Secondo la madre di una giovane minacciata la Magistratura dei minorenni avrebbe potuto impedire il ferimento di un 17enne per mano di una 15enne
Un accoltellamento che poteva essere evitato. E una lacunosa informazione da parte dell’istituzione preposta a indagare e a garantire la sicurezza. Ne è convinta la madre di una giovane minacciata di morte da una ragazza che in seguito è poi effettivamente passata ai fatti ferendo all’addome un altro minorenne. Il fatto di sangue si è consumato il 19 aprile 2023 all’esterno delle Scuole medie 2 di Bellinzona e ne ha riferito anche il nostro giornale. La vittima, allora 17enne, aveva riportato lesioni semplici ed era stato ricoverato; fermata dalla polizia l’accoltellatrice, allora 15enne. Da quanto emerge dagli atti, era stata trovata in possesso di due coltelli, uno dei quali utilizzato per ferire. Subito dopo il fatto la minore era stata condotta all’ospedale Civico di Lugano per una valutazione psicofisica, dopodiché era stata posta in arresto. Dapprima alla Clinica psichiatrica cantonale di Mendrisio e poi, una volta riconosciuta carcerabile, alla Farera di Lugano.
Il 16 maggio 2023 due specialiste avevano allestito una perizia psichiatrica e dal 2 giugno 2023 la minore era rientrata al domicilio beneficiando delle norme sostitutive alla detenzione preventiva (in caso di non rispetto delle medesime la carcerazione avrebbe potuto essere ripristinata). Nel frattempo la Magistratura dei minorenni, responsabile dell’inchiesta, aveva mosso l’accusa di tentato assassinio, in subordine di tentato omicidio intenzionale. Non è però dato sapere quale condanna sia stata poi inflitta. Tra le disposizioni, le era stato vietato di avere contatti con la vittima, con tutte le persone in qualche modo coinvolte nell’accoltellamento e con i compagni di scuola. Le era stato imposto anche di evitare di trattenersi in centro a Bellinzona o nei luoghi frequentati dalla vittima, da altre persone coinvolte e dai compagni, come anche di evitare di uscire la sera.
Perché la madre della ragazza minacciata è convinta che si sarebbe potuto evitare il ferimento? Innanzitutto perché già nel giugno 2022 aveva segnalato alla polizia un primo fatto avvenuto in presenza di una testimone: “Da aprile sto pensando come ucciderti”, aveva detto a sua figlia colei che un anno dopo sarebbe diventata l’accoltellatrice. Inoltre da uno scambio di messaggi con un’amica, avvenuto a inizio aprile 2023, emerge che la 15enne da alcuni mesi stava pianificando di ferire un altro ragazzo. Ossia quello poi infine aggredito. Perciò la nostra interlocutrice, letti quei messaggi inquietanti, aveva contattato l’ispettore incaricato del caso avvertendo che, oltre a sua figlia, la giovane sembrava intenzionata a ferire qualcuno. “Sia lui che lei non volevo/voglio ucciderli. Forse lei in seguito sì”, si può leggere in un messaggio (i veri nomi sono noti alla redazione e sono stati sostituiti con dei pronomi ndr.) E in un altro: “Volevo/voglio ferirli prima che possano morire”. Dal canto suo, ricevuta la segnalazione, l’ispettore di polizia ha risposto: “Non sarà la prima e l’ultima volta che sentirà queste affermazioni. Segnalerò la sua indicazione per monitorare la ragazza”. Due giorni dopo avviene l’accoltellamento. A settembre 2023 la madre aveva quindi presentato querela per minacce di morte. «Queste però non sono state considerate poiché ritenute soltanto ‘un racconto’ della giovane di quanto intenzionata a fare in precedenza», spiega la nostra interlocutrice.
«La Magistratura dei minorenni ha commesso un grave errore di valutazione», afferma oggi la madre della ragazza minacciata: «Insieme alla polizia ha sottovalutato le segnalazioni relative a minacce di morte». Peraltro prima di rivolgersi alla polizia, la madre nel luglio 2022 si era rivolta al Servizio per l’aiuto alle vittime di reati (Lav) che aveva quindi segnalato il caso alla Magistratura dei minorenni. Due mesi dopo, la madre aveva quindi contattato la Magistratura chiedendo di dare importanza al caso per tutelare la figlia. In quell’occasione le era stata confermata la delega all’Ispettorato competente per le indagini e “una giusta valutazione del caso”. L’ispettore aveva quindi preso contatto con la madre chiedendole i dettagli. Nei mesi seguenti, alla richiesta della madre di conoscere l’esito delle indagini, l’ispettore aveva risposto che erano state riscontrate problematiche famigliari di cui non poteva fornire dettagli; ma aveva rassicurato dicendo che l’autrice delle minacce era monitorata.
Tutto bene? Non sembra. Risulta infatti che la ragazza non avrebbe rispettato talune misure restrittive. Infatti il 6 agosto 2023 era con sua madre a cenare in un ristorante nel centro storico. «Dove anche mia figlia si era recata con la nonna. Allertata, la polizia ha dichiarato di non essere a conoscenza delle misure restrittive. Ebbene – sottolinea la madre della giovane minacciata – ritengo grave che le disposizioni non siano state rispettate e che le forze dell’ordine non ne fossero a conoscenza. Il grado di sicurezza viene a mancare se le restrizioni sono violate».
La famiglia della ragazza, per mezzo dell’avvocato Cesare Lepori, ha quindi presentato denuncia alla Magistratura dei minorenni per violazione delle disposizioni di scarcerazione, chiedendo una presa di posizione. Dopo alcune lettere di sollecito, la magistrata Fabiola Gnesa ha risposto che: “In merito alle misure sostitutive si informa che le stesse sono state revocate sulla base di una perizia e che al loro posto sono state messe in atto le misure di protezione necessarie al caso. La relativa decisione non verrà trasmessa in quanto la sua assistita non è parte del procedimento nel quale le summenzionate misure sono state adottate”. La data della revoca non è stata precisata. «Per la sicurezza di nostra figlia avremmo gradito essere informati riguardo a questa decisione. Anche in questo senso riscontriamo purtroppo una mancanza di comunicazione e poca sensibilità verso le vittime», rileva la madre della ragazza minacciata che si è quindi rivolta al Consiglio della magistratura (organo di vigilanza) chiedendo un incontro per esporre le criticità e sollecitare un controllo riguardo all’operato della Magistratura dei minorenni. Tema principale, una presunta errata valutazione del caso: «Perché il giovane accoltellato ha in effetti rischiato grosso».
Interpellata dalla ‘Regione’ la magistrata dei minorenni Fabiola Gnesa assicura che la magistratura «ha agito nel rispetto della procedura adottando le necessarie misure atte a proteggere sia l’imputata, con misure educative e protettive, sia la vittima che le altre persone coinvolte». Aggiunge poi che le misure vengono prese tenendo conto della situazione, secondo un principio educativo, protettivo e punitivo. «Come magistratura dobbiamo anche capire qual è la situazione personale e sociale dell’imputato perché dobbiamo cercare di aiutarlo, perché un giovane che commette un fatto grave significa che sta male. Chiaramente, in tutto questo teniamo debitamente conto anche delle vittime che proteggiamo». Facciamo anche presente che l’anno scorso l’accoltellatrice si è trovata nella medesima classe della testimone dei fatti e all’epoca le restrizioni imponevano un distanziamento dai ragazzi coinvolti. La testimone è stata pertanto spostata. Problema nel problema: la direzione scolastica non era al corrente di questa situazione. «Il magistrato non può informare la direzione», replica: «Anche per i minorenni c’è il diritto alla protezione dei dati. È una questione educativa e protettiva, il giovane deve poter ripartire».