Luganese

Amore tossico ma non omicida: pena dimezzata

Un 37enne italiano, soggiornante nel Luganese, è stato condannato a 3 anni per metà sospesi

(Ti-Press)
27 settembre 2023
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È stato un amore tossico, ma non omicida: questo si potrebbe dire della relazione fra un 37enne italiano e la sua compagna al centro di due giorni di processo davanti alle Assise criminali di Lugano. Processo terminato appunto con questa conclusione: la Corte presieduta dal giudice Amos Pagnamenta ha ritenuto non data l'accusa di tentato omicidio intenzionale, per due violenti episodi accaduti negli appartamenti del Luganese dove i giovani risiedevano. La sentenza ha di conseguenza dimezzato la richiesta di pena presentata dall'accusa. Dai sei anni che erano stati chiesti dalla pubblica accusa, la procuratrice pubblica Pamela Pedretti, si è scesi a tre anni, di cui la metà - 18 mesi - sospesi con la condizionale. Il 37enne è stato anche espulso dalla Svizzera per 6 anni. L'avvocato difensore Yasar Ravi, dal canto suo, riteneva già sufficienti i 9 mesi di detenzione à scontati. Il racconto della vittima è stato ritenuto credibile, diversamente da quello dell'imputato, ma la qualifica giuridica di quanto successo nel corso del 2022 all'interno di questa coppia è cambiata in fase di sentenza.

La situazione è stata così inquadrata dallo stesso giudice Pagnamenta: «La vittima è stata trattata come un oggetto sessuale, e respinta quando essa chiedeva qualcosa in più, per esempio passare insieme l'ultimo dell'anno». Lei innamorata, lui interessato più che altro a «soddisfare i più bassi istinti» insomma. Per questo finiva spesso a botte, a minacce, a «Io t'ammazzo» e «io ti sfiguro». I due episodi più gravi sono quelli che la pubblica accusa avrebbe voluto qualificare come tentati omicidi. Non a caso accaduti durante il tentativo, da parte di lui, di cacciare la donna dall'appartamento, o di andarsene dallo stesso. Una prima volta, di fronte al diniego, era stata presa a calci in varie parti del corpo, lamentando infine pure un dolore alla testa. Ma, ha rilevato la corte, i calci potrebbero aver colpito la vittima al tronco, e accidentalmente pure anche alla testa. Secondo la Corte non vi sono elementi, nemmeno referti medici, per qualificare un simile comportamento come tentato omicidio. Lo stesso, per uno strangolamento. Due mani sul collo, una stretta forte, e indubbiamente delle conseguenze fisiche, come ecchimosi e altro. Ma per la giurisprudenza, dice Pagnamenta, è difficile qualificare siffatti gesti come tentato omicidio dove non si sia stata una perdita di conoscenza della vittima; rientrano semmai nel reato di esposizione a pericolo della vita altrui. Da notare che pure lo strangolamento successe perché l'imputato voleva andarsene dall'appartamento di lei, che tento di impedirglielo. Era il 31 dicembre del 2022. Il giorno dopo, il primo dell'anno del 2023, le manette scattavano ai polsi dell'uomo che si trova tuttora in detenzione preventiva.

Non è questa l'unica parte dell'atto d'accusa ad aver fallito l'esame della Corte, che ha pure mandato assolto il 37enne da altri atti sessuali con persone incapaci di discernimento o inette a resistere («in assenza dell'elemento soggettivo»); tentate lesioni gravi per il lancio di un vasetto di vetro che colpì il volto di lei, fatto quest'ultimo riconosciuto come lesioni semplici con oggetto pericoloso; esposizione a pericolo della vita altrui per un'altra “presa al collo”. Pure saltate le imputazioni di lesioni semplici in un paio di ulteriori episodi maneschi, restano reati come la contravvenzione alla legge degli stupefacenti, che ha confermato la natura tossica della situazione dato il consumo di un tre etti fra hascisc marijuana e oppio, le vie di fatto per un calcio al ventre, il reato di ingiurie e un tentativo di coazione sessuale. Insomma circa metà dell'atto d'accusa è ‘saltato’ all'esame del tribunale.

Il 37enne non era nuovo a problemi con la giustizia, avendo in vita sua già rimediato condanne in Italia, Spagna e Svizzera. Olre alle problematiche legali, in una decina d'anni in Svizzera avrebbe maturato un ingentissimo debito verso lo Stato. Da qui l'espulsione, pronunciata senza indugio dal giudice Pagnamenta. È stato pure disposto un trattamento terapeutico da effettuare già durante il periodo di detenzione. È stato infine disposto un risarcimento di 5mila franchi a titolo di torto morale, mentre le altre pretese sono state rinviate al foro civile.

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