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Il manager truffatore raramente in Svizzera va in prigione

L'annullamento della sentenza dell’ex numero uno di Raiffeisen dimostra ancora una volta che la giustizia elvetica non è uguale per ricchi e poveri

(Ti-Press)
27 marzo 2024
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Il manager che truffa milioni, causando enormi danni alla comunità, più facilmente, non mette piede in prigione, mentre il ladruncolo finisce rapidamente dietro le sbarre (forse anche perché non può pagare la multa). Questa è giustizia? In Svizzera basta avere soldi, un team di costosi avvocati specializzati e si può schivare una condanna, vedersela ridotta o non arrivarci mai? Purtroppo, i fatti recenti, lasciano basiti i più e lasciano supporre che non siamo tutti uguali davanti alla giustizia elvetica.

A far discutere è il recente annullamento della sentenza di primo grado, nei confronti dell’ex numero uno di Raiffeisen Pierin Vincenz. È stato condannato il 13 aprile 2022 a 3 anni e 9 mesi di detenzione da scontare, per aver realizzato profitti illegali milionari (9 milioni di franchi) attraverso partecipazioni segrete che deteneva in quattro società poi rilevate da Raiffeisen e da Aduno. Tra l’altro, l’ex manager era anche accusato di aver accollato all’istituto oltre mezzo milione di franchi di spese per serate in locali a luci rosse e viaggi privati. A due anni dalla condanna – e questa è la clamorosa novità – il Ministero pubblico deve rifare tutto e preparare un nuovo atto di accusa. Infatti il tribunale cantonale di Zurigo ha appena annullato “per vizi di procedura” la condanna del 2022.

Altro caso noto, quello dell’avvocato bernese Franz A. Zölch: mentendo sulla sua situazione patrimoniale, il legale aveva ripetutamente chiesto prestiti fino a cinque o sei cifre ad amici e conoscenti con l’intenzione di arricchirsi illegalmente. Cento le vittime, per circa 4 milioni di franchi, secondo la stima dell’associazione che fa gli interessi dei truffati (solo 10 i casi arrivati in tribunale). Il giurista, già presidente della Lega nazionale di hockey, brigadiere dell’esercito, ma soprattutto truffatore seriale, è stato condannato nel marzo 2022 a 4 anni e 5 mesi di carcere da scontare. Ha ritardato la sua detenzione per quasi due anni con ripetuti ricorsi.

Vien da chiedersi se il sistema giudiziario elvetico usa i guanti coi sospetti criminali economici ma estremo rigore coi piccoli criminali con meno risorse. Al riguardo il professore di diritto penale in pensione Martin Killias, in un saggio pubblicato nel 2021 ha scritto che la Svizzera ha una “sorta di diritto penale classista” in cui “la prigione è riservata alla classe più bassa”. La classe media, invece, “difficilmente si confronta col carcere”.

‘Una buona difesa è molto costosa’

“Il patrocinio può essere buono o meno buono a seconda dei mezzi finanziari. Fisiologicamente la giustizia non è uguale per tutti anche in Svizzera: questo è un dato di fatto”, dice l’avvocato e accademico Paolo Bernasconi. Con l’ex magistrato che è uno dei maggiori esperti del settore finanziario, cerchiamo di capirne i motivi. “Nel giudizio penale, ci sono due aspetti da considerare: la misura della pena e la possibilità di difesa”.


Ti-Press
L’avvocato Bernasconi

Iniziamo dalla difesa. “Nei casi complessi, l’inchiesta può durare anni, di conseguenza una buona difesa sarà costosa, perché spesso implica l’intervento di un team di avvocati specializzati. Penso alle inchieste per grossi reati finanziari, per complicati incidenti stradali o nei cantieri (quando coinvolgono più persone) o per errori medici”, precisa l’avvocato. Casi complessi ne ha gestiti parecchi. “Spesso c’è molto materiale da leggere e capire. Se accusato o vittima hanno a disposizione molti mezzi finanziari possono pagare più avvocati. A volte, si deve lavorare in team con colleghi specializzati”. A Zurigo e Ginevra si applicano quindi anche onorari da 500 franchi l’ora in su se il professionista è specializzato. Eppure sta al procuratore pubblico assumere tutte le prove, quelle a carico e quelle a discarico dell’imputato. “È così, ma se il magistrato viene spinto da uno stuolo di patrocinatori specializzati, il risultato sarà più efficace”. Non dimentichiamo poi che nei casi complessi, la Procura chiede spesso una perizia, di regola la paga lo Stato. “Qui serve lo specialista, che sappia elaborare le giuste domande al perito”.

Ecco spiegato come mai, il patrocinio può essere buono o meno buono a seconda dei mezzi finanziari.

Veniamo ora, all’altro aspetto, quello della misura della pena che talvolta grida vendetta al cielo. Due recenti casi lasciano l’amaro in bocca. Un alto funzionario della Segreteria di Stato dell’economia (Seco) ha intascato per anni (tra il 2004 e il 2014) tangenti per oltre un milione (tra inviti, regali e denaro) per manipolare l’assegnazione di contratti informatici, provocando un danno milionario alle autorità. Condannato in prima istanza a 4 anni e 4 mesi da scontare, si è visto di recente ridurre in appello significativamente la pena a 31 mesi, di cui solo 9 da passare dietro le sbarre.

Il secondo caso riguarda un gruppo di quattro uomini che ha sottratto 3,2 milioni di franchi alle FFS con fatture false. Lo schema era relativamente semplice: il quarto uomo, un capocantiere, emetteva fatture false che dopo essere transitate attraverso altre aziende finivano alle FFS. Qui i tre (ex)dipendenti delle ferrovie le introducevano nel sistema contabile dell’azienda e le saldavano. Il massimo della pena è stato di 24 mesi con la condizionale. Altri possono solo sognare di ricevere un trattamento così ‘amichevole’. A titolo di paragone, un caso riportato dal Tages Anzeiger è lampante: un uomo che ha sottratto una banconota da cento franchi dalla borsetta di una donna in un ristorante di Winterthur (ZH) ha passato quattro mesi in carcere. La differenza è macroscopica.

Commenta l’avvocato Bernasconi: “Chi ha mezzi finanziari importanti può farsi patrocinare in modo più efficace, i tempi possono dilatarsi; chi invece ha meno mezzi viene processato più in fretta e senza sconti di pena”. Non a caso, continua, una cassiera che ha sottratto 5mila franchi dalla cassa dopo sei mesi viene condannata, mentre per chiarire e processare una truffa milionaria ci vogliono talvolta anche 10 anni. Ed è presto spiegato perché: “Se il team dei patrocinatori riesce con ricorsi e decine di interventi a trascinare nel tempo l’inchiesta, aumenta la possibilità che la pena venga annullata per prescrizione o pesantemente ridotta per aver violato l’obbligo di celerità”. Questo è un punto importante: per legge ogni processo deve essere celebrato in tempi ragionevoli. Significa approssimativamente: 6 mesi per un furto di 5mila franchi, anche oltre 4 anni per una truffa da 10 milioni. “In realtà, spesso le peggiori truffe in Ticino arrivano a processo dopo 7-10 anni, col rischio che il giudice riduca la pena, perché è stato violato, appunto, il principio di celerità”. Dunque l’efficienza di un accurato patrocinio può avere effetto anche sulla durata della pena.

Riassunto: chi ruba poco viene subito condannato, chi ruba milioni potrebbe anche cavarsela senza mai vedere una prigione: “È un dato di fatto ed è profondamente ingiusto”, dice il legale.

Inchieste a ritmo di tartaruga per i colletti bianchi

Un fenomeno studiato in Svizzera. Al riguardo, sul Tages Anzeiger la professoressa di diritto penale Monika Simmler dell’Università di San Gallo ha precisato che esistono enormi differenze nelle possibilità di ritardare i procedimenti ad esempio tra un richiedente asilo non difeso e un criminale con avvocati di prim’ordine. Uno dei suoi studi dimostra che il tempo necessario per una decisione di primo grado su documenti confiscati e sigillati per i reati dei colletti bianchi è tre volte superiore a quello necessario per i delitti di altre persone.

La piazza luganese

‘Troppi faccendieri, le vittime vanno protette’

Ma la beffa fa ancora più male, se si allarga lo sguardo alle vittime di truffatori seriali. Centinaia di investitori che si ritrovano senza i risparmi di una vita con la prospettiva di un processo che potrebbe durare anni e nulla o quasi da recuperare alla fine. “Purtroppo sono casi frequenti a Lugano, una piazza piena di tuttofare truffatori, senza permessi, che fanno e disfano società. Nessuno fa prevenzione, anzi l’unica prevenzione sarebbe espellere dalla Svizzera tutti i finanzieri senza autorizzazione. A farne le spese, la Magistratura e tante, davvero tante vittime. Investitori mal protetti perché nessuna autorità indaga su questi faccendieri, attirati anche dalla vocazione di Lugano come capitale delle criptovalute, continuamente esecrate come strumento di riciclaggio. Purtroppo aleggia ancora, anche fra i giudici, quel fastidioso retro-pensiero, che chi casca in una truffa, se l’è un po’ cercata. Questo può incidere sulla pena. Nei reati finanziari la diseguaglianza di mezzi è particolarmente iniqua tra imputato e vittime”, conclude Bernasconi.