Il governo replica all’interrogazione di Piezzi (Plr) sull’efficienza di quanto in atto. In aumento i giovani che beneficiano di queste misure
Dall’anno scolastico 2015/2016 a quello attualmente in corso gli allievi che beneficiano di misure di pedagogia speciale sono passati da 740 a 1’231 unità. I dati, forniti dal Consiglio di Stato in risposta all’interrogazione del deputato liberale radicale Aron Piezzi dal titolo ‘Esplosione dei costi della pedagogia speciale: le misure messe in atto sono efficaci?’, si riferiscono al numero di giovani che frequentano la scuola dell’infanzia, la scuola elementare, la scuola media e il post obbligo e che beneficiano, appunto, di prestazioni di pedagogia speciale. Prestazioni erogate da parte di Opi, gli operatori pedagogici per l’integrazione che intervengono all’interno di classi ordinarie accompagnando singoli allievi, e di docenti di scuola speciale, che si occupano di allievi con bisogni particolari all’interno di classi a effettivo ridotto, ubicate all’interno di istituti sociali ordinari.
Piezzi, nella sua interrogazione, chiede dunque lumi al Consiglio di Stato – “anche alla luce, sembrerebbe, dei risultati perlomeno discutibili sulle politiche di inclusione promosse in Ticino e a fronte dell’importante aumento dei costi” – sull’efficacia delle misure messe in atto. Dal canto suo, il governo, si legge nella risposta, “non è al corrente di risultati ‘discutibili’ attribuibili alle politiche inclusive promosse dal Cantone. Al contrario, l’esecutivo ritiene che il sistema scolastico ticinese ottenga risultati interessanti e che la via adottata dal Ticino dia risposte adeguate agli allievi con bisogni educativi particolari, alle loro famiglie e in generale al sistema scolastico e alla collettività”.
Sollecitato da Piezzi, prima di esprimersi sui motivi che spiegano questo aumento, il governo tiene a fare una premessa. “Occorre sottolineare – scrive nella sua risposta – che dal 2011 (data dell’entrata in vigore della ‘nuova’ Legge sulla pedagogia speciale) le misure sono erogate in seguito alle richieste degli istituti di scuola comunale o cantonale per il tramite dei rispettivi servizi di sostegno pedagogico”. Per questa ragione, “la quantità di richieste, e quindi di risposte, è un fattore che difficilmente può essere calcolato preventivamente. Essa risponde infatti ai bisogni degli allievi. Se la Sezione della pedagogia speciale (Sps), per esempio, fissasse un tetto massimo al numero di coloro che frequentano la scuola speciale, questi allievi si ritroverebbero nella scuola ordinaria senza gli adeguati sostegni con l’impossibilità per quest’ultima di gestirli e con delle ripercussioni importanti per tutto il sistema. Lo stesso vale per l’erogazione di ore da parte di Opi”.
Veniamo dunque alle spiegazioni dell’incremento. “Un primo motivo, di tipo legislativo, – illustra il governo – è l’entrata in vigore nell’anno scolastico 2015/2016 del concordato HarmoS che, di fatto, ha esteso le prestazioni alla scuola dell’infanzia sia nell’anno facoltativo (3 anni) e sia nei due anni obbligatori (01 e 02). L’entrata in vigore di HarmoS ha avuto un impatto importante sull’attività della Sps: oggi nelle scuole dell’infanzia sono seguiti 89 allievi con Opi (550 ore totali) e sono in attività 21 sezioni inclusive e 5 sezioni di scuola dell’infanzia a effettivo ridotto. L’esistenza di queste 26 sezioni permette una scolarizzazione adeguata a 92 bambini”. Stando all’esecutivo cantonale, questa situazione corrisponde, in grandi linee, a un costo di circa 5,5 milioni di franchi. Costo che “prima di HarmoS sarebbe stato sostenuto solo in parte (nel 2014/2015 solo 15 allievi frequentavano una sezione inclusiva e 25 allievi beneficiavano di un accompagnamento da parte di Opi per un totale di circa 200 ore)”.
In tal senso “questo cambiamento – mette in luce il governo – ha favorito l’aumento di frequenza da parte di allievi con disabilità. È infatti possibile affermare che alcuni bambini che oggi frequentano parzialmente o totalmente la scuola dell’infanzia, prima di HarmoS o della legge sulla pedagogia specializzata, non la frequentassero del tutto o molto parzialmente. Al cambiamento appena descritto si aggiunge anche una maggiore consapevolezza venutasi a creare sia nelle famiglie che nelle scuole circa le necessità di bambini con bisogni educativi particolari”.
Non solo. Un’altra ragione, rileva il Consiglio di Stato, “è riconducibile a due fattori che contribuiscono ad aumentare il numero di allievi con diagnosi in questo settore: il primo è la maggiore attenzione che la scuola presta ad alcune diagnosi, quali ad esempio i disturbi specifici dell’apprendimento. Il secondo è la tendenza che vede aumentare sensibilmente i casi di disagio nello sviluppo sociale degli allievi (famiglie fragili, ipostimolazione, post-covid, percorsi migratori...). Queste tipologie di disagio, analogamente ai deficit organici, come per esempio una disabilità fisica, rientrano nella sfera di attività del settore della pedagogia speciale”.
Insomma, stando al governo, “all’incremento del numero di interventi di pedagogia speciale non corrisponde forzatamente un aumento del numero di allievi con deficit organico ma, sempre più è riscontrabile una tendenza alla crescita della complessità delle situazioni con le quali la scuola, e con essa la pedagogia speciale, è chiamata a confrontarsi. L’accresciuta complessità si ripercuote sia sull’allievo sia sul contesto: diverse misure sono infatti pensate per il sostegno all’allievo, ma anche per sostenere i docenti e il loro lavoro”.