laR+ uffici postali

‘Agire secondo certe logiche spinge verso l’isolamento sociale’

Amareggiati ma intenzionati a farsi sentire i sindaci dei comuni toccati dalle prospettate chiusure. Il governo: la Posta garantisca un dialogo autentico

È scattato l’allarme
(Ti-Press)
24 agosto 2024
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Bellinzona delusa e preoccupata, Faido soddisfatta, Mesocco e Riviera s’interrogano in vista di un incontro chiesto dalla Posta senza però specificare il motivo. Sentimenti contrastanti nel Bellinzonese e valli – da dove iniziamo la raccolta delle reazioni – dopo il nostro articolo di ieri che anticipava la localizzazione dei primi 12 uffici postali su una ventina (ovvero un terzo dei 62 attualmente presenti nella Svizzera italiana) che verranno chiusi entro il 2028.

Solo a Faido una soluzione che soddisfa

Cominciamo da nord. A Faido è vero che chiuderà l’attuale ufficio postale situato lungo la strada cantonale, ma uno nuovo ne verrà creato, l’anno prossimo, all’interno della Migros che a sua volta è in procinto di avviare il restyling del grande magazzino situato in piazza Franscini. Negli attuali spazi lasciati vuoti dal Gigante giallo s’insedierà una farmacia, che darà una nuova veste all’intero pianoterra. «C’è insomma aria di novità e non possiamo che essere contenti», ci spiega il sindaco Corrado Nastasi evidenziando che «con la Posta ci sono stati diversi incontri sfociati in una soluzione che ci soddisfa». Il supermercato Migros sarà rinnovato durante il prossimo autunno/inverno; non è nota invece la tempistica della Posta. Confermato però che sarà una filiale con personale postale, come già fatto l’anno scorso nel centro commerciale di Sant’Antonino.

‘Ci opporremo all’eventuale smantellamento’

Dal canto loro i sindaci di Riviera e Mesocco non hanno dettagli e attendono i rispettivi incontri con la Posta previsti prossimamente. Sono però già pronti, con i colleghi di Municipio, a mettersi di traverso. Nel primo caso parliamo dell’ufficio di Lodrino, il quartiere più popoloso di Riviera: «Ci opporremo all’eventuale smantellamento», attacca Cristiano Triulzi; «è assolutamente necessario che l’ufficio postale rimanga nella modalità che conosciamo oggi», sottolinea evidenziando che il Comune ha già integrato, negli anni passati, le agenzie dei quartieri di Osogna, Iragna e Cresciano. «Inoltre è importante che la questione non sia gestita dal solo Comune. Un sostegno della politica cantonale e federale sarebbe più che opportuno». Analoghe preoccupazioni per Mattia Ciocco: «Sarebbe preoccupante se nell’intera Mesolcina, che misura 40 chilometri, rimanesse unicamente l’ufficio di Roveredo. Nell’alta valle il servizio è indispensabile, specialmente in questa fase di forte sviluppo turistico di San Bernardino».

‘A Berna si decide, poi è troppo tardi’

A Bellinzona il sindaco esprime «delusione» per la decisione, comunicata di recente alle autorità cittadine, di chiudere gli uffici postali Semine e San Paolo, entrambi al servizio di quartieri molto popolosi e in crescita demografica costante. «Questo è il risultato – obietta Mario Branda – dell’impostazione data dalla politica federale. Quando poi le decisioni di chiusura si materializzano sul piano locale, è troppo tardi. Se la Posta decide, poi raramente torna indietro. Certamente è possibile interporre ricorso, ma la storia insegna che si tratta di sforzi quasi sempre vani che servono forse a ‘tirar là’ qualche mese». Il tema è sul tavolo del Municipio: «Stiamo approfondendo e a tempo debito comunicheremo la nostra posizione, che in questo momento è di forte contrarietà. Peraltro ricordo che non senza sacrifici la Città ha integrato nei propri sportelli di quartiere le agenzie postali di Camorino e Claro. Ma si tratta di uffici per i quali la Posta aveva espresso a suo tempo un interesse al loro mantenimento. Cosa che purtroppo non sembra valere oggi per Semine e San Paolo».

‘Interrogarsi a livello federale’

Per il sindaco di Locarno, Nicola Pini, «leggere di queste notizie non fa sicuramente piacere. Un’eventuale chiusura di una filiale in Città, nello specifico a Solduno, sarebbe una grave perdita per un quartiere importante e di riflesso per il Municipio di Locarno. Quando parlo di grave perdita mi riferisco al servizio pubblico, ma anche all’aspetto sociale e aggregativo: l’ufficio postale non è semplicemente il disbrigo di pratiche burocratiche, ma anche un centro di aggregazione. Agendo secondo certe logiche si spinge verso un isolamento sociale». Proprio guardando al recente passato, Pini aggiunge che «la notizia un po’ sorprende: non tanto tempo fa, nel 2021, la Posta aveva investito nella filiale di Solduno; si parlava di una filiale di Locarno 4 orientata al futuro. La Posta diceva di voler essere il motore di una Svizzera moderna ed era, in quest’ottica, importante avere una rete stabile». L’intenzione del Municipio è «sicuramente quella di farci sentire. È già previsto un incontro nel corso del mese di settembre. L’obiettivo è naturalmente trovare una soluzione che consenta di continuare a garantire il servizio postale, anche se va sottolineato che le armi in mano ai Comuni sono spuntate poiché pressoché nulli sono i margini di manovra politici. Se n’è parlato spesso anche in Gran Consiglio. Credo che su questo bisognerà prima o poi interrogarsi seriamente a livello federale».

«Incontreremo la Posta a fine settembre, ma quando la settimana scorsa ci hanno contattato dicendo che volevano discutere la situazione della filiale di Verscio, abbiamo subito intuito dove sarebbero andati a parare – ci confida il sindaco di Terre di Pedemonte, Giotto Gobbi –. Siamo consci che sempre più persone fanno capo ai servizi digitali, ma non tutti, per cui il Municipio farà di tutto per evitare la chiusura dell’ufficio in questione, che oltretutto è l’ultimo rimasto in zona (in Onsernone il servizio è gestito dal Comune, per le Centovalli è stato integrato nella Casa anziani di Intragna) ed è ubicato in maniera ottimale, sulla piazza del paese dove ci sono vari commerci e della quale è un tassello fondamentale. Se non dovesse essere possibile, cercheremo di trovare una soluzione per garantire almeno i servizi di base equivalenti a quelli offerti oggi».

‘Altra scelta penalizzante per gli anziani’

«Cercheremo di difendere il nostro ufficio postale». È con questo spirito che il sindaco di Mezzovico Mario Canepa ha accolto la notizia della possibile chiusura della filiale del paese. «Questo mercoledì abbiamo ricevuto una lettera in cui ci chiedevano un incontro insieme ai responsabili della Posta, che probabilmente si terrà agli inizi di settembre. Per il momento, oltre a quanto è uscito sui giornali, è tutto quello che sappiamo. Comunque sarebbe un gran peccato, già in passato l’ufficio postale è stato traslocato dalla piazza del paese vicino alla strada cantonale e a un centro commerciale. Per gli anziani già quella era una scelta penalizzante, se dovessero veramente cancellare la filiale di Mezzovico saranno costretti a raggiungere quelle di Rivera o di Taverne, che magari per loro non è così semplice». Tra le filiali per cui è prevista la chiusura entro il 2028 risultano anche quelle di Cadro e Maglio di Colla. Inutili i tentativi di raggiungere il sindaco Michele Foletti per una reazione a riguardo. Ciò che si può ricordare è che nel 2019 la Città si era messa di traverso alla decisione di chiudere l’ufficio postale di Besso inoltrando ricorso alla Commissione federale delle Poste. Un tentativo vano.

‘Non ne sapevamo nulla’

Per il sindaco di Mendrisio Samuele Cavadini la notizia che la Posta prevede di chiudere la succursale del quartiere di Arzo è stata un po’ un fulmine a ciel sereno. «Noi non ne sapevamo assolutamente nulla – dichiara –. Non abbiamo ricevuto nessuna comunicazione ufficiale da parte della Posta, e francamente sono seccato da questa cosa. Aspettiamo una lettera ufficiale, e nel caso non dovesse arrivare, provvederemo noi a prendere contatto. Per noi è importante che ci sia un servizio postale ad Arzo, perché è una presenza essenziale per tutta la montagna». In un’interrogazione inoltrata al Municipio per chiedere proprio come questo abbia appreso la notizia e come intenda muoversi, Massimiliano Robbiani (Lega) parla di una decisione che “innegabilmente creerà disagi significativi per tutti i cittadini di Arzo e dei quartieri vicini”.

Aveva già invece incontrato i delegati del Gigante giallo qualche settimana fa il sindaco di Novazzano Sergio Bernasconi: «Si sono presentati con questa, chiamiamola così, ‘proposta’ – afferma –. Hanno i loro argomenti e i loro parametri che sostengono che sempre meno persone si recano all’ufficio postale, ma durante l’incontro non c’era nulla di deciso. Adesso attenderemo settembre quando rientreranno tutti i colleghi, ma la nostra idea come Municipio è sicuramente quella di fare ricorso per mantenere aperto l’ufficio. Anche perché loro sostengono che, nel caso venisse chiuso, vi sarebbero comunque altre succursali a 20 minuti di distanza, come ad esempio Chiasso o il Serfontana, ma sappiamo benissimo che con il traffico spesso i tempi di percorrenza sono molto più lunghi».

‘Imbarazzanti rassicurazioni’

In un’interpellanza rivolta al governo i deputati Mps in Gran Consiglio Matteo Pronzini e Giuseppe Sergi, ricordando che lo scorso 7 giugno avevano chiesto al Consiglio di Stato quali passi concreti stesse intraprendendo per scongiurare nuove chiusure di uffici postali, deplorano che la risposta fu “una serie di frasi vuote già dette in occasione di precedenti interpellanze, chiudendo con imbarazzanti rassicurazioni sull’ottima collaborazione e l’ottimo dialogo con la Posta”. Oltre a domandare l’elenco di tutti gli uffici che la Posta è intenzionata a chiudere, i due granconsiglieri chiedono che vengano resi noti in modo completo gli aspetti principali e la data della comunicazione ricevuta dalla Posta; la risposta data dal Consiglio di Stato; e se quest’ultimo ha preso contatto con i Municipi toccati al fine di coordinare una ferma opposizione.

Cantone e deputazione

In attesa del quadro complessivo

Qual è la posizione del Consiglio di Stato sulla prospettata chiusura della ventina di uffici postali? Domanda che abbiamo girato al direttore del Dipartimento finanze ed economia, nonché presidente del governo, Christian Vitta e al responsabile, in seno al Dfe, della Divisione economia Stefano Rizzi. «Il Consiglio di Stato – fanno sapere – si attende che la Posta garantisca un dialogo autentico con le realtà locali circa la configurazione della rete. La definizione della rete postale deve poi rispondere anche a criteri ed esigenze regionali che vadano oltre al mero rispetto delle prescrizioni legali o a logiche di mercato (per esempio in materia di raggiungibilità del servizio nelle regioni rurali). Inoltre, raccomanda all’ex regia federale di evitare chiusure senza soluzioni sostitutive, soprattutto se in disaccordo con gli enti locali toccati. Inoltre, il governo si aspetta che la Posta adotti un approccio socialmente responsabile con i collaboratori e le collaboratrici che dovessero essere toccati dalle misure in discussione, evitando licenziamenti e cercando sempre soluzioni adeguate per il personale interessato. Ancora lo scorso giugno il Consiglio di Stato si è rivolto al responsabile della rete postale per ribadire i propri punti d’interesse». Già nelle scorse settimane, indica Vitta, «il Consiglio di Stato ha convenuto un incontro con i vertici della Posta. Ci si aspetta la presentazione di un quadro complessivo, con tutti i dettagli del caso». Non solo. Il tema «sarà anche oggetto di discussione con la Deputazione a Berna in una riunione prevista proprio nei prossimi giorni, per valutare congiuntamente quale strategia adottare a livello federale».

‘Sarebbe bello offrissero valide alternative’

Per il presidente della Deputazione ticinese alle Camere federali, il consigliere nazionale Udc Piero Marchesi, «la chiusura degli uffici postali non fa sicuramente piacere a nessuno. A titolo personale posso però in parte capire la strategia aziendale». E spiega: «Tutti noi andiamo sempre meno in Posta, facciamo i pagamenti online e spediamo meno lettere. Questo provoca una minore attività degli uffici postali. Come Deputazione incontreremo la direzione della Posta prossimamente e avremo modo di tematizzare anche questo aspetto. C’è dunque da parte nostra la volontà di affrontare il tema, cercando però di avere tutti i dati sul tavolo». In tal senso, Marchesi si sofferma sulle possibili alternative talvolta proposte alla chiusura di una filiale. «È importante capire – rimarca – quali siano le possibili strade che la Posta potrebbe intraprendere qualora volesse chiudere i tradizionali uffici postali. Spostare i servizi per esempio in un ufficio cambio, come avvenuto nel mio Comune a Ponte Tresa, o nel negozio di paese – osserva il presidente della Deputazione – permetterebbe agli utenti una maggiore accessibilità. I tradizionali uffici postali sono infatti di norma chiusi sul mezzogiorno e hanno orari molto ristretti. Sarebbe bello che la decisione della Posta potesse offrire una valida alternativa».