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Chiusa l’inchiesta Belfor sulla maxi truffa assicurativa

Prospettata la promozione dell’accusa ai 9 principali indagati: corruzione, appropriazione indebita, amministrazione infedele e falsità in documenti

Raggiro milionario
(Ti-Press)
9 luglio 2024
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Per tante inchieste che non vedono la fine anni dopo l’apertura, alcune vengono portate a termine – almeno nella loro prima parte – in tempi record. A un anno e mezzo dall’avvio delle indagini, il 5 luglio la procuratrice pubblica Chiara Borelli ha infatti comunicato ai nove principali indagati nel caso Belfor l’imminente chiusura dell’istruzione penale. Prospettando la promozione delle rispettive accuse, dà la possibilità alle parti di presentare eventuali richieste di complementi entro due settimane. Superata questa fase, ogni posizione sfocerà presumibilmente nella stesura degli atti d’accusa, o in un atto d’accusa collettivo, con relativa trasmissione al Tribunale penale cantonale cui compete la fase processuale. Quasi tutti, arrestati un anno fa, hanno trascorso più settimane in detenzione preventiva. Altri indagati, per un totale di una quindicina, sono stati disgiunti dal filone principale e nei loro confronti si procede separatamente.

Gonfiare le fatture e intascare

Belfor, ricordiamo, è la succursale di Lumino della ditta lucernese Belfor Suisse Ag attiva a livello mondiale nel ripristino di edifici danneggiati da sinistri. Gruppo costituitosi accusatore privato dichiarandosi vittima dell’agire dei due dirigenti della filiale ticinese, due fratelli di 50 e 41 anni domiciliati rispettivamente a Claro e a Roveredo. Nel frattempo licenziati dalla casa madre confederata, nell’ambito dei loro frequenti rapporti con cinque compagnie assicurative avrebbero costruito – secondo gli inquirenti – una fitta rete di rapporti truffaldini orientati a materializzare importanti benefici economici in alcune tasche a scapito delle compagnie medesime. In modus operandi, parzialmente ammesso dagli indagati: gonfiare le fatture per lavori di ripristino, o inventare interventi dove non ve n’era la necessità e distribuire il denaro che andava così ad alimentare un circolo vizioso portato avanti nella massima discrezione da assicuratori, progettisti e periti compiacenti. Un caso fra tanti, forse il più eclatante, quello di un piccolo incendio verificatosi nella cucina al San Giovanni di Bellinzona nel gennaio 2017 e sfociato in svariate settimane di lavori sovrafatturati ai danni dell’assicurazione dell’Ente ospedaliero cantonale. Finché qualcuno ha vuotato il sacco (ci arriviamo) e sono emerse cifre milionarie per un malandazzo – se così sarà confermato dai tribunali – che andava avanti almeno dal 2011.

Raggirate cinque compagnie

Corposo l’elenco dei reati esposti nelle quattro pagine di chiusura dell’istruzione: truffa, truffa per mestiere, amministrazione infedele, corruzione attiva e passiva di privati, corruzione attiva di pubblici funzionari, accettazione di vantaggi, appropriazione indebita, falsità in documenti, infrazione e contravvenzione alla legge sugli stupefacenti. Per un danno nell’ordine di milioni di franchi. Oltre a Belfor medesima, sono cinque le compagnie assicurative danneggiate: Basilese, Zurigo, Axa, Helvetia e Mobiliare. Le quali, scoperto l’inganno, hanno provveduto a licenziare o a separarsi subito dai loro dipendenti e consulenti indagati e, stando all’accusa, lautamente corrotti. Tre in tutto: un 58enne di Lugano, un 45enne di Biasca e un 60enne di Canobbio. Uno di questi era il responsabile del servizio sinistri di una compagnia: avrebbe ricevuto regali/bonus sia in contanti, sia tramite prestazioni in natura o pagamenti diretti di fatture; in cambio avrebbe dato la precedenza a Belfor nell'ambito dell'appalto dei lavori per i sinistri a lui annunciati.

A carico del funzionario anche episodi precedenti

Nell’elenco delle persone cui si prospetta la promozione a vario titolo di una o più accuse, figurano anche un architetto 66enne di Minusio che agiva da consulente esterno fra assicurazioni e Belfor; un ingegnere 79enne di Stabio fra il 2002 e il 2010 nel management di Belfor Ticino e che insieme ai suoi due dirigenti ha creato la filiale di Bellinzona dell'agenzia Sublimity Management Services per la fornitura in esclusiva di manodopera alla Belfor; e un ex dipendente della Sezione cantonale della logistica, pure licenziato dal Consiglio di Stato la scorsa estate. Classe 1981, domiciliato a Sementina e già in precedenza dipendente Belfor con la qualifica di capo progetto, lavorava alla Logistica dal 2021 senza funzioni dirigenziali: dai suoi ex dirigenti Belfor avrebbe ottenuto vantaggi per 60mila franchi in cambio di informazioni utili su lavori necessari a stabili pubblici; tuttavia il suo nome figura anche in episodi di truffa, corruzione, amministrazione infedele e falsità in documenti risalenti al periodo durante il quale lavorava per Belfor.

Il ruolo di Sublimity, il malandazzo e la querela

La nona persona cui viene promossa l’accusa – una 54enne di Lugano – lavorava al momento dei fatti per la Sublimity di Bellinzona: a inizio 2023 era stata denunciata da un azionista (uno dei due fratelli a capo della Belfor) sospettandola di aver sottratto alla società un milione di franchi. Messa alle strette dagli inquirenti, ha vuotato il sacco dettagliando il malandazzo in corso da anni tramite sovrafatturazioni per prestazioni gonfiate o mai eseguite da operai messi a disposizione della Belfor. La quale, come detto prima, si appoggiava esclusivamente alla Sublimity quale agenzia di lavoro interinale. Più precisamente, la donna ha raccontato che i proventi delle sovrafatturazioni che giungevano dalle assicurazioni a saldo dei sinistri denunciati da proprietari di stabili, dopo essere transitati cash nelle mani dei due azionisti della Sublimity e dirigenti di Belfor Ticino, questi li distribuivano in parte agli assicuratori coinvolti nel disegno.

Tra gonfiatura e ricerca del margine

Durante l’inchiesta, da una sentenza del Tribunale federale espressosi su un ricorso, è emerso che uno degli assicuratori indagati, il responsabile del servizio sinistri, avrebbe a sua volta “gonfiato per anni le fatture emesse dalla Sublimity a carico della Belfor”. Così facendo, Sublimity “avrebbe incassato più del dovuto, formalmente a danno della Belfor, ma ‘de facto’ a danno della compagnia assicurativa, poiché in ultima analisi spettava a essa sopportare il danno causato dal sinistro”. Di conseguenza, dopo aver gonfiato, ecco la parte dell’incasso: “Parte della somma ricevuta indebitamente, poiché lievitata grazie al suo agire, veniva riversata dalla Sublimity al responsabile del servizio sinistri quale compenso”. La linea difensiva porta invece a un’altra tesi: il responsabile del servizio sinistri avrebbe semmai esercitato pressioni su Sublimity nel momento in cui questa andava a definire, fatturando a Belfor, il proprio margine di guadagno. Il quale per taluni lavori eseguiti risultava essere reale, peraltro in base al preventivo largheggiante avallato dal perito assicurativo, e per altri meno. Ciò che la induceva talvolta a emettere verso Belfor – che a sua volta mirava a garantirsi il proprio utile fisso – fatture non troppo dettagliate nelle quali finiva un po' di tutto: anche lavori in realtà mai eseguiti, anche operai mai impiegati o in realtà impiegati su altri cantieri (così da compensare eventuali perdite puntuali), anche spese di vario genere, anche mazzette distribuite ai periti assicurativi compiacenti e in taluni casi assai pretenziosi. Chiusura del cerchio principale.

I soldi sul conto del marito

Nel cerchio secondario figura, fra gli altri indagati disgiunti, il marito della dipendente di Sublimity, titolare di una nota attività in centro a Lugano ma in un altro ambito: sul proprio conto bancario è emerso un anomalo afflusso di denaro gestito dalla moglie. Lei ha spiegato agli inquirenti di aver agito in base a quanto già veniva fatto ancora prima della sua assunzione: attingeva dalle sovrafatturazioni e un po’ teneva per sé, un po’ distribuiva, sempre in contanti, agli azionisti e ai vertici di Belfor Ticino. A ciascuno il suo tornaconto.