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‘Il Cardiocentro è ben lanciato, ma serve più ricerca’

Oggi l’Istituto festeggia i 25 anni di attività. Il periodo turbolento dell’integrazione nell’Eoc è alle spalle. Ne parliamo con il direttore Manserra

‘La nostra qualità è riconosciuta a livello svizzero e internazionale’
(Ti-Press)
21 settembre 2024
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Venticinque anni che vogliono essere «solo la tappa di un percorso di crescita». Perché il Cardiocentro di Lugano, «anche se sarebbe meglio dire il Cardiocentro del Ticino», dopo qualche anno di assestamento tra il passaggio sotto il cappello dell’Ente ospedaliero cantonale e la pandemia «è ben lanciato per affrontare le sfide che lo aspettano», afferma il direttore dell’Istituto Massimo Manserra che abbiamo incontrato per fare un bilancio tra passato e futuro. Tra queste, quella di contribuire a creare in Ticino un ospedale universitario. «Ma la strada è lunga e servirà investire molto, soprattutto nella ricerca e formazione».

Il direttore generale dell’Eoc Glauco Martinetti settimana scorsa, presentando il nuovo Istituto per la medicina di famiglia, ha affermato: “Decenni fa si diceva che la cura migliore in Ticino era un treno per Zurigo. Ora non è più così”. È d’accordo?

Condivido pienamente l’espressione. In questi ultimi 25 anni sono stati fatti passi avanti nella sanità ticinese. Grandi passi avanti. Certo, la Svizzera interna è stata ed è un punto di riferimento importante. Ma siamo riusciti anche noi a sviluppare dei concetti di formazione diventando attrattivi per figure importanti a livello internazionale. Figure interessate dalla medicina che proponiamo e dal modo in cui lo facciamo.

In questo progresso che ruolo ha giocato il Cardiocentro?

Un ruolo centrale. Per usare la metafora di Martinetti, se sono stati comprati meno biglietti del treno per Zurigo il merito è anche nostro. Il Cardiocentro è infatti diventato un presidio irrinunciabile a livello cantonale. Sia per quello che offre a livello di cure sia per il prestigio riconosciuto a livello nazionale e internazionale. Questo è un dato di fatto, in Ticino si fa e si può fare una medicina di qualità al pari delle altre realtà svizzere.

Come?

Lavorando sulle sinergie. Il Cardiocentro è ora un giovane adulto, che ha superato l’adolescenza ed è ben lanciato. Grazie all’integrazione nell’Eoc possiamo guardare a sinergie con specializzazioni che non sono la sola cardiologia. Penso ad esempio alla chirurgia toracica e alla chirurgia vascolare.

A proposito dell’integrazione del Cardiocentro all’interno dell’Ente ospedaliero cantonale, il passaggio è stato formalizzato il 9 agosto del 2019 con l’accordo firmato da Fondazione Cardiocentro ed Eoc. Un accordo arrivato al termine di discussioni accese che per poco non hanno portato a una votazione popolare. Cosa resta di quel periodo?

La storia e l’esperienza. Sono stato l’ultimo direttore del Cardiocentro sotto la Fondazione e il primo dell’era Eoc. Sicuramente quel periodo ci ha mostrato l’importanza di questo Istituto. Una realtà fatta da personalità forti. Di quel periodo vogliamo mantenere soprattutto gli spunti positivi e portarli avanti con una squadra più ampia come è quella dell’Ente ospedaliero cantonale.

Facciamo un salto indietro. L’integrazione, nelle modalità con cui è avvenuta, è stata la scelta giusta col senno di poi?

Mi sento di dire che è stata la scelta giusta in quel momento. Alla prova dei fatti il Cardiocentro è rimasto e ha il compito di mantenere le sue caratteristiche acquisite negli anni. Parlo soprattutto di innovazione e dinamicità. Possiamo quindi dire che va bene così. Anzi, se non ci fosse stata l’integrazione probabilmente i progetti che oggi abbiamo lanciato con l’Eoc sarebbero ancora dei sogni nei cassetti. Oggi si discute tutti all’interno della stessa organizzazione e, anche con le complessità di un ente pubblico, le decisioni vanno in un’unica direzione. Quando a sedersi a un tavolo per discutere sono due attori diversi e non legati tra loro è sempre più difficile stabilire chi fa cosa. Insomma, guardando alle opportunità che abbiamo la scelta si è rivelata giusta.

Guardando avanti, invece, il sogno nel cassetto è di veder realizzare in Ticino un Ospedale universitario. Per raggiungere l’obiettivo, però, da più parti è stata sottolineata la necessità di insistere ancora di più su ricerca e formazione.

Un contributo importante lo darà la neonata facoltà di scienze biomediche dell’Università della Svizzera italiana. Come Cardiocentro abbiamo sempre insistito su questo punto e negli ultimi anni siamo riusciti a portare in Ticino importanti profili nel campo della ricerca clinica. Il focus resta la cura, è chiaro, ma cure migliori derivano da un buon lavoro di ricerca.

Sempre a proposito di ricerca e ospedale universitario, il direttore generale dell’Eoc negli scorsi mesi ha affermato che ‘la ricerca in Ticino cresce ma lo fa senza il sostegno finanziario del Cantone’. Insomma, una sveglia alla politica…

Glauco Martinetti ha ragione. La ricerca è un elemento imprescindibile per sviluppare un settore sanitario di qualità e quindi anche ambire ad avere un ospedale universitario in Ticino e un ente pubblico non può per legge investire i soldi provenienti dalla Lamal per la ricerca. Certamente sappiamo che le risorse a disposizione dello Stato non sono infinite, soprattutto in periodi di ristrettezze finanziarie come quelli che stiamo attraversando, ma uno sforzo collettivo è necessario se ci crediamo e vogliamo davvero raggiungere un determinato obiettivo.

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