Un pienone alla serata pubblica di presentazione del progetto di collegamento via fune tra le due realtà. Idee, criticità e opzioni alternative alla lente
È un fil rouge – anzi, un fil d’acciaio lungo ben 8,1 chilometri – che collega da un capo all’altro passato e presente e, forse un giorno, pure due vallate dell’alto Ticino. Perché l’idea di connettere fra loro le regioni montante e periferiche della Vallemaggia e della Leventina non nasce in tempi recenti. Di aprire un varco verso nord in Lavizzara, se ne parlava già nel Settecento, sebbene i primi studi di fattibilità risalgono alla seconda metà del secolo scorso, e negli anni sono state ipotizzate diverse ‘forme’: una strada che attraversa le cime, una galleria che attraversa la montagna (da percorrere in auto come pure in treno) e oggi anche una funivia.
Durante la serata informativa tenutasi mercoledì (28 febbraio), nella palestra della scuola media di Cevio, si è voluto partire da questi dati storici per sottolineare l’importanza (come pure la complessità) del progetto. All’evento, promosso dal Dipartimento del territorio e dall’Associazione dei Comuni di Vallemaggia, un folto pubblico – circa 500 persone – venuto ad ascoltare gli interventi di Diego Rodoni, direttore della Divisione costruzioni del Dt, Thomas Bühler, capo dell’Area opere strategiche della Divisione costruzioni del Dt, Michele Rotanzi, presidente dell’Ascovam (Associazione dei Comuni di Vallemaggia), Gabriele Dazio, sindaco di Lavizzara, Aris Tenconi, sindaco di Quinto, Giacomo Garzoli, presidente dell’Ente regionale di sviluppo del Locarnese e Vallemaggia e Paolo Caroni, presidente della Commissione intercomunale dei trasporti del Locarnese.
Come detto negli anni, ma anche nel progetto di massima, sul tavolo sono state messe più alternative. Le ha brevemente illustrate Thomas Bühler, ripercorrendo tappa per tappa le analisi che hanno portato alla scelta della funivia, ricordando come la strada, sia essa costeggiante la montagna, sia essa incanalata in galleria, risulti essere troppo costosa oltre a portare un carico di traffico insostenibile dal punto di vista dei numeri, ma anche sotto l’aspetto ambientale. Lo studio di fattibilità del Dipartimento del territorio ha quindi concluso che solo la teleferica è finanziariamente e ambientalmente sostenibile.
Ma nel dettaglio, come sarà il progetto? L’opera prevede un collegamento tra Fusio e Ambrì tramite un tracciato diretto, quindi senza fermate intermedie in vetta. Sono previste due stazioni, una trainante a Fusio e una di valle a Ambrì. La lunghezza stimata è di circa 8,1 chilometri. Una dimensione considerevole che la rende un unicum a livello elvetico e mondiale per questa tipologia di strutture. Il tempo di percorrenza è invece stimato a circa 18 minuti, per un servizio che sarà disponibile per circa 340 giorni all’anno.
Oltre agli aspetti tecnici, grande spazio è stato riservato anche a discorsi di carattere politico. La Vallemaggia, si fa sempre più vuota e necessita di una boccata d’aria, da ricercare a nord, aprendosi alla Leventina. «La funivia rappresenta l’ultima ancora di salvezza non solo per il nostro Comune ma anche per tutta la Vallemaggia, regione periferica da anni vittima dello spopolamento. O adesso o mai più – ha detto Dazio, sindaco di Lavizzara –. È un progetto innovativo, coraggioso e forse pure controcorrente perché in barba a quell’idea molto in voga oggi che vuole tutto accentrato negli agglomerati urbani».
Gli ha fatto eco pure Rotanzi: «Che la Vallemaggia sappia cogliere questa occasione senza rifare gli sbagli del passato».
Sul versante opposto, quello della Leventina, a prendere parola è stato il sindaco di Quinto, Tenconi: «Questa è un’opportunità storica. Le nostre valli possono farsi concorrenza dal punto di vista turistico ma, con la funivia, le regioni diverranno complementari. C’è molto fermento e per noi sarebbe interessante ampliare l’offerta, attirando chi vuole investire nel turismo lento nell’alta e media Leventina». E poi c’è l’aspetto del trasporto pubblico che, grazie alla teleferica verrebbe ampliato e incentivato. Come confermato da Garzoli: «Il progetto verrebbe inserito nell’ambito del trasporto pubblico, il che è un valore aggiunto non da poco, anche per il suo finanziamento. Verrebbero inoltre aggiunte più corse all’Autpostale».
Della stessa idea anche Caroni: “Permetterebbe un miglioramento del trasporto pubblico nelle zone periferiche. Questo vorrà dire potenziare la rete del trasporto pubblico in tutto il Locarnese. L’opera non rientra però nel PaLoc, ma i costi di gestione verranno comunque coperti nella chiave di riparto del trasporto pubblico della regione”.
Molti incoraggiamenti, qualche perplessità e pure qualche critica. Nella gremitissima palestra di Cevio, il dibattito in sala è partito dalle considerazioni, molto critiche, di Germano Mattei, che ha espresso forti dubbi sulla capacità del progetto di contribuire al rilancio demografico ed economico dell'alta valle. Ha poi richiamato l'attenzione su un altro grande progetto che interesserà la Lavizzara: l'innalzamento della diga del Sambuco da parte di Aet/Ofima. Un cantiere enorme (e probabilmente contemporaneo alla realizzazione della funivia), che genererà inevitabilmente disturbo (viavai di camion) e del quale il Cantone, secondo l'interessato, non sembra aver tenuto debitamente conto. Diego Rodoni, in risposta, ha fatto rimarcare che l'innalzamento della diga è stato promosso dalla Confederazione e portato avanti dalle due SA e non dal Dipartimento. Inoltre parlare di sinergie quando ancora i progetti definitivi non sono pronti è prematuro. Di sicuro, ha lasciato intendere Rodoni, non si attenderà il completamento del cantiere della diga per avviare quello del collegamento via fune. Da più parti è stato rivolto l'appello a seguire l'esempio dei leventinesi, pronti a fare squadra a difesa di progetti di interesse sovraccomunale a favore della comunità. E non poteva ovviamente mancare il timore di fronte a un investimento (grossomodo 30 milioni di franchi, con un margine del 30%) che potrebbe gonfiarsi a dismisura (c’è chi tra il pubblico ha ipotizzato anche un 50 milioni di fattura finale); Thomas Bühler ha fatto da calmiere, rassicurando i presenti su un importo complessivo attendibile dell'ordine dei 30-35 milioni di franchi. Cifra che, se paragonata al numero di passeggeri trasportato secondo le stime, a qualcuno è parsa elevata. In ogni caso ben inferiore ai costi di realizzazione di un tunnel sotto la montagna, è stato replicato. Giacomo Garzoli, carico di energia positiva, non ha negato che alla fine la fattura sarà verosimilmente superiore ma ha tuttavia insistito sulla necessità di crederci. Solo se c’è la ferma convinzione e unità d'intenti con gli attori del territorio si arriverà a uno sviluppo dell'alta valle. A chi chiedeva lumi sulla tempistica dell'opera è stato spiegato che l'orizzonte plausibile è il 2030-2032 (se non vi saranno intoppi); qualcuno, infine, con un gioco di parole ha ricordato come la responsabilità del progetto, per ora, sia sulle spalle dei suoi promotori; ma in caso di fallimento dell'iniziativa, la responsabilità storica cadrà su chi lo ha osteggiato. Come dire attenti a non ritrovarsi, alla fine, con una pagina del libro di storia locale mancante...