Il Distretto aspira ad avere un rappresentante alle Camere. Colombo: ‘Ci serve’. Ma per Romano ‘bisogna imparare a superare gli steccati di partito’
Essere dentro la fatidica ‘stanza dei bottoni’ (per dirla con Pietro Nenni) o sedere (perlomeno) nelle aule dove si legifera. Oggi più di ieri nel Mendrisiotto si avverte la necessità di avere una voce là dove si esercita il potere, in nome del popolo. Sempre più, del resto, temi e problemi stringono d’assedio il Distretto. E dossier come la mobilità, l’esigenza di prolungare AlpTransit a sud di Lugano o la politica migratoria hanno degli evidenti addentellati federali. Ecco che avere un proprio rappresentante a Berna può rivelarsi strategico. Lo si è visto in passato. Lo testimonia il moltiplicarsi delle candidature momò alle ultime elezioni federali, durante le quali si è sfiorata l’aspirazione di portare un deputato alla Camera Bassa, garantendosi così il successore di Marco Romano. Non esserci riusciti ha lasciato l’amaro in bocca a molti. Fino all’ultimo si è confidato, in effetti, che Giorgio Fonio, consigliere comunale e granconsigliere del Centro, ce la facesse: è stato il terzo più votato in Ticino. Poi il ballottaggio aperto per i due seggi al Consiglio degli Stati ha riacceso, seppur indirettamente, la speranza (anche per lui). La speranza di non rimanere esclusi, ancora una volta. Insomma, nella regione c’è chi vorrebbe riuscire a prendere almeno quest’ultimo treno. Questo lembo a sud del Ticino e della Svizzera ha, però, la maturità di andare oltre le etichette di partito? L’incognita resiste.
Rimanendo dentro i confini cantonali, in Consiglio di Stato un esponente momò manca, in effetti, da oltre tre decenni, dai tempi di Rossano Bervini, se allarghiamo i confini al Basso Ceresio. E il vero nodo, se lo si chiede a chi si accinge a lasciare il Nazionale, a Marco Romano (Centro), è appunto questo. «In questo momento si sta dando benzina a un fuoco che però andrebbe alimentato con maggiore costanza e coerenza – ci fa notare il consigliere nazionale uscente –. Parlo molto chiaro: la più grave assenza per il Mendrisiotto è quella dal Consiglio di Stato, che perdura ormai dal Millennio scorso. In tutti i dossier che ho portato avanti a Berna è risultata evidentissima. In effetti, c’è un governo cantonale che non conosce sufficientemente il Distretto e che quando deve prendere in considerazione degli interessi regionali, quello del Mendrisiotto è sempre subordinato alla visione globale del cantone o all’interesse particolare della regione che si presenta. E qui – si toglie il sassolino dalla scarpa – lego anche la difficoltà di attuare la mozione sulla fermata degli Intercity nella regione. Ma la stessa cosa l’ho vista sulla Stabio-Gaggiolo – il nuovo corridoio autostradale da Mendrisio all’Italia, ndr –, dove sono riuscito a intervenire in extremis. E la storia si ripete sulla migrazione». Ergo, ribadisce Romano, al Mendrisiotto manca, innanzitutto, una forza a Bellinzona, nel governo e nell’amministrazione cantonale. «Nel merito, spero vivamente che Fabio Regazzi venga rieletto, perché è la persona più concreta a Berna e perché avere Fonio sarebbe utile al Ticino intero e al Mendrisiotto in primis. Non dimenticando che non serve a nulla picchiare i pugni sul tavolo. Ogni regione in Svizzera, infatti, vuole essere rappresentata e Berna sembra lontana non solo al Ticino. Anzi, al nostro cantone viene riconosciuto di essere molto organizzato ed efficace nella difesa degli interessi regionali».
Moreno Colombo, già sindaco Plr di Chiasso (e in corsa lui stesso per le Federali), ne è convinto: al Distretto serve un punto di riferimento, anche a Berna. «Io stesso – ci confessa – me la sono presa un po’ con gli organi del mio partito perché ritengo che, elezioni federali a parte, il Mendrisiotto sia un po’ dimenticato. Facendo un discorso a tutto tondo: nel governo cantonale vi sono quattro esponenti del Sopraceneri e uno del Sottoceneri, e non è un momò; in Gran Consiglio la rappresentatività regionale è garantita dalle quote. Il fatto di essere rappresentati non vuol dire niente di particolare a livello puramente partitico, ma significa, piuttosto, che vi è una persona che vive la realtà locale quotidianamente – e non perché informata da terzi – e può portare pienamente le sue istanze». Oggi occorre, insomma, avere conoscenza diretta delle tematiche ‘territoriali’. «Lo ribadisco, se non le si vive le situazioni, la bravura a volte non basta – chiarisce Colombo –. La tematica è chiara. Del resto, ho richiamato anche il mio partito: facciamo attenzione a lasciare il Mendrisiotto in disparte. Lo vediamo pure in altri gremi, come gli enti parastatali, l’Azienda dei rifiuti, BancaStato o l’Ente ospedaliero cantonale. A proposito di Eoc, abbiamo pur sempre un ospedale regionale sul nostro territorio. Il Distretto è sottorappresentato. Detta altrimenti, non può essere solo una questione di etichette politiche? «Il punto è poter essere rappresentati da una persona immersa nella quotidianità». Una voce cognita, quindi. «Ho sempre pensato – annota – che occorre conoscere per deliberare: in politica è sempre stato il mio Leitmotiv. Il mio timore ora è che il Distretto rimanga tagliato fuori».
Il Mendrisiotto, però, deve dimostrare di saper serrare i ranghi davanti ai temi strategici. E qui agli occhi di Romano c’è tutta la sua debolezza. «Schiettamente, in questi 12 anni non ho visto una gran volontà di giocare di squadra – ammette –. Torno al tema dei treni a lunga percorrenza: ho dovuto chiedere al mio partito di organizzare una serata a Mezzana, alla quale poi sono venute tutte le forze politiche. Ma mi sarei aspettato che i due poli, proprio alla luce di una mozione accolta dalle Camere, si facessero sentire. Un silenzio assordante che perdura ancora oggi. Su Stabio ho avuto un ammiccamento a due giorni dalla seduta di Commissione. Non mi sembra di aver visto un’azione corale organizzata. Sul completamento di AlpTransit, poi, non ne parliamo. Sulla politica migratoria, come presidente della Commissione competente, non ho mai ricevuto una telefonata (neanche da Chiasso)». La conclusione di Romano è amara. «In altre parole, ho visto troppo spesso gli interessi di partito prevalere su quelli regionali. E se guardo ad altre regioni del Ticino e al rapporto di collaborazione con i loro deputati di riferimento, mi sono sentito spesso molto solo».