Terminata la prima fase, ora i lavori di valorizzazione dell'antico nucleo proseguono. Alberto Marietta: ‘I costi crescono, ma i cittadini ci sono vicini’
Malgrado alcune difficoltà, proseguono senza sosta i lavori per il recupero e la valorizzazione del nucleo di Prada, una antico quartiere di Bellinzona, situato a circa 580 metri di altitudine sopra Ravecchia e abbandonato misteriosamente nella prima metà del XVII secolo. «Negli scorsi giorni è terminata la prima fase incentrata sulla conservazione e il restauro parziale di nove edifici a nord-ovest del villaggio», afferma a ‘laRegione’ Alberto Marietta, presidente della Fondazione Prada. «Il risultato ottenuto, con una spesa di quasi 1,6 milioni di franchi, è sorprendente e rispecchia appieno le aspettative e le direttive dell’Ufficio dei beni culturali (Ubc)». Lavori che hanno inoltre permesso di riportare alla luce alcuni reperti (l’ultimo in ordine tempo è un focolare) e di capire qualcosa in più su chi viveva in questo nucleo. Ora si proseguirà con la seconda e la terza fase del progetto che, oltre allo scavo e consolidamento di ulteriori stabili, prevede fra l’altro anche la sistemazione del sagrato della chiesa la realizzazione di un punto di accoglienza (Cà da Prada). «I preventivi di dettaglio per queste opere sono in fase di allestimento, ma è ragionevole prevedere una spesa complessiva di almeno 2 milioni di franchi».
Ricordiamo che inizialmente l’intero progetto prevedeva costi pari a 1,7 milioni. Nel frattempo i costi sono però cresciuti, come già indicato alla fine dello scorso anno. «Come confermatoci dall’Ubc, opere di recupero di questo genere comportano sempre molteplici imprevisti e difficoltà. Anche a Prada ci siamo così trovati confrontati con problematiche come la natura molto friabile del terreno in certe zone, che ha imposto il necessario rinforzo e la posa di drenaggi supplementari, oppure una quantità maggiore di materiale di crollo all’interno degli stabili e una maggiore fragilità dei muri sommersi rispetto alle ipotesi iniziali», spiega Marietta. Imprevisti che hanno quindi «comportato e che comportano tuttora un maggior costo impossibile da definire prima dello scavo del singolo stabile». La Fondazione – costituita nel 2016 per volere dei Patriziati di Ravecchia, Bellinzona, Carasso e Daro, della Città di Bellinzona, dell’Associazione Nümm da Prada e della Parrocchia di Ravecchia – aveva così avviato già a fine 2023 una raccolta fondi. «Possiamo contare su aiuti federali, cantonali e comunali (nella misura del 65%), ma per coprire tutti i costi è necessario l’aiuto di enti terzi (in primis altre fondazioni) così come di privati cittadini. Cittadini che hanno sino a oggi mostrato la loro vicinanza al nostro progetto e che invitiamo a continuare a sostenerci».
Come detto i lavori hanno anche permesso di riportare alla luce antichi reperti. Lo scorso anno era ad esempio stato ritrovato un forno presumibilmente per il pane, mentre «qualche settimana fa, il nostro archeologo Giorgio Nogara, che segue giornalmente i lavori a Prada, ci ha comunicato il ritrovamento del primo focolare al pianterreno di un edificio», rileva il presidente della Fondazione. «Ciò rispecchia la particolarità di Prada, dove i pianterreni, a differenza di quanto constatato regolarmente in agglomerazioni comparabili, non sembrano generalmente essere occupati da cucine o stalle, bensì da cantine, magazzini e laboratori». Sono tornati alla luce anche alcuni oggetti di uso quotidiano, come «coltelli, forche da fieno, prede per affilare le falci, ma anche resti di serrature di porte o finestre, chiavi e cocci di recipienti da cottura risalenti al XV e al XVI secolo, nonché un anello, probabilmente appartenuto a una donna, ritrovato sul suolo in calce di uno degli edifici». Gli oggetti ritrovati in realtà non sono molti, «a conferma del fatto che al momento dell’abbandono del villaggio è stato portato via il più possibile».
La prima fase di lavori appena conclusasi ha inoltre «permesso di evidenziare la particolarità degli edifici di Prada», sottolinea Marietta. Ovvero «case molto grandi (in massima parte di tre piani) e ben costruite, sicuramente abitate da una popolazione relativamente benestante e quindi dal tenore di vita comparabile a quella che viveva tra le mura di Bellinzona, di cui Prada, con le sue molteplici vie di comunicazione interna, sembra costituisse un quartiere». Ricordiamo che il villaggio era abitato sin dal Medioevo (prima attestazione nel 1381) e che nel 1583 vi si contavano ancora 40 famiglie, che corrispondono a circa 160-200 persone. A partire dalla prima metà del 1600 il nucleo fu poi abbandonato per una serie di cause ancora sconosciute.
E ora come si procederà? «Il Consiglio di fondazione coadiuvato dalla direzione di progetto composta dall’ingegner Andrea Demarta (capoprogetto), Renzo Bagutti (architetto) e Giorgio Nogara (archeologo), sta lavorando alla seconda e alla terza fase progetto», afferma il presidente. Fasi «che comprendono, rispettivamente, la conservazione e il restauro parziale di 16 edifici che si trovano a sud-est del villaggio. Sono inoltre previsti i lavori di sistemazione del sagrato della chiesa, con la valorizzazione dei sette o otto edifici che vi si trovano, dei quali uno verrà adibito a punto d’accoglienza, centro d’informazione sui risultati ottenuti con i lavori e a magazzino per il deposito di materiale».