Mendrisiotto

Trasporto di migranti, a processo il capotratta in Svizzera

Sono ‘almeno 447 mediorientali le persone trasportate attraverso la Svizzera’. ‘Uno dei casi più grandi negli ultimi anni’

Sentenza prevista alle 17.30
(Ti-Press / Archivio)
22 marzo 2024
|

«Non è stato facile trovarlo. Dopo un anno e mezzo di inchiesta, siamo riusciti a fermare il capotratta che organizzava i viaggi della speranza tra l’Italia e la Germania». Con queste parole la procuratrice pubblica Chiara Buzzi ha iniziato la requisitoria nel corso del processo a carico di un 40enne cittadino iracheno, più precisamente del Kurdistan, accusato di aver organizzato il trasporto di almeno 447 migranti provenienti dal Medio Oriente e privi dei necessari documenti di legittimazione rispettivamente del necessario visto d’entrata. Alle Assise criminali in Lugano, davanti al presidente della Corte Amos Pagnamenta e ai giudici a latere Emilie Mordasini e Renata Loss Campana, l’imputato difeso da Pascal Delprete è accusato di usura aggravata e incitazione all’entrata, alla partenza o al soggiorno illegale, aggravata. La sentenza è prevista alle 17.30.

Anche il 40enne ha fatto ‘il viaggio della speranza’

Il giudice ha prima ripercorso il periodo precedente alla carcerazione preventiva dell’imputato. Il 40enne, di professione autista per dei supermercati, percepiva uno stipendio di 600 euro al mese e ha quattro figli minorenni. Ha lasciato il Kurdistan perché era perseguitato dall’Isis a causa della sua religione yazidi: «Quando l’Isis è arrivata nella mia città, hanno iniziato a uccidere la gente. Sono stato costretto a scappare illegalmente verso la Germania, alcuni miei parenti sono rimasti lì e di loro non ho più notizie». Per quanto riguarda le accuse, l’imputato sostiene di aver cominciato «nei primi mesi del 2020, ma non ricordo bene la data. Un mio amico mi aveva chiesto se avessi potuto trovare un auto per questi trasporti. Poi ho continuato a fare questo favore per aiutare la gente che si trova in difficoltà e povertà. Io l’ho sempre visto come un aiuto e non ho mai avuto intenzione di guadagnare. Il mio compito era solo di fare da tramite tra l’organizzatore e gli autisti. Io trovavo gli autisti, stabilivo il punto di ritrovo, la quantità di migranti e anche quanto dovevano pagare i migranti». Stando all’atto d’accusa, i prezzi erano di 900 franchi a persona da Milano a Weil am Rhein (Germania), 1’050 franchi da Varese a Weil am Rhein e di 150 da Varese a Lugano. Da quanto è emerso in aula i bambini pagavano la metà, mentre per i neonati fino ai due anni il trasporto era gratuito. Riguardo le altre cifre, i migranti trasportati dalla sua organizzazione, secondo sempre l’atto d’accusa, sono stati almeno 447. Per 422 migranti il 40enne ha anche ottenuto un guadagno oltre il dovuto e deve quindi rispondere di usura aggravata. Dati che però il 40enne ha in parte contestato. «Durante questo periodo ho passato alcuni giorni in carcere in Olanda (sempre per lo stesso reato), quindi non avrei potuto pianificarli, perché questi viaggi si organizzano in giornata». Una risposta che non ha convinto pienamente il giudice. Inoltre «non ho mai guadagnato niente, solo una volta ho chiesto un regalo di 1’300 franchi per i miei figli. È passato tanto tempo (neanche 2 anni dall’ultimo episodio, ndr), non mi ricordo, ma ripeto che non avevo intenzione di guadagnare, ho fatto anche io questo viaggio e so bene quanto loro hanno bisogno di questo aiuto». Dopo la spiegazione del 40enne di quanti passeggeri venivano caricati a ogni viaggio e una domanda del suo avvocato, con una conseguente risposta contraddittoria rispetto a quanto aveva detto l’imputato in fase d’inchiesta, Pagnamenta ha esclamato «ne sta inventando un’altra. Credere a certi numeri è abbastanza difficile».

‘Ha un ruolo di capo che non si sporca le mani’

La procuratrice pubblica ha dunque preso la parola spiegando prima come è avvenuto l’arresto: «Non è stato facile trovarlo. È arrivata una segnalazione di un'auto sospetta che attraversava diverse volte. I sospetti sono diventati certezza quando è avvenuta l’osservazione dell’auto tramite un Gps installato». Nella sua requisitoria ha invece sostenuto che si tratta di «un’organizzazione internazionale: il viaggio è suddiviso tra responsabili di ogni tratta e per il nostro territorio (la tratta finale, ndr) il responsabile era il 40enne. Lui era l’unico organizzatore, aveva il ruolo di capo che non si sporca le mani. Organizzava i trasportatori che erano una ventina, ma di questi solo 10 sono stati identificati, pertanto il numero di viaggi e persone trasportate possono essere anche molte di più. Gli autisti si muovevano solo con le auto piene e spesso i bambini venivano messi nel bagagliaio». La pp ha anche rimarcato il fatto che «lui sapeva che stava commettendo un illecito. Dedicava così tanto tempo al trasporto che era diventata la sua attività principale». Queste considerazioni e un'azione «sul lungo periodo, coinvolgendo numerose persone e sfruttando i più deboli e i poveri facendosi versare cifre esorbitanti» hanno portato la pp a proporre una pena detentiva di quattro anni più l’espulsione per otto anni.

‘I casi imputati sono molti meno’

Per l’avvocato Delprete si tratta di «uno dei casi più grandi degli ultimi anni alle nostre latitudini». Nella sua arringa ha ritenuto sbagliati i calcoli fatti dalla pp e, con un dossier di una novantina di pagine, ha rifatto tutti i conteggi dei trasporti definendo «claudicante» l’atto d’accusa: «Le imputazioni sono state scritte giorno per giorno e non per ogni viaggio. Per la difesa questo passaggio è importante soprattutto per il reato d’usura, dati i 110 viaggi». A questo punto l’avvocato ha iniziato ad analizzare mettendo in dubbio tutti i 59 episodi compresi nell’atto d’accusa della pp. Tra queste critiche si possono notare che «il numero di migranti non si può interpretare, in alcuni casi i migranti erano minori di quanto pattuito inizialmente, solo gli autisti possono saperlo». Oppure, «i viaggi organizzati quando l’imputato era in prigione devono essere tolti dalle imputazioni, perché in quei giorni gli avevano sequestrato il telefono»; o ancora «i migranti in quel caso non erano più sotto la sua responsabilità», fino «il punto di partenza del viaggio in alcuni casi è sbagliato, la partenza non è stata effettuata a Varese, ma a Bellinzona» e dunque non in tutti gli episodi si può accusare l’imputato di «entrata illegale». La richiesta è quindi stata una pena di tre anni, di cui la metà da espiare. Non si è opposto riguardo l’espulsione dalla Svizzera.