Sac di Castione destinati a scomparire per far spazio alle nuove Officine. Si tratta delle Superfici per l’avvicendamento delle colture che la Confederazione ha istituito sottoponendole a protezione che ne limita l’uso per altri scopi. Non da ultimo per assicurare in ogni momento l’autosostentamento del Paese. Tuttavia le Ffs sembrano poter fare ciò che vogliono, pur riconoscendo nel dossier inviato all’Uft che “occorre cercare, nel limite del possibile, una sostituzione e adottare eventuali compensazioni ecologiche”. Ma l’avvocato Gianoni nell’opposizione è molto scettico: “Dove, come e quando? Nessuno lo sa, perché tutti sanno che non è possibile. Eppure il sacrificio è enorme e in urto” con le disposizioni federali in materia. Risale peraltro allo scorso dicembre (sottoscritta da 10 settori diversi della Confederazione e scaricabile dal suo sito) la Dichiarazione d’intenti sulla compensazione delle Sac da applicare nell’ambito di progetti federali. Essa sancisce l’impegno collettivo a un migliore approccio conservativo verso le Sac. Sulla questione è peraltro intervenuto giovedì durante l’assemblea del Ps di Bellinzona il sindaco Mario Branda, ricordando che la Confederazione ha attribuito al Ticino una quantità minima di Sac pari a 3’500 ettari; attualmente ve ne sono 3’600. A ogni modo – aggiunge – la compensazione prevista dalle Ffs toccherebbe una serie di terreni agricoli non Sac che verrebbero migliorati.