La riforma approvata domenica dal popolo svizzero non è esente da rischi, e contiene aspetti negativi, ma è ragionevole e opportuna
Per Unia il sì popolare a Efas (la riforma destinata a rendere uniforme il finanziamento delle prestazioni sanitarie e di cura) avrà “conseguenze imprevedibili”. L’Unione sindacale svizzera parla di “pessima notizia per assicurati, pazienti e personale curante”, a causa di “promesse che non potranno essere mantenute”. Curafutura (assicuratori malattie) scommette invece su “notevoli risparmi” e una “riduzione significativa dei premi”, esultando per una “vittoria per il sistema sanitario, per i pazienti e per gli assicurati”.
Le domeniche di votazioni – così come le campagne che le precedono, delle quali rappresentano lo sbocco – generano sempre una certa propensione all’iperbole, in un senso e nell’altro. Rientra dunque nell’ordine delle cose che perdenti e vincitori si ritrovino, un’ultima volta, su posizioni diametralmente opposte. Ne abbiamo avuto la riprova domenica. Ed è su Efas che lo scarto tra il cupo allarmismo degli uni e la rosea visione degli altri è apparso più flagrante.
Di fronte a temi così complessi e a scenari incerti, solitamente la popolazione predilige lo status quo. Stavolta invece il 53,3% di chi è andato a votare (uno scarso 45% degli aventi diritto) ha osato dire sì a una riforma – la prima nel settore sanitario da parecchi anni a questa parte – non esente da rischi, ma ragionevole e opportuna (e per questo sostenuta da quasi tutte le organizzazioni del settore).
Oggi gli assicurati sono penalizzati da un sistema di finanziamento che accolla l’intero costo delle prestazioni ambulatoriali alle casse malati, quindi in ultima analisi a chi paga i premi. Efas per questi ultimi rappresenta una boccata d’ossigeno, poiché dal 2028 anche i Cantoni (quindi i contribuenti, attraverso imposte che però a differenza dei premi sono proporzionali al reddito e quindi più ‘sociali’) parteciperanno al loro finanziamento. Si tratta di una correzione benvenuta. Perché la già affermata e ineluttabile tendenza verso ‘più ambulatoriale’ è destinata ad approfondirsi. Ed è proprio questo il settore che cagiona la spesa di gran lunga più consistente a carico dell’assicurazione malattie obbligatoria.
Non aspettiamoci miracoli. I premi di cassa malati non diminuiranno, è poco ma sicuro. Sono ben altre le riforme che servirebbero per far sì che questi aumentino in maniera assai meno drastica: da un nuovo tariffario medico non così favorevole a certi specialisti e che valorizzi il lavoro dei medici di base a una diversa ‘politica’ dei farmaci, passando ad esempio da pianificazioni ospedaliere o da una gestione dell’offerta ambulatoriale degne di questo nome.
Il grande Efas è un piccolo passo, dunque. Ma grazie a una chiave di ripartizione uniforme, valida per tutti e tre i settori – ambulatoriale, stazionario, cure di lunga durata (case anziani e spitex) – possiamo ragionevolmente contare su incrementi un po’ meno marcati. Quantomeno per qualche anno e in quei cantoni dove la ‘quota’ di ambulatoriale è più elevata (come il Ticino, dove il Consiglio di Stato ha infelicemente fatto campagna per il ‘no’).
Certo, dal 2032 l’assoggettamento delle cure di lunga durata al regime del finanziamento uniforme mitigherà poco a poco l’effetto ‘calmierante’ della riforma. Ma nulla impedirà ai Cantoni di farsi carico casomai di una quota superiore a quella prevista (il 26,9% è un valore minimo), sgravando in questo modo gli assicuratori malattie (e gli assicurati). E comunque la nuova chiave di ripartizione uniforme (massimo 73,1% a carico delle casse malati, il resto appunto dei Cantoni) non è scolpita nel marmo.