Avviata la consultazione con i sindacati in vista di un eventuale piano sociale. È il terzo taglio in cinque anni
Erano stati 14 nel 2018, sei lo scorso gennaio e dovrebbero essere venti adesso. Altri licenziamenti in vista alla Imerys, leader mondiale nella produzione di grafite che impiega in Ticino – nel sito produttivo di Bodio e nella sede amministrativa di Bironico, dotata anche di laboratori per la ricerca – complessivamente 246 persone. Di cui la maggioranza, oltre 180, è attiva nella Bassa Leventina, mentre la restante sessantina di persone lavora nella sede sottocenerina. I tagli inciderebbero soprattutto sulla parte industriale. Da notare che gran parte delle maestranze, in tutto 210 dipendenti, è domiciliata in Ticino, specialmente nel Sopraceneri.
Stamane vi è stata la comunicazione negli uffici Bironico, presenti i sindacati Ocst e Unia settore industrie. Per legge la Imerys Graphite & Carbon Switzerland Sa, che fa parte della casa madre francese, è tenuta a elaborare e presentare un piano sociale che consideri adeguatamente le varie categorie di dipendenti toccati dal drastico provvedimento. Piano sociale obbligatorio, tuttavia, soltanto se il taglio complessivo supererà il 10% della forza lavoro, ciò che non sembra essere il caso.
“Come previsto dalle procedure legali e dal Contratto collettivo di lavoro dell’industria metalmeccanica ed elettrica – scrive la direzione in un comunicato – oggi si è dato formalmente avvio alla procedura di consultazione con la rappresentanza del personale, informando anche le parti sociali del Ccl. La ristrutturazione prevista è dovuta ai cambiamenti strutturali e organizzativi divenuti necessari e, nel rispetto della procedura, porterà a un’eventuale riduzione dell’organico attuale di 20 unità”. La palla passa ora nel campo dei sindacati che entro 18 giorni, questo il periodo riservato alla consultazione, dovranno formalizzare alla proprietà misure di contenimento dei tagli.
«In questi 18 giorni di consultazione analizzeremo nei dettagli la situazione e cercheremo di trovare soluzioni per ridurre il più possibile il numero effettivo di licenziamenti», afferma a ‘laRegoine’ Gianluca Bianchi, vicesegretario di Unia Sopraceneri. «Cercheremo anche di capire se questi tagli sono assolutamente inevitabili». In seguito «punteremo a mettere in atto un piano sociale dignitoso a favore di chi avrà perso il posto di lavoro». Di sicuro per una regione che sta lottando per mantenere e aumentare i posti di lavoro, questa ristrutturazione ha un peso non indifferente. Infatti la Imerys «è la realtà industriale più importante delle Tre Valli».
Sulle cause che hanno portato la multinazionale a questa ristrutturazione vi sono, come detto, “cambiamenti strutturali e organizzativi divenuti necessari”. Bianchi fa notare che la Imerys «è un grandissimo consumatore di energia, tanto che in passato era addirittura stata ventilata l’ipotesi di realizzare una centrale elettrica solamente per coprire il suo fabbisogno». In altre parole gli importanti aumenti delle tariffe elettriche possono aver incrementato in modo importante i costi a carico dell’azienda. Azienda che inoltre sta sempre più puntando sul mercato delle automobili elettriche (realizzando componenti), anch’esso un po’ in difficoltà sempre a causa dell’aumento dei costi dell’energia. Insomma, considerando anche i sei licenziamenti annunciati lo scorso gennaio, ci si può chiedere se si renderanno necessari ulteriori tagli, in particolare nel settore produttivo, anche in futuro.
«Si tratta di un altro duro colpo per i lavoratori, e le loro famiglie, dell’industria nell’Alto Ticino. Dove dal 2015 al 2020, fra chiusure e trasferimenti, si erano persi complessivamente 300 posti di lavoro, purtroppo solo parzialmente compensati da nuovi arrivi e aperture». Per leggere il presente, getta lo sguardo sul passato non troppo lontano il sindacalista Ocst Claudio Isabella, coinvolto nelle nuove trattative sui tagli annunciati da Imerys. «Abbiamo chiesto dettagli sui venti licenziamenti, senza ottenerli. Da quanto abbiamo potuto capire, la maggior parte riguarderà il settore produttivo. A prescindere da questo, si tratta di un provvedimento pesante, per il tessuto sociale locale, considerato che praticamente nove decimi dei dipendenti risiede in Ticino, specialmente nel Sopraceneri, una regione sfavorita in partenza rispetto ad altre».
L’industria delle Tre Valli insomma investe, e investe anche parecchio, come ha continuato a fare la stessa Imerys negli ultimi anni, «ma ancora una volta sono fattori esterni, come il rincaro dell’elettricità, a maggior ragione per l’azienda che registra il maggior consumo a livello cantonale, a determinare il successo o meno delle strategie». I vertici di Imerys, come da procedura, hanno ora invitato le parti sindacali a indicare eventuali misure volte a ridurre il numero di licenziamenti. Cosa proporrà l’Ocst? «Formuleremo delle richieste puntando all’obiettivo primario di ridurre l’impatto dei licenziamenti, ma solo sulla base di dati certi che oggi non ci sono stati dati – risponde Claudio Isabella – e credo che un tema da approfondire potrebbe essere quello del lavoro ridotto, sebbene le autorità lo autorizzino a precise condizioni».
Difficile poi per i sindacati entrare a gamba tesa sulle strategie che non portano i risultati sperati. Anche qui mancano dati certi, ad esempio sui frutti prodotti o meno dai 35 milioni di euro investiti nel 2021 a Bodio dalla casa madre francese con l’obiettivo di incrementare la grafite ad alta purezza per batterie di veicoli elettrici, così da soddisfare la domanda crescente dei produttori di batterie. Nel 2020 il gruppo spiegava che quell’investimento rappresentava il primo di una serie di progetti di espansione di capacità previsti a Bodio per far fronte alla forte crescita attesa del mercato mondiale dei veicoli elettrici. Hanno portato i frutti sperati? Sono in molti a chiederlo. «Benvengano gli investimenti – conclude il sindacalista Ocst – sempre con la speranza, ovviamente, che portino i benefici attesi».