La sonora sconfitta di Ocst, Vpod e Sit nell'elezione al Consiglio di amministrazione dell'Ipct mostra la difficoltà dei sindacati a dialogare con la base
L’entrata trionfale di ErreDiPi nel Consiglio di amministrazione dell’Ipct – ovvero nell’organo di supervisione della cassa pensione dei dipendenti pubblici – è una sonora bocciatura per i sindacati ‘storici’. Vpod, Ocst e Sindacati indipendenti ticinesi (Sit), che occupavano nello scorso quadriennio tutti e cinque i posti destinati ai rappresentanti dei lavoratori, si ritrovano ora con soli due eletti. Uno smacco evidente per la reputazione delle tre sigle sindacali, accentuato dal fatto che ci si trova in un periodo cruciale per le sorti della previdenza dei dipendenti pubblici. Un periodo durante il quale, proprio perché i 17mila affiliati attivi temono una decurtazione importante delle proprie rendite pensionistiche, dovrebbe essere più facile per i sindacati comunicare con i lavoratori.
Invece è stato proprio il piano della comunicazione la pietra d’inciampo per Ocst, Vpod e Sit. La carta della “novità” e del “movimento nato dal basso” ha sicuramente giocato a favore di ErreDiPi, ma non basta a spiegare un ribaltamento di forze così importante all’interno di un organo chiamato a decidere su miliardi di franchi di lavoratori e contribuenti. Il portavoce della Rete Enrico Quaresmini (per distacco il più votato) e compagni sono stati bravi nel guidare la protesta di piazza. Quando si manifestava per le rendite pensionistiche, ma pure quando si gridava per carovita e mancate sostituzioni nell’amministrazione pubblica. ErreDiPi ad aprire il corteo, sigle sindacali a ruota. L’immagine dello sciopero del 29 febbraio si è fedelmente riprodotta sulle schede di voto compilate da poco meno del trenta per cento degli affiliati aventi diritto di voto. Una percentuale bassa, è vero, ma comunque in crescita rispetto alle ultime elezioni del consiglio di amministrazione e che non toglie certo legittimità alla vittoria di ErreDiPi.
Un successo, si diceva, più sulla forma che sulla sostanza. La Rete per la Difesa delle Pensioni ha parlato di più (e meglio) dei sindacati per sostenere le ragioni dei lavoratori in vista del voto del 9 giugno. Il compromesso sul quale si è chiamati a votare, capace di mettere d’accordo ampie fette della solitamente litigiosa politica ticinese, è però il frutto di un accordo raggiunto con il governo dai sindacati storici. In particolare dall’iniziativa del Sit, ora rimasto escluso dal Cda.
L’esito dell’elezione è un chiaro spostamento a sinistra della rappresentanza dei lavoratori all’interno dell’organo di supervisione dell’Ipct. Meno posti per i sindacati più moderati (Ocst e Sit in particolare), dentro un’associazione che, pur essendo nata per volontà degli stessi impiegati pubblici, è vicina alle posizioni del barricadero Movimento per il socialismo. Un aspetto, questo, sul quale non mancheranno di ricamare i contrari alle misure di compensazione. Lega e Udc hanno subito cercato di etichettare come “di estrema sinistra” il Cda e quindi, per fantasiosa osmosi, anche le politiche portate avanti da un consesso all’interno del quale siedono pure cinque rappresentanti, è bene ricordarlo, eletti dal Consiglio di Stato.