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‘Non si può togliere la speranza e aggiungere altro dolore’

Incredulità dopo l'annuncio della Clinica Varini di voler chiudere il foyer per invalidi adulti. La posizione di Pro Infirmis e dell'Ufficio Invalidi

27 giugno 2024
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«Morte è una parola brutta, ma mio fratello ha avuto la possibilità di una seconda vita quando è stato al foyer». Fioriscono i ricordi, nel momento in cui il futuro della casa medicalizzata Lispi per grandi invalidi adulti alla Clinica Varini di Orselina pare segnato dalle nuove strategie del nosocomio. Ricordi e testimonianze che restituiscono il valore del foyer per quello che rappresenta: un luogo di residenza e di condivisione per i degenti e i loro familiari; un luogo in cui sofferenza e speranza, angoscia e momenti di sollievo si amalgamano in un flusso di tenacia, resistenza e resilienza.

Della “possibilità di una seconda vita al foyer” parla Michela a proposito del fratello Massimiliamo, ex ospite, ricoverato per 9 anni, dal 2013, fino al suo decesso, avvenuto nel 2022: “La sua malattia, la Sla, che lo aveva colpito nel 2003, a un certo punto non gli aveva più consentito di restare a domicilio ed è così stato necessario un ricovero in clinica”; luogo dove “il personale ha fatto veramente rinascere la speranza a mio fratello con l’amore, le cure e tutta la professionalità possibile. Non è un rapporto classico che si forma tra il paziente e il personale infermieristico, ma è qualcosa di diverso, perché non c’è persona che non si faccia in quattro per il bene del paziente”. E poi, pensando all’avvenire: “Il reparto non deve assolutamente chiudere, perché nella tragedia della malattia non si può aggiungere il pensiero e le preoccupazioni di familiari e pazienti sul loro futuro. La chiusura non potrà che peggiorare le malattie e fare stare malissimo tutte quelle persone che per anni hanno lottato per sopravvivere. Non si può togliere loro la speranza e aggiungere altro dolore”.

Dismissione a medio termine

L’orientamento strategico della Clinica Varini, confrontata con gravi problemi economici che hanno determinato negli scorsi mesi diversi licenziamenti, prevede dunque una dismissione a medio termine della casa medicalizzata. Ciò equivarrebbe alla rinuncia a uno dei 4 mandati di prestazione cantonali attualmente assunti dal nosocomio: somatico-acuto (Cure palliative acute); Rami; Casa per anziani e cure palliative geriatriche; Foyer per invalidi. «Quattro mandati – si era giustificato il presidente del Consiglio di Fondazione (CdF) della Clinica Varini, Giorgio Pellanda – derivanti da altrettante pianificazioni cantonali; quattro contratti di prestazione con altrettanti servizi competenti del Dss; quattro modalità diverse di finanziamento delle prestazioni in funzione di altrettante basi legali». Si tratterebbe, aveva detto, di «una complessità ormai troppo grande per una realtà sanitaria che conta complessivamente una settantina di letti pianificati». Pertanto, il CdF aveva comunicato al Cantone l’intenzione di ridurre il numero di mandati attualmente gestiti, con la volontà di rafforzare le attività nei settori Rami e anziani. “Decadrebbe” dunque, nei programmi, anche il Foyer per invalidi.

La prospettiva ha gettato nello sconforto le famiglie dei 10 residenti che nella casa medicalizzata trovano le risposte alle loro esigenze e non riescono a immaginare alternative equivalenti non solo nel Sopraceneri, ma anche in Ticino, dove, come vedremo, altri tre foyer simili ospitano persone con disabilità fisiche, psichiche o miste, che hanno bisogno di cure sanitarie importanti, con un apparato infermieristico e terapeutico molto sviluppato, ma non dispongono di più posti rispetto a quelli attualmente occupati.

Incomunicabilità

Questo è dunque il contesto, dal quale emerge purtroppo una specie di cortocircuito comunicativo fra vertici della Clinica e Ufficio Invalidi. Se infatti i primi hanno chiaramente circostanziato le loro intenzioni di disimpegnarsi con il foyer (e lo avevano fatto presentando, a novembre, le loro strategie al Dss) il capo dell’Ufficio Invalidi, Christian Grassi, riferisce che «lo scenario di nuova organizzazione non prevede per il momento una dismissione della casa medicalizzata Lispi». Cosa che invece era stata comunicata con la presentazione al Dipartimento di un documento strategico elaborato dalla Clinica e poi confermata, ancora martedì in giornata al nostro giornale, dal presidente Pellanda e dal direttore Martin Hilfiker. Dunque la domanda non è “se”, ma “quando e come”.

Situazioni complesse

Il reparto per grandi invalidi adulti della Clinica Varini si colloca, storicamente, all’avanguardia in Ticino, poiché in grado di accogliere situazioni particolarmente complesse dal punto di vista clinico. Parliamo di casi di Sla, di sclerosi multipla, di malattie degenerative, di ictus con emiplegie eccetera. A questo si aggiunge l’aspetto familiare quale luogo di residenza e di vita per gli ospiti e le loro famiglie, con spazi comuni utili per la socializzazione e la condivisione delle esperienze e dei percorsi.

Nello specifico, secondo i dati fornitici da Christian Grassi, «le cosiddette “case con occupazione medicalizzate” sono quattro, in pratica attualmente tutte occupate. Si rivolgono a persone adulte in età Ai con una disabilità fisica, mentale e/o neurologica acquisita, per le quali non è possibile una permanenza a domicilio e che necessitano di assistenza continua nelle cure e nelle attività quotidiane». Oltre al foyer della Varini ci sono la Residenza Paradiso nell’omonima casa anziani luganese (13 posti), Casa Nava della Fondazione Otaf a Sorengo (17 posti, di cui 16 residenziali e 1 diurno) e la Residenza alle Betulle dell’Avad a Cevio (11 posti residenziali).

La preoccupazione di Pro Infirmis

«Ogni richiesta d’ammissione in una delle quattro case medicalizzate avviene per il tramite di Pro Infirmis – prosegue Grassi –, che è dotata infatti di un Centro d’Indicazione che si iscrive nell’ambito della Legge sull’integrazione sociale e professionale degli invalidi (Lispi) e che offre una consulenza sociale specializzata alle persone adulte in età Ai con disabilità fisica acquisita nell’elaborazione e nella concretizzazione del progetto di vita più idoneo in funzione delle condizioni di salute e delle risorse personali e ambientali della persona; progetto che può consistere nel mantenimento a domicilio (malgrado il deteriorarsi delle condizioni di salute e/o i cambiamenti intervenuti nella rete di sostegno), nel rientro a domicilio (dopo l’ospedalizzazione, la riabilitazione o l’istituzionalizzazione) o nel collocamento in una casa medicalizzata Lispi».

L’ipotesi di chiusura del foyer alla Varini non ha lasciato insensibile Pro Infirmis, che sta infatti seguendo da vicino l’evolversi della situazione, cercando di rassicurare le famiglie sul fatto che «nessuno verrà lasciato solo». Il direttore Danilo Forini dice di capire le difficoltà della clinica; tuttavia, non nasconde una certa preoccupazione: «La Clinica Varini è un punto di riferimento a livello cantonale in questo settore e ha sempre assicurato una grande qualità e accoglienza». L’auspicio di Pro Infirmis è che «la clinica e il Dss possano trovare assieme una soluzione per garantire a lungo termine il futuro di questa attività».

L'aspetto territoriale

Poi Forini mette l’accento su «un aspetto importante e che non va assolutamente sottovalutato, che è quello territoriale legato al Locarnese, ma non solo, anche all’intero Sopraceneri, Bellinzonese incluso. Si potrà dire che c’è Cevio, ma è diverso, non paragonabile. A Paradiso stanno aumentando i posti di 4 unità, ma erano stati pianificati e finanziati tenendo conto che la Varini continuasse, quindi non è ipotizzabile una possibile sostituzione. Non stiamo parlando di semplici posti letto, ma del luogo di vita di 10 persone: la casa e la ritrovata serenità per chi ci abita e per i familiari».

Cosa significherebbe per i residenti sopracenerini una chiusura del foyer alla Clinica Varini è stato sottolineato da più persone, fra familiari e operatori sanitari, le cui testimonianze hanno raggiunto sia la direzione del Dss, sia l’Ufficio Invalidi. Una è firmata da un’impiegata nel foyer: «È un lavoro – afferma – che mi rende felicissima e mi permette di far vibrare le corde dell’anima dei nostri residenti, coloro che nella vita sono stati meno fortunati di tutti noi: figli, fratelli, madri, padri, mogli e mariti, che purtroppo devono affrontare e sopportare periodi della loro vita lunghi a volte anche decenni, in situazioni difficilissime e senza avere altra scelta». Quella più giusta, di scelta, è ora continuare a garantire un servizio che va molto oltre il suo carattere medico e ospedaliero: «Siamo in Svizzera, nessuno verrà lasciato sotto un ponte. Ma i nostri pazienti non sono dei numeri e la stessa cosa vale per il personale curante: stiamo lavorando con delle vite fragilissime che hanno il diritto di essere vissute al meglio delle loro possibilità, e non sballottate a destra e a sinistra».

La massima attenzione alle esigenze delle persone e dei loro familiari viene ovviamente confermata da Grassi: «Dovesse in futuro prospettarsi lo scenario di una dismissione della casa medicalizzata Lispi, il nostro Ufficio verificherà con attenzione la situazione, si procederà con le relative e necessarie valutazioni e approfondimenti, intraprendendo un percorso per individuare eventuali altre proposte abitative, considerando in maniera individualizzata ogni persona, dando dunque priorità ai tempi e alle necessità delle persone che attualmente risiedono a Orselina».

‘Il Cantone copre tutti i costi’

Alla domanda se i costi attualmente generati dal foyer invalidi della Varini siano interamente coperti dal Cantone nell’ambito dello specifico mandato di prestazione, Grassi ribatte che «si può rispondere affermativamente, in quanto negli ultimi cinque esercizi il settore invalidi ha sempre chiuso con un pareggio d’esercizio. Ciò significa che il contributo globale concesso tramite il contratto di prestazione è stato sufficiente a coprire i costi generati». Se poi – abbiamo chiesto – la Clinica Varini decidesse di non rinunciare a quel mandato di prestazione, i costi continuerebbero a essere coperti dal Cantone nella stessa misura in cui lo sono ora? «Sì – è la risposta del capo Ufficio Invalidi –, il contributo continuerebbe ad essere erogato secondo i disposti previsti dal contratto di prestazione e i parametri della relativa Direttiva 5 inerente al finanziamento».

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