Nella risposta del governo all’interrogazione Riget-Bourgoin diversi argomenti a favore di una continuità del Foyer prossimo alla chiusura
Dalla risposta del governo all’interrogazione sulla prospettata chiusura del Foyer per invalidi adulti alla Clinica Varini di Orselina sono emersi alcuni elementi interessanti. Il primo e più importante è senz’altro l’intenzione del Consiglio di Fondazione del nosocomio di garantire una continuità almeno a breve termine: per tutto l’anno prossimo, ha informato il Consiglio di Stato, il Foyer rimarrà aperto. Per quanto relativa a un periodo estremamente limitato in un contesto di collocamento in termini di luogo di vita, è comunque una buona notizia.
Poi ci sono due ulteriori fattori che non sono solo rassicuranti, ma sembrerebbero addirittura in grado, almeno in teoria, di indurre lo stesso Consiglio di Fondazione (CdF) ad approfondire le sue riflessioni sull’opportunità di effettivamente chiudere dopo il 2025. Uno è di carattere economico e riguarda la copertura dei costi da parte del Cantone in base al contratto di prestazione. Ovviamente il CdF sa già perfettamente come stanno le cose, ma vale la pena ribadirlo: da quando, nel 2003, il Foyer ha aperto come istituto pilota, per diversi anni vi sono stati degli utili d’esercizio, accumulati nei relativi fondi di riserva. Solo nel 2017 si era avuta una perdita d’esercizio, dopodiché negli anni successivi (compreso il biennio pandemico 2020-21) sono arrivati dei pareggi. Pertanto, ha sottolineato il Consiglio di Stato, “il contributo globale erogato dal Cantone tramite il contratto di prestazione del settore della disabilità copre i costi computabili riconosciuti”.
È pur vero, e va ricordato, che alla Varini un anno e mezzo fa era scoppiato il bubbone delle perdite cumulate per 3,3 milioni di franchi, imputabili a pandemia e mutate condizioni del contesto sanitario ticinese, ma anche a una gestione finanziaria inadeguata. Le conseguenze erano state una profonda ristrutturazione interna, alcune partenze eccellenti e la decisione di rinunciare a due dei quattro mandati di prestazione, fra cui, appunto, quello del Foyer per invalidi adulti. La rinuncia veniva giustificata anche con un’eccessiva burocrazia che graverebbe sulla gestione dei mandati stessi. Il quadro tratteggiato a suo tempo dal presidente del CdF, Giorgio Pellanda, in un’intervista al nostro giornale era il seguente: “Quattro mandati derivanti da altrettante pianificazioni cantonali; quattro contratti di prestazione con altrettanti servizi competenti del Dss; quattro modalità diverse di finanziamento delle prestazioni in funzione di altrettante basi legali! È una complessità ormai troppo grande per una realtà sanitaria che conta complessivamente una settantina di letti pianificati”.
Proprio su questo tema il Consiglio di Stato aveva riconosciuto l’esistenza del problema, ma anche ricordato ciò che il CdF sicuramente già sa, ovverosia che “nel 2023 la Divisione dell’azione sociale e delle famiglie (Dasf) ha avviato un progetto volto a semplificare i contratti di prestazione nei settori di sua competenza. L’obiettivo è migliorare l’efficienza e la trasparenza nei rapporti tra gli enti e il Dss, ottimizzando gli aspetti amministrativi e gestionali da parte degli enti coinvolti e tra gli enti stessi e gli uffici cantonali. Questo approccio mira a ridurre la burocrazia e facilitare l’interazione, creando un sistema più fluido”.
A ciò si aggiungano le considerazioni governative secondo cui, in Ticino, di alternative valide al Foyer della Varini non ce ne sono. Ne potrebbe quindi emergere, per il CdF della clinica, un problema etico e di responsabilità nei confronti degli ospiti e dei loro congiunti. Ragione per cui al presidente Pellanda e al direttor Martin Hilfiker ‘laRegione’ ha inviato alcune domande puntuali sulle singole tematiche. Domande rimaste purtroppo senza risposte poiché, ci ha scritto Pellanda, “abbiamo deciso di dare la priorità all’informazione al nostro personale per poi indire a tempo debito una conferenza stampa per fare il punto sulla situazione e sui progetti di sviluppo della Clinica Varini”. Per i parenti della decina di attuali ospiti del Foyer, quindi, nessuna rassicurazione né alcuna apertura della clinica rispetto a eventuali ripensamenti, anche se gli estremi, in base alle considerazioni del governo, sembrano esserci.
In proiezione, guardando al momento in cui “l’orientamento strategico coinvolgesse operativamente il Foyer”, il Consiglio di Stato evocava “progetti individuali” di accompagnamento degli ospiti. Questo processo verrà garantito dalla clinica, “coinvolgendo i familiari e la rete di riferimento del singolo ospite (in particolare Pro Infirmis) e stabilendo con essi come procedere”.
In un contesto generale fatto di incertezza e timori, e considerando il tenore delle risposte cantonali all’interrogazione presentata ormai 5 mesi fa da Laura Riget (Ps) e Samantha Bourgoin (Verdi del Ticino), unitamente a rappresentanti di quasi tutto lo spettro politico parlamentare, ‘laRegione’ ha interpellato Danilo Forini, direttore cantonale di Pro Infirmis, nonché membro della Commissione sanità e sicurezza sociale del Gran Consiglio.
La premessa di Forini è doppia: «Non giudico le scelte di una singola Fondazione, che è libera di definire le proprie strategie. Credo che Direzione e Consiglio di Fondazione stiano veramente tentando di risolvere una situazione oggettivamente difficile. E comunque sono sollevato dal fatto che il Consiglio di Stato abbia confermato che nel 2025 l’accoglienza delle persone che vivono alla casa medicalizzata di Orselina sarà garantita». Questo, a fronte del fatto che «diversi ospiti e familiari ci avevano comunicato la loro grande preoccupazione». Una preoccupazione del resto pienamente condivisa da Forini, soprattutto considerando che, sottolinea, «conosco il settore da vent’anni e non ci sono reali alternative di qualità nel Sopraceneri per accogliere 10 posti letto di questo tipo. La Clinica Varini è sempre stata e continua tuttora ad essere, in quest’ambito, un attore imprescindibile nel panorama non solo del Locarnese, ma anche cantonale. Direi un vero e proprio punto di riferimento molto apprezzato nel ristrettissimo numero di case medicalizzate in grado di accogliere persone con disabilità e bisogni di cura molto complessi».
Danilo Forini si dice poi «non sorpreso dalle risposte del governo. Posso confermare che i contratti di prestazione con il Cantone permettono – seppur con sempre maggiori difficoltà – di svolgere i mandati assegnati e che nel settore sociosanitario non mancano le realtà che devono gestire più mandati».
C’è, poi, il delicato tema della responsabilità che è chiamato ad assumersi chi si occupa di persone fragili e bisognose di un aiuto mirato come possono essere gli ospiti del Foyer per invalidi adulti. In più occasioni avevamo scritto che il Foyer, per i degenti e i loro familiari, è in tutto e per tutto un luogo di vita, prima ancora che un luogo di cura. Dismetterlo, come di fatto intende fare a medio termine il CdF della Clinica Varini, può quindi essere paragonato al peggiore dei mali, perché ogni trasloco forzato determinerà sofferenza, insicurezza, necessità di riadattamento da parte di persone che chiedono innanzitutto stabilità; ed è oggettivamente poco probabile che – anche trovandole – le soluzioni alternative si riveleranno all’altezza, non solo dai punti di vista territoriale (raggiungibilità) e logistico, ma anche e soprattutto umano, vista l’importanza centrale della conoscenza dei pazienti da parte del personale curante.
«Come enti no profit abbiamo grandi responsabilità rispetto alle persone di cui ci occupiamo, ma anche nei confronti all’ente pubblico che ci finanzia da anni e del territorio che ci ospita – sottolinea Forini –. Da un lato bisogna rispettare le esigenze economiche e dall’altro non possiamo dimenticare la nostra vocazione e missione sociale nei confronti della comunità. È un equilibrio difficile. Nel caso specifico, come Pro Infirmis confermiamo che rimaniamo a completa disposizione delle autorità, della struttura e naturalmente delle persone con disabilità e dei loro familiari, per accompagnare le singole situazioni. Il Consiglio di Stato lo ha scritto bene. Aggiungo che personalmente, se ritenuto utile, mi metto volentieri a disposizione per facilitare il dialogo tra i vari attori coinvolti, ovvero Clinica Varini, ospiti e familiari, nonché autorità cantonali. Spero e credo che tutti stiano sinceramente cercando di fare il meglio possibile, ma mi sembra anche di capire che in effetti ci sono margini per migliorare ulteriormente la comunicazione tra le parti».