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Rapina in via Pessina, Ocst soddisfatto dall'esito dell'indagine

Il procuratore generale Andrea Pagani firma un decreto di abbandono nei confronti del poliziotto della città di Lugano, che ha esploso due colpi

Nel pomeriggio del 2 luglio scorso, dopo il colpo sventato
(Ti-Press)
8 agosto 2024
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Ha agito per legittima difesa esimente, per il primo colpo esploso, mentre il secondo è partito inavvertitamente dalla pistola del poliziotto della Città di Lugano, durante la colluttazione con uno dei quattro rapinatori della gioielleria Taleda in via Pessina a Lugano, lo scorso 2 luglio. Sono le motivazioni alla base del decreto di abbandono in relazione alle ipotesi di reato di tentato omicidio intenzionale, tentate lesioni gravi ed esposizione a pericolo della vita altrui, firmato dal procuratore generale Andrea Pagani, che ha concluso l’inchiesta penale a carico dell’agente intervenuto, assieme a una collega, scongiurando il colpo. Il magistrato ha appurato che l’uso dell’arma di servizio da parte del giovane poliziotto è stato legittimo.

Soddisfatto il sindacato polizia dell’Ocst

Dal canto suo, il sindacato polizia dell'Ocst ha espresso “soddisfazione per l'abbandono del procedimento nei confronti dell’agente della polizia della Città di Lugano che aveva esploso due colpi di arma da fuoco mentre, con una collega, sventava una rapina a mano armata in centro a Lugano”. L’associazione di categoria si rallegra pure del fatto che l’inchiesta sia stata svolta con celerità. Questo rappresenta “un buon segnale per l’operato della polizia, che si trova ad affrontare situazioni fortemente critiche nelle quali gli agenti sono chiamati a garantire la sicurezza e proteggere le persone coinvolte in condizioni di forte stress. La preparazione fisica e psicologica che i nostri agenti di polizia dimostrano è frutto di un intenso lavoro ed è un valore importante per la popolazione che non va dato per scontato”. Il pg ha fatto gli approfondimenti del caso sulla scorta di una minuziosa ricostruzione dei fatti basata su interrogatori, filmati dell’accaduto e su un attento esame degli atti. Sotto la lente, in sede di istruttoria, sono finite le due azioni che, in momenti distinti, hanno portato l’agente a esplodere due colpi di pistola.

Aveva la pistola puntata addosso

Nel primo caso (avvenuto quando la rapina era in corso e i quattro si trovavano nel negozio), le immagini della videosorveglianza interna della gioielleria e le dichiarazioni dei protagonisti, si legge nella nota del Ministero pubblico, “permettono di ritenere perfettamente accertato che l'agente di polizia ha sparato un secondo dopo che uno dei rapinatori, con il dito sul grilletto, gli aveva puntato addosso una pistola da una distanza stimabile attorno al metro. Era dunque in essere una minaccia ingiusta di un’aggressione imminente alla sua vita. Egli ha pertanto agito per legittima difesa esimente. Il colpo è stato deviato da un vetro antiproiettile e che nessuno è rimasto ferito”. Per quanto riguarda il secondo sparo, avvenuto nella successiva colluttazione in via Pessina con un rapinatore, che nel negozio era armato, è stato accertato “che il colpo è partito inavvertitamente nel contesto del corpo a corpo, quando uno dei due malviventi di nazionalità serba (l’altro era l’autista) ha alzato un braccio per ripararsi urtando con la mano la pistola impugnata dall’agente. Questi non ha dunque agito con dolo (nemmeno eventuale) con la conseguenza che per questa seconda fattispecie non risultano adempiuti gli elementi soggettivi dei reati ipotizzati”.

Sotto la lente il passato dei malviventi

Intanto, proseguono le indagini sulla rapina, coordinate dal procuratore pubblico Simone Barca che ha ipotizzato la ipotesi di reato di rapina aggravata, esposizione a pericolo della vita altrui, violenza e minaccia contro funzionari e infrazione alla Legge federale sulle armi nei confronti del quartetto. Mentre i quattro si trovano dietro le sbarre nel comparto di sicurezza della Farera, in regime di carcerazione preventiva per la durata massima di tre mesi, che è stata confermata dal Giudice dei provvedimenti coercitivi, gli inquirenti stanno indagando sul passato e sull’identità dei quattro rapinatori. Per due di loro, ci sono indizi che mostrerebbero un legame con la banda criminale dei Pink Panthers, che venne costituita da ex militari serbi e si specializzò in azzardate rapine in mezza Europa. Un presunto legame che sconfesserebbe la versione fornita dal quartetto nell’interrogatorio di un paio di settimane fa, quando di fronte al magistrato, hanno dichiarato di essersi conosciuti recentemente e di aver deciso di rapinare il negozio di via Pessina, senza una particolare pianificazione né preventivi appostamenti. I due rapinatori armati quasi sicuramente hanno avuto un ruolo più rilevante rispetto agli altri due, uno dei quali ha tentato la fuga, ma è stato fermato vicino alla Cattedrale, mentre il giovane serbo di 34 anni, che ha fatto l’autista, ha dichiarato di non sapere che due di loro avessero altrettante pistole. Il 34enne, che ha un precedente penale per droga in Cechia, avrebbe avuto un ruolo più marginale, ma il giorno prima del colpo ha portato a Lugano i due scooter posteggiati accanto all’autosilo Motta con i quali i malviventi volevano fuggire.

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