Il presidente del consiglio di amministrazione dell'azienda casearia di Sant'Antonino parla dei motivi che hanno portato alla decisione di chiudere
Si chiude un’era, come si suol dire nei casi in cui scompare un pezzetto di storia. Questa volta a subire la scure di costi sempre maggiori e di consumi in contrazione, è la Lati. Fiore all'occhiello dell'industria casearia ticinese, con sede a Sant'Antonino, vedrà la sua chiusura, come annunciato venerdì mattina in una conferenza stampa, nel corso del 2024. Carlo Croci, presidente del consiglio di amministrazione, ce ne fa una lettura puntuale.
Cinque anni fa, le prime avvisaglie di una crisi del settore. Si parlava di un’àncora di salvezza che, evidentemente, non è arrivata. Quali sono i motivi di questo affondamento?
Cinque anni fa la Lati ha rischiato di fallire. L'intervento della Cooperativa dei produttori di latte della Svizzera centrale (Zmp), corsa in aiuto della Lati, ha permesso, in tappe successive, la ricapitalizzazione con 5 milioni di franchi. Messe a disposizione le risorse sono stati fatti i necessari investimenti, così che i prodotti sono diventati prodotti di ottima qualità, tanto, ancora recentemente, nel mese di novembre, da ottenere il riconoscimento di una medaglia d'oro al Campionato del mondo dei formaggi. Progressivamente abbiamo diminuito i disavanzi, che erano enormi. Pur arrivati a un sostanziale pareggio nel risultato, sarebbe stato necessario da lì via avere però dei miglioramenti di fatturato. Ma in quel momento, alla fine della crisi sanitaria mondiale, il franco svizzero ha cominciato a indebolirsi sempre di più rispetto all'euro ed è arrivata la crisi energetica con l'aumento dei prezzi. La morale è che il consumatore ticinese, l'economia domestica ticinese che già devono subire gli aumenti di prezzo di tanto altro, hanno cominciato a fare sempre di più acquisiti nella vicina Italia, indebolendo e mettendo in sofferenza i clienti di Lati e la grande distribuzione. E noi, che siamo lì in mezzo tra il produttore di latte e rivenditore, ne abbiamo fatto le spese.
Consumatori insomma poco attenti al prodotto locale, senza rendersi poi conto che il tutto può ricadere sulla stessa economia ticinese, come è poi successo?
Si è andati su prodotti che costano meno ma non per forza, va detto, di minor qualità. Però non si può nascondere il fatto che oggi il prodotto estero lo comperi a un cambio vantaggioso. Per questo abbiamo dovuto, purtroppo, registrare una frenata nelle vendite e ciò non ha permesso, e non permette, di avere uno spiraglio, uno sbocco nel medio termine.
La comunicazione che dovrebbe favorire i prodotti locali forse non è stata così performante o forse lo stesso consumatore ha preferito non ascoltarla?
Invitare all'acquisto di prodotti del territorio è una buona cosa però non mi sentirei di colpevolizzare il consumatore. Tutti questi aumenti di prezzo che ci sono stati ovunque, l'aumento dell'energia, l'aumento dei costi sanitari, l'aumento dei tassi di interesse... come si fa a colpevolizzare chi cerca di far quadrare il budget familiare? Ecco io non me la sento... capisco che ci sono delle esigenze e che nelle famiglie si devono far quadrare i conti.
Considerata la Lati un fiore all'occhiello del settore caseario ticinese, non è stata possibile l'entrata in gioco di un ente, pubblico o privato, che portasse quantomeno un salvagente?
Abbiamo esplorato tutte le strade, non ce n’è una che non abbiamo tastato. Ma c’è una sola cosa che alla fine conta ed è quella per cui il prodotto deve essere venduto. Solo quella. Tutti aiutano, ma se il consumatore fa un acquisto diverso, ed è un po’ tutta la distribuzione in Ticino che ne soffre di questo, non solo il prodotto lattiero-caseario, beh allora ben poco alla fine si può fare.
Quale il contraccolpo per le maestranze?
Abbiamo complessivamente 21 collaboratori, per dieci abbiamo già trovato un nuovo contratto di lavoro e per gli altri vi stiamo lavorando.
Si è parlato di un processo di trasformazione di tutta l'industria casearia. Con la scomparsa della Lati per il Ticino sarà ancora più dura?
Non saprei. Dobbiamo considerare che un 60% lo abbiamo già riattribuito, e stiamo lavorando per riattribuire la produzione di formaggini freschi. Sembrerebbe più difficile trovare una ricollocazione per il confezionamento del latte ma è comprensibile perché chi lo fa per la Svizzera tedesca fa dei volumi che sono centinaia di volte superiori ai nostri in Ticino, dispone di altre strutture, di altri costi, è tutto diverso. Però stiamo lavorando per poter concludere anche il trasferimento della produzione dei freschi e quindi tutto sommato almeno un 70-80% della produzione oggi di Lati verrebbe ‘ritrovata’, rifatta in Ticino. Per il latte eccedente, infine, la Zmp ha rilasciato una dichiarazione scritta che riprenderà tutto il latte in più.
Con la chiusura della Lati cosa resterà del marchio?
Il marchio resta. Il Caseificio del Gottardo venderà ancora dei prodotti a marchio Lati, che sarà ceduto alla Federazione ticinese dei produttori di latte affinché possa essere messo di nuovo sul mercato con dei nuovi prodotti. Di formaggio in Ticino continuerà ad essercene in abbondanza, ma non di quello fatto in questo stabilimento.