La videosorveglianza del negozio preso di mira chiarisce la dinamica prima della colluttazione. L'agente viene ‘scagionato’ pure per la seconda esplosione
Il primo dei due colpi è stato esploso dall’agente della Polizia della Città di Lugano verso l’ingresso della gioielleria, dopo che il rapinatore all’interno del negozio gli ha puntato l’arma contro. Invece, non ci sono riscontri sull’ipotesi in base alla quale, prima, l’uomo abbia premuto il grilletto. Quella del poliziotto, pare una reazione proporzionata. Emergono questi dettagli inediti, sulla base della videosorveglianza attiva nel commercio preso di mira, in merito al rocambolesco tentativo di rapina andato in scena martedì scorso alla gioielleria-ufficio di cambio Taleda di via Pessina di Lugano. Chiunque si trovava in quella zona del centro città ha sentito anche un secondo sparo, quello esploso dallo stesso agente durante la colluttazione avuta col rapinatore che, dopo aver alzato le mani all’uscita del negozio, ha tentato la fuga. Invano.
Intanto prosegue l’inchiesta penale, coordinata dal procuratore pubblico Simone Barca, mentre continua a far discutere il comportamento dell’agente della Polizia di Lugano che assieme a una collega passava di lì in sella alla bicicletta e che ha sventato la rapina. Nell’operazione, prima che arrivassero i rinforzi delle forze dell’ordine, l’agente ha esploso due colpi di arma da fuoco con la pistola di ordinanza. Su questi episodi sono scattate le verifiche affidate al Procuratore generale Andrea Pagani, che sta attendendo il rapporto della Polizia scientifica. Contattato dalla ‘Regione’, il Ministero pubblico si limita a riferire che “nell’ambito del procedimento penale riguardante la rapina e dei contestuali accertamenti sull’utilizzo dell’arma di servizio, è stata acquisita – come da prassi – la documentazione audio-video disponibile sui fatti. Le verifiche da parte degli inquirenti sono tuttora in atto e non si ritiene, di conseguenza, di dover rilasciare ulteriori informazioni”.
Il filmato effettuato dall’alto è stato inoltre oggetto di un’analisi dettagliata da parte di Manuel Spadaccini, ex carabiniere, professionista del settore difesa personale e sicurezza e consulente per il settore difesa e sicurezza e istruttore per le forze dell’ordine. In base al video girato dall’alto, lo specialista ricostruisce i fatti a partire dal momento in cui il rapinatore alza le mani, facendo intendere di volersi arrendere, ma poi tenta di scappare. Spadaccini tesse le lodi del poliziotto che, con la mono libera, non molla il malvivente nemmeno dopo essere caduto a terra. Il comportamento dell’agente è considerato corretto: aveva l’arma in pugno perché la situazione lo imponeva. Il poliziotto, poi, continua a tenere in mano la pistola non avendo il tempo di rinfoderarla. Secondo Spadaccini, l’agente usa l’arma nella maniera giusta, per colpire il rapinatore in faccia. Lo riesce a colpire ben due volte. La colluttazione prosegue, poi il poliziotto tenta ti colpire ancora in faccia il malvivente ma ha il dito indice sul grilletto e non lungo la canna come avrebbe dovuto. L’analisi mostra che lo sparo viene esploso quando il poliziotto riprova a colpire in faccia il rapinatore, ma la mano di quest’ultimo si scontra con l’arma, cosa che fa scattare il grilletto. È quindi la reazione del rapinatore a causare lo sparo, che parte con la pistola di lato ma verso l’alto. Tanto che, spiega Spadaccini, il bossolo ricade a terra dopo 2,66 secondi.
Il colpo quindi viene esploso involontariamente dal poliziotto, che subito dopo lo sparo torna a posizionare il dito indice lungo la canna della pistola, prima di riporre l’arma nella fondina. Il filmato della colluttazione infatti continua ma l’agente non ha più in mano l’arma e riesce, anche grazie all’intervento di alcuni passanti, a bloccare a terra il rapinatore, con mosse ritenute corrette e apprezzate dallo specialista.